Le avventure di Saffo/Libro I/Capitolo XIII

Libro I - Capitolo XIII. Il consiglio di Rodope

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CAPITOLO XIII.


Il consiglio di Rodope.


Non tenera madre così spera il ritorno del figlio dalla guerra sanguinosa, nè così teme fanciulla congiunta in Imene con giovine marito esposto in lungo viaggio alle insidie del pelago crudele, come Saffo sperava e temeva il ritorno del genitore. Cleide s’industriava di confortarla, ma le parole sono molesto irritamento nelle angosce prepotenti, le quali non si possono calmare, se non togliendone la cagione. Che se veggiamo essere nojoso trattenimento agli animi inquieti il ragionare co i tranquilli, ed a chi ansiosamente corra a qualche opera desiderata, l’avere un lento compagno; quanto maggiore non doveva essere il tedio di lei, che immersa ne i delirj amorosi, era costretta dal rispettoso [p. 117 modifica]dovere, ad ascoltare non adequate esortazioni? Conciossiachè era giunta Cleide alla tarda vecchiezza con placidissima serie di anni impiegati in domestici lavori, nè mai avea sofferte le violente perturbazioni dell’animo, per naturale constituzione moderata ne’ suoi desiderj, piuttosto che per virtù. Saffo, all’opposito, era per sua sventura dotata di sensi così irritabili, che la trasportavano agli estremi perniciosi. La buona Cleide adunque procurava, colle sentenze volgari e le comuni dottrine del vivere pratico, di confortare la insanabile fanciulla, inettamente prolungando gl’insipidi ragionamenti. Taceva Saffo, e spesso in preda a’ suoi pensieri non prestava orecchio a lei, che per gli anni loquace e di mediocre intelletto, ripeteva nulladimeno tranquillamente l’infruttoso colloquio, seguitando l’incominciato lavoro, che avea ripreso fralle mani quando Scamandronimo partì. Saffo languiva al susurrare di [p. 118 modifica]quelle inefficaci esortazioni, come il pastore dorme sul margine del mormorante rivo. Ogni soffio di vento che movesse le porte, ogni voce di servo che esortasse un altro a i lavori, risonando negli atrii, erano da lei credute o le voci o le orme di Scamandronimo ritornato. Si alzava adunque frettolosa per incontrarlo, ma poi il timore di piacevole risposta la tratteneva, finchè delusa nella sua aspettazione, ritornava a i sedili, coprendosi le incessanti lagrime col velo. Ma vide alla fine apparire Scamandronimo sulla soglia, in cui con lento passo entrando non profferiva accento alcuno; ed ella dubbiosa della fatale risposta, mirava lui tacendo, che tacendo mirava lei. Ahimè, proruppe Saffo, troppo è funesto quel silenzio in un labbro amico impaziente di recarmi grata novella, se la racchiudesse nel pensiero! Al certo, rispose egli, vorrei che fosse quale tu la brami; e poi si abbandonò, alquanto mesto sopra di un [p. 119 modifica]vicino sedile. Deh fa ch’io non ignori a qual segno meriti la tua pietà, diss’ella, ed iscoprimi tutta l’amarezza del mio crudele destino, perchè ormai debbo dal tuo silenzio congetturarla evidentemente! Rispose Scamandronimo: Il cortese garzone ti ha compartite molte lodi, esaltando i pregj del tuo ingegno; ma allorchè proposi quell’argomento, per cui era venuto; Ben grato segno, mi soggiunse, è questo dell’amichevole consuetudine che tu avesti per il mio genitore, l’avermi in tal guisa prescelto a tanti che aspirano, più di me degni, a quella pregevol destra che tu mi offri spontaneamente. Ma egli è officio d’animo sincero, che io ti manifesti, ch’ho giurata fede a Cleonice. Quindi siccome tu mi biasimeresti, se accettando le tue proposte divenissi poi infedele a te, e spergiuro a lei, così approvar devi, che mi comporti con altri in quel modo che vorresti per te medesimo. Al che si aggiunge, che io mi sono proposto di [p. 120 modifica]riassumere, come sai, in Sicilia le negoziazioni alquanto interrotte per la morte del mio buon genitore, alle di cui ceneri avendo compartite copiose lagrime, spero di ritrovare nell’imeneo di Cleonice, quando io ritorni, quella consolazione che nessun’altro oggetto finora è stato valevole di procurarmi. Tu che sei discreto estimatore degli affetti, e de i doveri, potrai giudicare, se giustissime sieno le cagioni, per le quali io sono costretto a ricusare così preziosa offerta. Alle quali parole, ben vedi, se io poteva contrastare senza manifesta ostinazione. Però se ascolti in questa tua estrema angustia la paterna ed amica voce; e se la esperienza della mia vita ha qualche autorità nell’animo tuo, io ti esorto, non già a dimenticar Faone (perchè non ignoro quanto sieno lente a risanarsi le punture del dardo amoroso) ma bensì ad intervenire ai giochi, ed alle radunanze festive, nelle quali, benchè tu non lo creda, ritroverai fra molti [p. 121 modifica]certamente quell’oggetto, che ti scacci dall’animo quest’insolente predominatore. Così diceva con saggio affetto il pietoso genitore, ma alla misera fanciulla intanto si oscuravano gli sguardi, e si spandeva sul volto il pallore all’udire quelle mortali novelle; e l’affanno trattenendo nelle di lei fauci ogni querela, cadde languida su i tappeti, da i quali era risorta per accogliere il genitore. Accorse Scamandronimo, e quindi la tarda Cleide, e poi i servi e le ancelle chiamate da i gemiti dei provetti genitori. Risonavano in quel soggiorno ripieno di mesto disordine i flebili sussurri, intento ognuno a recare tal conforto a lei, onde ricuperasse l’ufficio de’ sensi smarriti.

