Le Ricordanze (Rapisardi 1894)/Parte prima/Ad A. Salvini

Parte prima - Ad A. Salvini

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AD A. SALVINI

nel regalargli un esemplare della palingenesi




A te che sai le amare
     Gioje dell’Arte e i trepidi
     Sogni, a cui l’ardua fida ala il pensier,

A te non sian discare
     Queste vegliate pagine,
     Che la sacra spirommi aura del Ver.

Se dalla mesta e bruna
     Vita a più belle e vivide
     Sfere poggiare il vol seppi talor,

È pregio e non fortuna,
     Che sul mio fronte pallido
     Segga una fronda di sudato allòr.

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In quelle sfere, dove
     Spiran del bello i liberi
     Entusiasmi ed è perpetuo april,

Lieta di arguzie nuove
     Talìa sorride, e d’attici
     Fiori diffonde il suo peplo gentil.

Scherzano a lei dintorno
     La Gioja alata e il florido
     Riso d’alme serene unico re;

All’immortal soggiorno,
     Sacro alle Grazie ingenue,
     L’empio Livor mai non appressa il piè.

Ma la suave e mesta
     Malinconia, che l’anime
     Tempra nell’onda d’un etereo duol,

Cinta di bianca vesta
     Quivi s’aggira, e all’aure
     Geme siccome vedovo usignuol.

Quivi te vidi, o altero
     Spirto che il dotto interpreti
     Dei figli di Talìa riso immortal;

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E teco era il severo
     Genio, cui di Melpomene
     Sovra l’itale scene arma il pugnal.

Di lieti plausi un suono,
     Dolce compenso al vigile
     Culto dell’Arte, intorno a voi s’alzò;

E su l’etereo trono
     La sacra musa italica
     Nuova luce da’ bruni occhi raggiò.

Or m’odi; e s’io libai
     Delle venuste Càriti
     Al negato a’ profani inclito altar,

Son degno, e lo meritai,
     Che tra il fragor dei plausi
     Tu cortese t’inchini al mio pregar.

Lascia alle franche scene
     Le sozze larve e gli orridi
     Mostri che infame vita hanno quaggiù:

A noi l’aure serene
     E i grandi avi consigliano
     Arte più mite e più gentil virtù.

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Di fole e di chimere
     Regno non han le italiche
     Muse, d’almo pudor cinte e di vel;

Nè soffron, che alle nere
     Colpe del mondo l’improbe
     Scuse sian manto di pietà crudel.

Osa! Ed allor che al santo
     Acre ritorni e a’ limpidi
     Regni dell’Arte unico mio sospir,

Di’ ch’io deserto in pianto
     Vivo, ma intatta e libera
     L’anima serbo, e m’è grato il morir.