§ 5 — II Comune di Vernio

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§ 5.° — Il Comune di Vernio

L’antico feudo forma l’odierno Comune omonimo la cui superficie è Ettari 548979. Ha molto bosco, castagneto, pastura, e nelle parti più esposte a Mezzodì e meno elevate prosperano la vite e l’ulivo. È circoscritto a Nord dai Comuni di Castiglione e Camugnano, ad Est da quello di Barberino di Mugello ed a Sud-Ovest da quello di Cantagallo. La viabilità in generale è buona; è traversato dalla strada interprovinciale di Val di Bisenzio, che staccandosi da Prato sbocca in Val di Setta ponendolo in comunicazione diretta colla provincia di Bologna.

Vi sono sei scuole comunali, un Ufficio postale e due collettorie, un Ufficio telegrafico e quattro fiere annuali. Rara avis! è un Comune senza debiti. Sia lode ai solerti ed onesti amministratori! [p. 26 modifica]

La sua popolazione di fatto1 secondo il censimento del 1861 contava abitanti 3954 (maschi 1940, femmine 2014), di diritto era di 4361.

Gli abitanti nel 18302 erano:

Cavarzano, S. Pietro, Cura 720
S. Ippolito a Vernio, Pieve 468
Mercatale, S. Antonio, Rettoria 291
Montepiano, S. Maria, già Badia 605
Poggiole e Luciana, S. Michele, Rettoria 486
S. Quirico, S. Leonardo e Quirico 1046

Totale 3616

Addì 31 Dicembre 1895, la popolazione effettiva accertata era di 5801 abitanti.

Cavarzano 1100
S. Ippolito 810
Mercatale 570
Montepiano 1021
Poggiole, ecc. 650
S. Quirico 1650

Totale 5801

Bodio, che pure è tanto insigne nella statistica, porge alcuni dati sulle industrie di questo Comune, ma non sono troppo precisi. Ad onta delle difficoltà ognor crescenti del commercio italiano, si vanno costruendo dei [p. 27 modifica]nuovi edifici industriali, pei quali viene adibita la forza motrice del Bisenzio.

La popolazione è dedita più che altro all’agricoltura, ma non è trascurata affatto l’industria e in taluni luoghi, come Montepiano, Cavarzano specialmente, la pastorizia. Il suolo è generalmente ben coltivato, sebbene non corrisponda adeguatamente alle fatiche dell’agricoltore: tenuto magnificamente il bestiame. Il vino che si raccoglie fra questi monti è delicato, apprezzatissimo, saporose le frutta, reputatissimo il burro di Montepiano.

L’industria principale cui anche ora, sebbene langua mortalmente il commercio, sono dediti i valligiani, è quella della lana. Vi sono diversi stabilimenti idraulici nei quali la lana vecchia si straccia, e tutta, vecchia e nuova, si carda, si fila. Nel Comune, attualmente, non vi sono telai mossi da forza idraulica, ma vi sono non pochi individui molto abili nel tessere a mano. Si contano poi valenti falegnami, fabbro-ferrai, muratori: San Poto, ricco di buona arenaria, ha bravi scalpellini.

Negli abitanti di questi paesi si riscontra il tipo del montanino toscano. Non d’alta statura, ma forti, sani, sprezzanti del pericolo, avvezzi alle più dure fatiche: animi saldi in salde membra.

Il linguaggio che parlano non è terso, puro, elegante come quello dei Senesi e dei montanini Pistoiesi, ma non è disadorno: ha in generale anche nella pronuncia, i difetti del vernacolo pratese, meno accentuati però.

Di costumi son semplici ed onesti: il lavoro che nobilita l’uomo, li tiene lontani dai vizi, e come ne fortifica il corpo, così ne fortifica, rendendolo buono, il cuore. Su per i monti che sovrastano alla valle del Bisenzio e dove essa più e più si ristringe e più si mostra silvestre, vedi quà e là, ad assai distanza le une dalle altre, delle [p. 28 modifica]casupole di contadini, o pastori i quali se la vivono alla buona, o diremo anzi alla patriarcale, lontani quasi affatto da ogni commercio co’ centri popolosi delle città e delle borgate e contenti come pasque della loro condizione.

Tenaci della fede dei padri, di mente sveglia, pronti all’apprendere, come quelli che, nati in luoghi alpestri e necessitati la maggior parte ad emigrare fin da giovinetti nelle maremme toscane e in Sardegna, son costretti ad aguzzare l’ingegno onde procurarsi da vivere.

A proposito dei Verniotti, dei quali moltissimi emigrano periodicamente, mi sembra si attagli a capello quel che dice il Giusti in una sua lettera sui montanini pistoiesi:

«Gli abitanti son vispi, sani, segaligni, astuti e serviziati; togline pochi che si guastano nell’anima e nel corpo giù nel buglione delle maremme toscane e romane. Vanno a svernare nel piano, emigrano a stormi coi bestiami, lasciando lassù solamente i vecchi, le donne e i bambini; e chi va al taglio delle legna e dei boschi per farne carbone e potassa; chi a tendere i lacci agli uccelli; e i grandi arrosti di beccaccie, di merli e di tordi che trangugiano i mangiapani a desinari illustrissimi, son frutto delle fatiche di quella povera gente che s’arrabatta per tre o quattro mesi nel cuor dell’inverno, per riportare a casa venti francesconi. Tornano a casa riunti di borsa, smunti di salute, e spesso intaccati da’ vizi, che lassù in quei luoghi lontani da serbatoi di corrutela ti dànno nell’occhio tanto più quanto meno te l’aspetti, come la virtù nelle città grandi.»3

Note

  1. Amati, Corografia Italiana.
  2. Vedi Repetti.
  3. Giusti - Lettere a P. N.