Le cento novelle antiche/Novella VII
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Qui conta come l’angelo parlò a Salamone, e disse che torrebbe Domeneddio il reame al figliuolo per li suoi peccati.
NOVELLA VII.
Leggesi di Salamone che fece un altro dispiacere a Dio, onde cadde in sentenzia di perdere lo reame suo. L’angelo li parlò, e disse così: Salamone, per la tua colpa tu se’ degno di perdere lo reame. Ma così ti manda1 lo nostro signore, che per li meriti della bontà di tuo padre elli nol ti torrà nel tuo tempo, ma per la colpa tua lo torrà a figliuolto2. E così dimostra i guidardoni del padre meritati nel figliuolo, e le colpe del padre punite nel figliuolo. Nota che Salamone studiosamente lavorò sotto ’l sole con ingegno di sua grandissima sapienzia. Fece grandissimo e nobile regno. Poi che l’ebbe fatto provide sì, che non voleva che ’l possedessero aliene rede, cioè strane rede fuori del suo legnaggio. Et acciò3 e’ tolse molte mogli e molte amiche per avere assai rede, e Dio provide, quelli che è sommo dispensatore, sì che tra tutte le mogli et amiche, che erano cotante, non ebbe se non un figliuolo. Et allora Salamone si provide di sottoporre et ordinare sì lo reame sotto questo suo figliuolo, lo quale Roboam avea nome, ch’elli regnasse dopo lui certamente. Che fece dalla gioventudine infino alla senettute ordinare la vita al figliuolo con molti ammaestramenti e con molti nodrimenti. E più fece, che tesoro li ammassoe grandissimo, e miselo in luogo sicuro. E più fece, che incontanente poi sì brigò, che in concordia fu con tutti li signori che confinavano con lui, et in pace ordinò e dispose sanza contenzione tutti e suoi baroni. E più fece, che lo dottrinò del corso delle stelle, et insegnolli avere signoria sopra i domoni. E tutte queste cose fece, perchè Roboam regnasse dopo lui. Quando Salamone fue morto, Roboam prese suo consiglio di gente vecchia e savia; propose e domandò consiglio, in che modo potesse riformare lo popolo suo. Li vecchi l’insegnaro: ragunerai il popolo tuo, e con dolci parole dirai, che tu li ami siccome te medesimo, e ch'elli sono la corona tua, e che, se tuo padre fu loro aspro, che tu sarai loro umile e benigno, e, dove elli li avesse faticati, che tu li sovverrai in grande riposo. E, se in fare il tempio furo gravati, tu li agevolerai. Queste parole l’insegnaro i savi vecchi del regno. Partissi Roboam, et adunò uno consiglio de’ giovani, e fece loro somigliante proposta. E quelli li addomandaro: quelli con cui prima ti consigliasti, come ti consigliaro? E quelli irracontò loro a motto a motto4. Allora li
giovani dissero: elli t’ingannano, perciocchè i regni non si tengono per parole, ma per prodezza e per franchezza. Onde, se tu dirai loro dolci parole, parrà che tu abbi paura del popolo, onde esso ti soggiogherà e non ti terrà per signore, e non ti ubbidiranno. Ma fae per nostro senno: noi siamo tutti tuoi servi, e ’l signore può fare de’ servi quello che li piace. Onde dì loro con vigore e con ardire, ch’elli sono tutti tuoi servi, e chi non t’ubbidirà, tu lo punirai secondo la tua aspra legge. E, se Salamone li gravò in fare lo tempio, e tu li graverai, se ti verrà in piacere. Il popolo non t’avrae per fanciullo, tutti ti temeranno, e così terrai lo reame e la corona. Lo stoltissimo Roboam si tenne al giovane consiglio. Adunò il popolo, e disse parole feroci. Il popolo s’adirò. I baroni si turbaro. Fecero pusture5 e leghe. Giuraro insieme certi baroni, sì che in trentaquattro dì dopo la morte di Salamone perdè delle dodici parti le dieci del suo reame, per lo folle consiglio de’ giovani.
Note
- ↑ così ti manda. Mandare usasi alcuna volta dagli antichi assolutamente per mandar dicendo; mandar a dire. È locuzione figurata, e dicendo, o pure a dire, vi si sottintende per la figura ellisse.
- ↑ Figliuolmo e figliuolto; fratelmo e fratelto; mogliama e mogliata per mio figliuolo e tuo figliuolo; mio fratello e tuo fratello; mia moglie e tua moglie sono voci oggidì andate in disuso.
- ↑ acciò in vece di perciò, come acciocchè in vece di perciocchè.
- ↑ a motto a motto. E precisamente il francese mot à mot. Anche gli scrittori de’ miglior tempi della lingua trasportarono alcuna volta nel nostro idioma qualche voce o modo francese il qual videro che vi s’acconciava bene. Il loro esempio non prova già che ciò possa farsi a capriccio, come s’è fatto da molti con pregiudizio gravissimo della lingua; ma fa vedere che non sarebbe da biasimarsi chi questo facesse con somma circospezione, dove il bisogno lo richiedesse.
- ↑ Fecero pusture. La voce pustura non è nel vocabolario della Crusca. Qui val deliberazione segreta a danno d’altrui, se pur non è errore di stampa in vece di posture.