Le odi e i frammenti (Pindaro)/Odi per Locri Epizefiria/Ode Olimpia XI
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ODE OLIMPIA XI
Tanto questa quanto la olimpia X che segue, furono composte per una vittoria riportata nella gara pugile tra giovinetti da Agesidamo figlio d’Archestrato, di Locri epizefiria, nell’anno 476, il medesimo in cui vinsero Ierone e Terone, quello col cavallo da sella, questo con la quadriga. La olimpia X fu composta con un ritardo di cui il poeta, come vedremo, si scusa. Questa fu invece improvvisata: ed è semplicissima. Il poeta dice che le varie cose hanno varî bisogni: le navi del vento: la terra arida delle pioggie: le vittorie olimpiche del canto. Chi vince in Olimpia, è superiore all’invidia. Archestrato ha vinto, e Pindaro lo canterà. Canterà anche i Locresi: prode gente perché buon sangue non mente.
PER AGESIDAMO DI LOCRI EPIZEFIRIA
VINCITORE NEL PUGILATO TRA FANCIULLI IN OLIMPIA
Strofe
Spesso utilissimi sono per gli uomini i venti;
spesso le pluvïe Ninfe del cielo,
figlie di nuvole;
ma se talun con travaglio compie opere egregie, conviene
ch’inni risuonino melliflui, principio
dei posteri vanti, e segnacoli fedeli dell’alte virtudi.
Antistrofe
Oltre ogni invidia fruisce chi vinse in Olimpia
tale compenso; e lo vuole il mio labbro
cupido pascere.
Dono è del Nume, se un uomo fiorisce per savio consiglio.
Sappilo, o figlio d’Archèstrato, adesso
mercè del trionfo che avesti nel pugile giuoco, o Agesídamo,
Epodo
celebrerò nel mio canto soave
l’aureo fregio d’olivo,
volta la mente ai Locresi
d’Epizefiria. Qui, Muse, a banchetto
venite: ben io v’assicuro:
gente né d’ospiti ignara
né di finezze, ma saggia, ma prode alla guerra
qui troverete: che l’indole innata
mutare, né fulvida volpe
può mai, né rugghiante leone.