Dopo non lungo spazio di tempo riaprì gli occhi l’oppressa fanciulla, e vide intorno di sè raccolta tutta la famiglia con mesti e lagrimosi sembianti per esortarla. Ma sciolto ogni freno al [p. 122 modifica]dolore, omai si manifestava l’amoroso delirio con atti meno convenienti a verginale verecondia, ed alla timida adolescenza. Perchè prorompendo in querele lacerò i veli, i crini e le vesti, trascorrendo come la cerva nelle foreste col dardo fisso nel fianco. Alla fine stanca de’ miseri trasporti, si ritirò nel suo albergo. I genitori credendo a lei più conveniente la solitudine ed il silenzio, che le non ascoltate esortazioni, lasciaronla colla fida Rodope, ed entrambe vi si racchiusero. Giaceva Saffo dolente su di un tappeto, soave ricetto del sonno nelle ardenti ore estive, quando il Sole spande i torrenti maggiori del suo fuoco; ma allora lungi ne fuggiva ogni tranquillo pensiero, nè più vivaci le rassembravano i colori di quella opera, quantunque vaghissimo artificio della esperta sua mano. Barbaro (proruppe omai Saffo smaniosa) sarebbe al certo colui, che destasse un infelice, il quale stanco [p. 123 modifica]di sospirare sulla tomba del figlio o della consorte, sospende il senso di sua misera vita nella placida obblivione del sonno. Qual pietà dunque è mai questa che mi richiama, coll’apparenza di affettuosi ufficj a tristissima vita, di cui dolce rimedio era il letargo, e più di tutti efficace sarebbe la morte? Soggiunse la mansueta Rodope; Vive la speranza talvolta, quantunque sembri del tutto estinta; imperocchè nel naufragio veggiamo talora inaspettato salvamento, o a nuoto, o su di una tavola galleggiante; e quelli che sono rimasti ignudi su di uno scoglio abbandonati in mezzo del flutto procelloso, furono quindi inaspettatamente raccolti da un legno ivi spinto da propizia fortuna; e quelli che caddero negli abissi profondi fralle rocce alpestri, rimasero talvolta sospesi ad un ramo ch’esce dalle fessure del monte con incredibile accidente; e quelli che combattono frall’armi in campo rimasero tal[p. 124 modifica]volta vivi, ed anco illesi in mezzo delle stragi e delle morti; ed il pastore suonando la zampogna sotto il faggio vide attonito, ma non offeso, inaridire il fulmine quella pianta, a cui appoggiava il dorso; di modo che la sola morte, priva di tutte le speranze, ma finchè rimane alito di vita, bisogna combattere colla fortuna. Ebbene che far proponi? interruppe Saffo. E l’altra rispose: Ben sai quanta è la fama di Stratonica, la quale poco lungi dalla porta orientale di questa nostra città, invoca i Numi infernali nello speco profondo, ed Ecate specialmente, casta Divinità contraria al prepotente imperio della madre di amore. Or dunque, poichè son vane queste tue lagrime, ricorriamo agli oracoli della severa nostra divinatrice, i quali potranno ciò che non ponno i tuoi sospiri e le tue querele. Io so dove è l’antro di lei, benchè non sia mai stata costretta ad entrarvi per sollievo delle cure amo[p. 125 modifica]rose; ma bensì ho intese infinite narrazioni, le quali mi sforzano a credere maravigliosa la di lei scienza. Mentre così ragionavano uscirono indirizzandosi al proposto cammino.