Capitolo XVII

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XVI XVIII
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XVII.

Il giorno dopo altre due vacche mancarono dalla tanca.

Francesco non s’incollerì, ma diventò pallido, e guardò il servo con occhi torvi.

— Andiamo, — gli disse; — anche questa volta le vacche saranno precipitate nel burrone! Va da quella parte; io vado da questa. Maria, — aggiunse, rivolgendosi alla moglie. — vado fino all’ovile dei Pera per domandare se han visto le vacche: torno subito.

Servo e padrone partirono. Maria preparò la cena, poi uscì fuor della capanna e attese. Si sentiva un po’ inquieta per l’affare delle vacche, ma sperava che tutto procedesse come l’altra volta e che Francesco non la lasciasse sola più d’una mezz’ora.

Seduta davanti alla capanna, ella guardava davanti a sè, al di là della radura, verso il bosco, dal quale Francesco doveva tornare.

Pensava:

— Fra due o tre giorni ritorneremo a Nuoro: è tempo. Ora comincia a far caldo: cominciano le [p. 240 modifica]raccolte: è tempo di lavorare e di far la buona massaia. Mia madre sarà stanca, poverella; sì, bisogna ritornare.

Ricordi vaghi, ombre fuggenti, le sfioravano il pensiero. Sì, un anno era trascorso, dopo le ultime mietiture... Quante cose in un anno! Come s’invecchia presto! Sì, l’anno scorso ella era sventata e capricciosa come una fanciulla di quindici anni; ora... ora si vergognava delle sciocchezze commesse: si vergognava, ma non si pentiva. Dopo tutto, chi non è stato giovane? Chi non ha cercato di aprire il misterioso libro dei sogni?

— Chi è senza peccato scagli la prima pietra, — pensava Maria, che s’era portata nell’ovile anche la Filotea. — Dopo tutto, ora sono una moglie fedele, sono savia come una vecchia: che volete di più?

Eppure, mentre pensava così, guardava davanti a sè, e dimenticava le vacche smarrite, i sospetti di Francesco, e che la mezz’ora dell’assenza di lui era trascorsa.

La sera cadeva, dolce e profonda, una sera quasi estiva; il cielo aveva già perduto la trasparenza primaverile: incurvavasi un po’ denso e cinereo sulle quercie immobili, e sembrava di velluto, qua e là trapuntato dalle prime stelle.

Quel silenzio melanconico, quell’estrema luce smorta che rischiarava la cima grigia della roccia sovrastante alla capanna, cominciarono a inquietare Maria. Già le lontananze s’offuscavano, il bosco diventava sempre più nero sotto il cielo [p. 241 modifica]cinereo, e Francesco non tornava. A poco a poco, ai pensieri dolci e vaghi segui in Maria un sentimento di tristezza, di paura quasi infantile.

Perchè Francesco non tornava? Egli aveva promesso: chi lo tratteneva?

— Io son qui sola, egli lo sa: se non torna vuol dire che qualche cosa glielo impedisce.

Ella s’alzò, attraversò la radura, fissò gli occhi in lontananza. Nessuno. Il grosso cane dell’ovile abbaiò: il suo latrato di cane giovane, chiaro come una voce umana, riempì per un momento il silenzio profondo della sera calda. Maria si rattristò ancora di più.

— Francesco? Francesco?

La sua voce si perdè, piccola, nella tristezza della radura. Ella s’inoltrò fra l’erba, si fermò ancora, si guardò attorno. Non aveva mai, come in quella sera, sentito il mistero del crepuscolo, delle ombre invadenti. Che accadeva laggiù, dietro i boschi già neri? Che vedevano le pietre posate con misterioso equilibrio sopra le roccie, ancora lievemente chiare nell’estremo barlume del crepuscolo? Perchè l’erba ed i fiori scuri e l’asfodelo susurravano al suo passaggio?

— Nostra Signora mia del Monte, Nostra Signora mia del Monte, che è accaduto?

Ella camminò, camminò, varcò il prato, attraversò il bosco. L’ombra s’addensava sotto le quercie, nera, quasi palpabile. Maria provava una strana impressione: le pareva che dei veli si squarciassero al suo passaggio, e il zirlare dei grilli che [p. 242 modifica]s'interrompeva all’improvviso, e qualche gemito indistinto di uccello notturno, le sembravano deboli voci emesse dalle quercie addormentate.

Così arrivò al confine della tanca, saltò la muriccia, varcò un altro prato: il suo turbamento cresceva, il cuore le batteva violentemente.

— Francesco? Francesco?

Silenzio. Un punto rosso brillava in lontananza. Ella si diresse verso quel punto; ogni tanto si fermava, sembrandole di udire voci e passi umani. Un cane abbaiò, un altro rispose in lontananza.

— Francesco deve essere tornato all’ovile: non ci siamo incontrati. Ho fatto male a muovermi.

Ma giacchè era avviata, proseguì verso l’ovile di Antonio Pera.

— Antoni, Antoni, — cominciò a gridare.

Il punto rosso per un momento si spense; una figura nera attraversò di corsa il prato.

— Chi è?

— Sono io, Antoni Pera. — ella gridò con voce ansante.

— Maria! Che è accaduto?

— Ah, Antoni, che paura! Francesco non è venuto al tuo ovile? Dov’è andato? Ho tanta paura.

— È venuto qui, mezz’ora fa circa; è ripartito subito, dicendo che faceva il giro della tanca e poi ritornava subito da te. Sarà già all’ovile. Andiamo, ti accompagno.

Ritornarono indietro, ma nonostante le parole del pastore Maria tremava tutta, assalita da un tremito nervoso. [p. 243 modifica]— Non aver paura; forse han trovato le traccie dei ladri, e tardano per questo.

— Come possono veder le traccie, con questo buio? — disse Maria.

Nella capanna non c’era nessuno: il cane abbaiava furiosamente, e Maria credette di sentire qualcosa di triste e di lugubre in quel latrato.

— Che fare? Che fare? Andiamo, cerchiamo, — ella disse, disperata. — Deve essere accaduta una disgrazia.

— Ma no. Maria; che ti salta in mente? Forse Francesco è ritornato, ed ora ti cerca.

Allora Maria ritornò nella radura e ricominciò a gridare:

— Francesco? Francesco?

Solo i cani rispondevano.

Il pastore accese il fuoco nella capanna, poi uscì e disse a Maria:

— Se non hai paura di star sola un momento, vado e guardo se posso trovarlo.

— Va, va, per l’anima dei tuoi morti, va!

Il pastore s’allontanò a grandi passi. Maria sedette ancora sullo sgabello di ferula, davanti alla capanna, e attese.