Le colpe altrui/Parte I/Capitolo VII
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VII.
Sebbene fosse quasi notte, Vittoria si ostinava a cucire seduta sullo scalino della porta: ma ogni tanto si alzava guardando lontano, presa da una smania che nulla valeva a calmare. L’assenza e il silenzio di Andrea la turbavano più che s’egli si fosse presentato pieno di furore e di disperazione.
Ecco però la gobba tornare dal fiume con un cestino di panni sul capo.
— Ho veduto Mikali al di là del torrente — disse ancora tutta eccitata per l’incontro. — Era su un puledro nero come il demonio; sembrava San Giorgio sul dragone. Ebbene, — aggiunse a bassa voce, — mi pregò di farti sapere che Andrea è tranquillo: glielo disse il dottore.
— E lui com’era, Mikali? Era allegro?
— Era allegro, sì; se non lo è lui chi dovrebbe esserlo?
Vittoria non si calmava: immobile sulla porta, con gli occhi ardenti fissi in lontananza, sperava di veder giungere Andrea, sperava e temeva di veder giungere Mikali.
E le ore passarono silenziose; e calò il velo tiepido d’una notte annuvolata. Ella andò a sedersi sulla muriccia dietro i giaggioli, guardando verso il mare la striscia d’oro che annunziava il sorgere della luna: al di qua tutto era nero, tanto che il sovero accanto alla casa pieno di lucciole pareva scintillare di luce propria.
Un passo di cavallo risuonò nel silenzio. Era lui? No, quando veniva, i suoi passi non si sentivano; egli arrivava silenzioso, come tutte le cose grandi, come il sogno, come la luna. Ella non lo sentiva arrivare che col palpito del suo cuore. Non era lui: il cavallo passò. Si udì un altro passo grave e pesante come quello di un toro sfunato, ed ella ricordò che da bambina aveva paura dei rumori insoliti. Sì, a volte il diavolo prende l’aspetto di un animale e attraversa il mondo per fare razzìa d’anime. Ma quella notte ella non aveva paura che di una cosa sola: dell’arrivo di Andrea.
Quando la madre fu andata a letto e la zia gobbina si mise sulla porta, ella, come rassicurata dalla protezione di un genio notturno, balzò rapida attraverso il campo di fave fino all’angolo del sentiero protetto da un’alta siepe di rovi. Là attese, coi piedi fra l’erba, il viso tra le foglie di rovo umide di rugiada.
I fili luminosi delle lucciole le passavano davanti agli occhi ricamando la siepe nera al di là della quale brillava l’oro dell’orizzonte lunare. Ed egli arrivò di là, silenzioso, come tutte le cose grandi, come il sogno, come la luna. Ella lo sentì arrivare col palpito del suo cuore. E le batteva tanto forte, il cuore, che le sembrava di sentire un torrente rombarle entro il petto.
Eccoli finalmente assieme. Egli è alto e forte, coi piedi fermi al suolo, le braccia robuste come i rami della quercia; eppure si curva lieve su lei che gli si slancia sottile al collo e gli si abbandona sul petto, con gli occhi chiusi, sospesa fra cielo e terra, tremante su lui come il fiore sull’albero al vento di primavera.
La luna sorge e il suo chiarore attraverso la siepe stringe i due amanti in una rete d’oro.
*
Ma dopo il bacio Mikali disse:
— No, Andrea non è tranquillo come io credevo. Mia madre mi ha raccontato che ieri notte la chiamò e parlò di noi. Sapeva già tutto.
— Sapeva tutto? Ma da chi, Mikali?
Mikali chinò la testa, e parve appoggiarsi stanco a lei: e lei aveva ben posato i piedi per terra e s’era destata dal suo sogno.
— Io non lo so, Vittoria, da chi egli ha saputo. Ti giuro che non lo so. Ma ascoltami: oggi ho voluto saper bene le cose e, non sgridarmi, ho cercato Ignazia, la serva dello stazzo.
— Ah, Mikali! Tu avevi giurato che non la cercavi più. Ah, Mikali, tu mi uccidi!
— Ma che ti viene in mente, Vittoria? Io non parlo più con nessuna donna, te lo giuro sulla mia coscienza, te lo giuro su Gesù morto. Venisse la Regina di Spagna io non la guarderei in viso: come si fa, dopo aver baciato la tua bocca? E del resto, Vittoria, un uomo come me può forse guardare una serva nera e stupida? Era lei che mi aspettava dietro il ciglione, quando lavava al rio: lei vecchia come le pietre, io quasi bambino ancora. Ebbene, che hai, Vittoria? Ridi! Io non posso vederti così triste. Ah, perchè è tornato quel cristiano? Stavamo così bene...
— No, Mikali, — ella disse, nascondendo il viso sul petto di lui — stavamo male perchè lo ingannavamo. Adesso tutto è finito. Egli sa; possiamo morire; ma l’inganno non c’è più. Ma non esser tu, adesso, a ingannare la tua Vittoria...
