Le cento novelle antiche/Novella XXI

Novella XXI

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Come tre maestri di nigromanzia vennero alla corte dello ’mperadore Federigo.


NOVELLA XXI.


Lo ’mperadore Federigo fue nobilissimo signore, e la gente ch’avea bontade venia a lui da tutte parti, perchè l’uomo donava volentieri, e mostrava belli sembianti1 a chi avesse alcuna speziale bontà. A lui venieno sonatori, trovatori2 e belli favellatori, uomini d’arti, giostratori, schermitori, d’ogni maniera gente. Stando lo ’mperadore Federigo, e facea dare l’acqua, le tavole coverte, si giunsero a lui tre maestri di nigromanzia con tre schiavine3. Salutaronlo così di [p. 38 modifica]subito, et elli domandò: quale è il maestro di voi tre? L’uno si trasse avanti, e disse: messer, io sono. E lo ’mperadore il pregò che giocasse cortesemente. Et elli gittaro loro incantamenti, e fecero loro arti. Il tempo incominciò a turbare; ecco una pioggia repente e tuoni e fulgori e baleni, e parea che fondesse una gragnola che parea coppelli d’acciaio. I cavalieri fuggiano per le camere, chi in una parte, chi in un’altra. Rischiarossi il tempo. Li maestri chiesero commiato, e chiesero guidardone. Lo ’mperadore disse: domandate. Que’ domandaro. Il conte di s. Bonifazio era più presso allo ’mperadore. Que’ dissero: messere, comandate a costui che venga in nostro soccorso contra li nostri nemici. Lo ’mperadore li le comandò molto teneramente. Misesi il conte in via con loro, Menaronlo in una bella cittade, cavalieri li mostraro di gran paraggio, e bel destriere e belle arme li apprestaro, e dissero; questi sono a te ubbidire. Li nemici vennero a battaglia. Il conte li sconfisse, e francò lo paese. E poi ne fece tre delle battaglie ordinate in campo. Vinse la terra. Diederli moglie. Ebbe figliuoli. Dopo molto tempo tenne la signoria. Lasciaronlo grandissimo tempo; poi ritornaro. Il figliuolo del conte avea già bene quaranta anni. Il conte era vecchio. Li maestri tornaro, e dissero che voleano andare a vedere lo ’mperadore e la corte. Il conte rispose: lo ’mperio fia ora più volte mutato, le genti fiano ora tutte nuove, dove ritornerei? E’ maestri dissero: noi vi ti volemo al postutto menare. Misersi in via; [p. 39 modifica]camminaro gran tempo. Giunsero in corte. Trovaro lo ’mperadore e suoi baroni, ch’ancor si dava l’acqua la quale si dava, quando il conte n’andò co’ maestri. Lo ’mperadore li facea contare la novella; que’ la contava. I’ ho poi moglie. Figliuoli hanno quarant’anni. Tre battaglie di campo ho poi fatte; il mondo è tutto rivolto: come va questo fatto? Lo ’mperadore li le fa raccontare con grandissima festa a’ baroni et a’ cavalieri.

Note

  1. mostrava belli sembianti ecc., bel modo di dire; cioè facea buona cera a chi ecc.
  2. Trovatori, che è quanto a dire inventori, furono chiamati i poeti, siccome quelli in cui si richiede ingegno atto a inventare; ond’è che anche trovare dissero talora i nostri antichi per poetare. Così Francesco da Barberino (370, 24)

    “Trovar, cantar, e solazzo menare

    Nel Vocabolario della Crusca, §. III citasi il seguente passo di Cecco Angiolieri a Dante:

    “. . . . . . . . Dunque contradice
    “A sè medesmo questo tuo trovare;

    e così leggesi ancora nelle Origini della lingua del Menagio: ma ne’ Poeti antichi raccolti dall’Allacci (facc. 194) ha

    “. . . . . . . . Adunque contradice
    “A sè medesmo questo tuo parlare.

  3. schiavina, sorta di veste lunga di panno grosso, la qual soleasi portar da’ romiti. Portavanla anche i pellegrini, come apparisce dal seguente passo di Franco Sacchetti: “La prima cosa che fa lo pellegrino quando si parte, si veste di schiavina„ ecc.