E quelli irracontò loro a motto a motto1. Allora li
giovani dissero: elli t’ingannano, perciocchè i regni non si tengono per parole, ma per prodezza e per franchezza. Onde, se tu dirai loro dolci parole, parrà che tu abbi paura del popolo, onde esso ti soggiogherà e non ti terrà per signore, e non ti ubbidiranno. Ma fae per nostro senno: noi siamo tutti tuoi servi, e ’l signore può fare de’ servi quello che li piace. Onde dì loro con vigore e con ardire, ch’elli sono tutti tuoi servi, e chi non t’ubbidirà, tu lo punirai secondo la tua aspra legge. E, se Salamone li gravò in fare lo tempio, e tu li graverai, se ti verrà in piacere. Il popolo non t’avrae per fanciullo, tutti ti temeranno, e così terrai lo reame e la corona. Lo stoltissimo Roboam si tenne al giovane consiglio. Adunò il popolo, e disse parole feroci. Il popolo s’adirò. I baroni si turbaro. Fecero pusture2 e leghe. Giuraro insieme certi baroni, sì che in trentaquattro dì dopo la morte di Salamone perdè delle dodici parti le dieci del suo reame, per lo folle consiglio de’ giovani.
- ↑ a motto a motto. E precisamente il francese mot à mot. Anche gli scrittori de’ miglior tempi della lingua trasportarono alcuna volta nel nostro idioma qualche voce o modo francese il qual videro che vi s’acconciava bene. Il loro esempio non prova già che ciò possa farsi a capriccio, come s’è fatto da molti con pregiudizio gravissimo della lingua; ma fa vedere che non sarebbe da biasimarsi chi questo facesse con somma circospezione, dove il bisogno lo richiedesse.
- ↑ Fecero pusture. La voce pustura non è nel vocabolario della Crusca. Qui val deliberazione segreta a danno d’altrui, se pur non è errore di stampa in vece di posture.