— Oh Vittoria mia, agnello! — egli mormorò accarezzandola tutta e di nuovo sollevandola fra le sue braccia come un agnellino. E ancora fu silenzio; ma entrambi pensavano alla stessa cosa e l’ombra adesso li avvolgeva.
— Che farà Andrea?
— È questo, che penso anch’io. Ebbene, aspetteremo. La serva mi disse ch’egli è uscito due volte, oggi: la seconda volta non era tornato ancora allo stazzo.
— Gesù! Gesù! Che accadrà, Mikali?
— Ma perchè turbarti tanto, Vittoria? Egli dimenticherà presto, vedrai. Io lo conosco meglio di te, Vittoria! Andrea è uno che muta pensiero ogni giorno: adesso pensa così, domani pensa in altro modo. Fanno tutti così gli studenti! E del resto che t’importa? Che può farci, lui? Sa bene che è mio fratello e non mi ucciderà. Eppoi è tanto debole: non è buono a sollevare una piccola pietra dal muro, e un uomo come me, del resto, non ha paura di nulla.
Ma Vittoria aveva di nuovo appoggiato il viso sul cuore di lui, e soffriva perchè le sembrava di sentire qualche cosa di duro contro la sua fronte.
— Non è questo, Mikali, non è questo.
— E allora di che temi?
— Mikali! Andrea soffrirà.
— Ebbene, è necessario, anima mia!
— Ma perchè dev’essere così, nel mondo? Perchè soffrire per amare?
— Io non lo so, Vittoria. Ma perchè piangi, adesso? Che colpa ne abbiamo noi? No, su, sta su, anima mia: io non posso sentirti a piangere. Taci, taci. Di che temi?
E poichè ella non si calmava egli finse di arrabbiarsi.
— Senti, se tu non stai allegra io non torno più qui! No, no, vedi, te lo giuro sulla mia coscienza; me ne vado in America, e tu spòsati con lui, che è ricco. Dopo tutto, che credi? anche a me dispiace; non sono poi un cane, io, che credi? perchè non piagnucolo? Un uomo come me ride di tutto: ne ho viste, io, ancora prima di nascere! Ebbene, il cuore forte ride di tutto. È colpa nostra se ci vogliamo bene e non possiamo vivere separati?
— È vero... — ella ammise, singhiozzando ancora, ma già confortata. — Del resto egli adesso sa tutto, e noi non lo inganniamo più, questo importa.
Sospirò, ma di sollievo, e tese le mani ardenti al viso di Mikali.
Come era forte e fresco il viso del suo Mikali! Era vellutato ed aspro assieme, come il frutto del pesco, e i capelli di lui le ricordavano, a toccarli, il fieno, e le labbra di lui erano così molli che a baciarle le pareva di bere del latte appena munto: caldo e dolce. Lo amava per questo, perchè aveva fame di qualche cosa che solo il bacio di lui riusciva per un momento a saziare; lo amava come l’ombra dell’albero in estate e il sole d’inverno, e le sembrava che rinunziare a lui era rinunziare al pane, all’acqua, al sonno. Si può vivere senza questo? Come non bere quando si muore di sete?
Anche lui sentiva la stessa fame, la stessa sete.
— Chi mai ci potrà dividere? — le diceva respirando l’alito di lei. — Dio? Ma se è lui che ci unisce? Eppoi Andrea è buono e capisce la ragione. Non vuole forse bene a nostra madre, nonostante le accuse e l’odio di nostro padre? E con me non è stato sempre buono? Adesso capirà la ragione anche sul conto nostro e ci lascerà tranquilli. Non lo lascio tranquillo, io? Vedi, potrei far causa a nostro padre, per costringerlo a riconoscermi per suo figlio, e non lo faccio per riguardo ad Andrea, per non dargli noia... Vedi, sì, parliamo di questo... Lui, Bakis Zanche, quando io nacqui costrinse mia madre, sotto minaccia di morte, a presentarmi alla legge come figlio bastardo, come di «padre ignoto», sì, la costrinse a dichiarare che erano già separati quando io fui concepito. Invece io potrei provare che stavano ancora assieme, quando io fui concepito; e così lo costringerei a riconoscermi, a darmi la mia parte di beni. Non l’ho fatto e non lo faccio perchè Andrea mi ha sempre considerato lo stesso come fratello... Adesso rinunzio a tutto... perchè tanto a te non importa... vero? Io, sono io lo stesso! Ma Andrea, anche lui, non deve molestarmi... Capirà che solo un uomo come me può renderti felice, e finirà coll’esserne contento...
— Dio lo voglia, Mikali.
— Dio lo vuole, — egli ripetè gravemente; ma d’improvviso s’udì ancora al di là del campo un passo pesante come d’un bue con le pastoie, e Vittoria trasalì di paura. Immobili, con gli occhi fissi nella siepe, stettero silenziosi finchè il rumore misterioso non cessò.
— Che batticuore! — disse infine Vittoria; e pensava ad Andrea, ancora vinta dalla paura che egli li sorprendesse: perchè, sebbene egli ormai sapesse tutto, a lei pareva di ingannarlo ancora.