Le cento novelle antiche/Novella LIII

Novella LIII

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Qui conta d’una grazia che lo ’mperadore fece a un suo barone.


NOVELLA LIII.


Lo ’mperadore donò una grazia a uno suo barone, che qualunque uomo passasse per sua terra, che li togliesse d’ogni magagna evidente un danaio di passaggio. Il barone mise alla porta un suo passaggiere1 a ricogliere il passaggio. Un giorno avvenne che uno che avea meno uno piede venne alla porta: il pedagiere li domandò un danaio. Quelli si contese, azzuffandosi con lui. Il pedagiere il prese. Quelli [p. 73 modifica]difendendosi trasse fuori uno suo moncherino, ch’avea meno l’una mano. Allora il pedagiere il vide, e disse: tu me ne darai due; l’uno per la mano, e l’altro per lo piede. Allora furo alla zuffa: il cappello li cadde di capo. Quelli avea meno l’uno occhio; disse il pedagiere: tu me ne darai tre. Pigliarsi a’ capelli; lo passaggier li puose mano in capo. Quelli era tignoso. Disse lo passaggiere: tu me ne darai ora quattro. Così convenne a colui che potea sanza lite passare, per uno pagasse quattro.


Note

  1. Passaggiere non è nel Vocabolario della Crusca. Trovasi bensì citato il presente passo al §. 1 della voce Passeggiere. Dee essere stato preso dalla stampa del 72, in cui effettivamente leggesi passeggiere. Più sotto ha nella detta edizione: lo passeggiare li puose mano in capo: dove, se nol dichiarasse il senso, non apparirebbe qual de’ due ponesse all’altro la mano in capo, potendo essere denominati ambidue passeggiere, quantunque in diverso significato. Sarebbe per tanto ben fatto che fosse destinato passaggiere a dinotar l’esattore di tal gabella, e passeggiere a dinotar il viandante.