La stazione estiva di Montepiano/VI
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | V | VII | ► |
§ 6. — S. Quirico
M. 275 sul mare.
Capoluogo del Comune, cui sta a cavaliere la rocca, antica abitazione dei feudatari, è una borgata posta quasi per intero sulla sinistra della Fiumenta, che scende a sbalzi pecipitosi dall’appennino di Montepiano.
Il Palazzo Comunale costrutto dagli Alberti, fu abbellito dal Conte Rodolfo de’ Bardi ed ornato di specchi, d’arazzi, di dipinti in guisa da parere una reggia.1
Di questa magnificenza che fu, non rimane se non il fabbricato che divenne proprietà dell’opera pia di S. Nicolò di Bari, e ultimamente fu ceduto in enfiteusi perpetua, quasi nel totale, al Municipio.
È vasto e maestoso; ben poche sedi comunali in Toscana vi hanno che possano stargli a pari. Anche il vasto Oratorio pubblico di S. Nicolò annessovi, è pregevole per l’architettura e la superba scala a due branche onde vi si accede, per un ricco altare di marmo, per due pilette di Giambologna, bei candelabri e due grandi medaglioni in bronzo, in uno dei quali v’ha il ritratto del Conte Ridolfo, benefattore di Vernio, il padre dei poveri; nell’altro un’allusione allegorica alla sua carità.
La Chiesa parrocchiale dedicata a S. Leonardo e Quirico, e quella della Compagnia, non offron dal lato dell’arte alcunchè di notevole.
La popolazione oltrechè nella borgata è sparsa in vari casolari come: La Bandiera,2 ove fu combattuto tra le milizie del Conte Piero e quelle degli Alberti di Monte Carelli; Celle, ove nacque nel 1588 Serafina Pezzuoli d’Ippolito, vissuta per anni ventisei rassegnatissima in mezzo ai dolori fisici più atroci, spirata il 24 Aprile 1628, sepolta onorevolmente in S. Michele degli Antinori a Firenze, dall’opinione popolare ritenuta degna dell’onor degli altari3; Segalari, Costoze, Ceraio, La Valle, La Rocca, Casigno, Sanguineta, Sasseta.
A S. Quirico vide la luce nel 1844, da Lodovico, uomo pure di svegliatissimo ingegno, Vittorio Fedeli, rapito alle lettere, alla patria, alla famiglia, nei trentasei anni, assassinato, vittima della sua rettitudine. Questo misfatto compivasi il 10 agosto 1880 sulle alture di Gavigno, vicino ad un vecchio tabernacolo, ricovero ai viandanti ed ai villici nel fogno o nevischio invernale e nei subiti temporali mentre il compianto Vittorio recavasi a Fossato. Lasciava la vedova e un figlio pargoletto, orfano, ahimè! troppo presto.
Cuore generoso e caldo amò molto, giovò a molti; ingegno culto, versatile, pronto, scrisse bene in prosa ed in versi. Le sue poesie originali «Fiori appassiti» sono improntate ad una melanconia che fa pensare fosse presago della sua fine precoce, immatura.
Tradusse, e bene, vari lavori, specialmente poetici, dal Rumeno, dal Greco moderno, dallo Spagnuolo: si occupò di cose storiche, specialmente paesane; lavori lodati anche dal Cantù: scrisse di cose forensi. Avea quasi compiuto un lavoro poderoso, originale e completo sulla storia della lussuria in Italia.
Più avrebbe potuto fare, sebben distratto da mille cure, dalla necessità di provvedere alla sua famiglia, e ci resterebbero di lui opere di maggior polso che meglio avrebbero raccomandato ai posteri il nome suo.
Un colpo micidiale troncò tanta messe di ben fondate speranze, una vita circondata da tanti affetti!
Note
- ↑ Jacopo Bettini. Lettera. Filza 5.ª Archivio Bardi.
- ↑ Volgendosi da questa altura verso la Ròcca, abbiamo un’eco maravigliosa. Ripete spiccatamente e dopo qualche secondo un verso endecasillabo intero. Talora vi si è recato il concerto musicale del Comune e i suoni ripercossi e ripetuti nella vallèa danno un effetto stupendo.
- ↑ Brocchi G. Maria. — Vite de’ Santi e Beati fiorentini.
Serafina Pezzuoli. — Buona Novella, N. 52, 1869.
Richa. — Notizie delle Chiese fiorentine, Tomo 3.º