subito, et elli domandò: quale è il maestro di voi tre? L’uno si trasse avanti, e disse: messer, io sono. E lo ’mperadore il pregò che giocasse cortesemente. Et elli gittaro loro incantamenti, e fecero loro arti. Il tempo incominciò a turbare; ecco una pioggia repente e tuoni e fulgori e baleni, e parea che fondesse una gragnola che parea coppelli d’acciaio. I cavalieri fuggiano per le camere, chi in una parte, chi in un’altra. Rischiarossi il tempo. Li maestri chiesero commiato, e chiesero guidardone. Lo ’mperadore disse: domandate. Que’ domandaro. Il conte di s. Bonifazio era più presso allo ’mperadore. Que’ dissero: messere, comandate a costui che venga in nostro soccorso contra li nostri nemici. Lo ’mperadore li le comandò molto teneramente. Misesi il conte in via con loro, Menaronlo in una bella cittade, cavalieri li mostraro di gran paraggio, e bel destriere e belle arme li apprestaro, e dissero; questi sono a te ubbidire. Li nemici vennero a battaglia. Il conte li sconfisse, e francò lo paese. E poi ne fece tre delle battaglie ordinate in campo. Vinse la terra. Diederli moglie. Ebbe figliuoli. Dopo molto tempo tenne la signoria. Lasciaronlo grandissimo tempo; poi ritornaro. Il figliuolo del conte avea già bene quaranta anni. Il conte era vecchio. Li maestri tornaro, e dissero che voleano andare a vedere lo ’mperadore e la corte. Il conte rispose: lo ’mperio fia ora più volte mutato, le genti fiano ora tutte nuove, dove ritornerei? E’ maestri dissero: noi vi ti volemo al postutto menare. Misersi in via;