La signora dalle camelie (teatro)/Atto I/Scena decima
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Traduzione dal francese di Luigi Enrico Tettoni (1883)
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SCENA DECIMA
Armando e detta.
Armando. Ebbene, o signora, vi sentite voi meglio?
Margherita. (alzandosi lentamente il capo) Ah! siete voi, signor Armando? vi ringrazio, sto meglio, assai meglio! d’altronde, è una crisi alla quale vi sono omai abituata. Armando. Finirete coll’uccidervi, o signora; io vorrei essere un vostro parente, un vostro amico, per potervi dire che questa vita d’ebbrezza, questa vita d’orgie non è fatta per voi.
Margherita. Tanto e tanto io non la lascerei, anzi io mi sento meglio, e voglio raggiungere la comitiva. (Si alza) Mio Dio! signor Duval, ora è voi che siete pallido!
Armando. Oh! se sapeste quanto male m’ha fatto nel vedere che voi soffrivate!
Margherita. Siete troppo buono, signor Duval. Guardate un po’; di tutti i miei amici non ve n’ha un solo che s’occupi di me in questo momento.
Armando. Perchè nessuno di loro v’ama quanto io vi amo!
Margherita. Ah! è vero! in fatti mi avevano detto che nutrite per me un amore da romanzo!
Armando. E voi ne ridete?
Margherita. Riderne?... una volta, forse, ma oramai, che sono assuefatta a sentirmi sempre ripetere le stesse parole, ho cangiato sistema: non rido più.
Armando. Sia pure, o Margherita; ma se in premio almeno di quest’amore io vi chiedessi un sacrificio, me lo rifiutereste voi?
Margherita. Secondo!
Armando. Vorrei che aveste un po’ più cura della vostra salute!
Margherita. E lo potrei io forse?
Armando. E perchè no?
Margherita. Ma ignorate dunque che se avessi la pazienza d’intraprendere una lunga cura, monotona, dovrei morire? io ho bisogno di questi passatempi e di queste orgie, come voi le chiamate. Aver cura della mia salute? ma questo è buono per le grandi dame che hanno un nome, una famiglia, degli amici, ma non per me, per me che non ho nessuno, che quando la mia gioventù sarà trapassata, e che il regno degli amori non mi lascerà che una dolorosa rimembranza nel cuore, sarò avvilita, abbandonata come tante altre, ed il mio nome sarà ben presto dimenticato. Io posso dirvelo, o signore, perchè ho avuta la sfortuna di provarlo: non erano due mesi che era ammalata, e non un solo de’ miei amici saliva da me per vedermi, per consolarmi!
Armando. È vero che io non sono nulla per voi, o Margherita, ma se voi me lo permetteste, io vi presterei un’assistenza da fratello, non vi lascerei un solo istante, vi renderei la salute; ed allorquando aveste riacquistate le forze perdute, se lo credeste necessario alla vostra felicità, potreste senza tema riprendere il vostro tenore di vita. Ma son certo che in allora la riflessione subentrerà alle vostre idee esaltate e sceglierete una vita più calma e più tranquilla, che vi conserverà sempre più giovane e bella.
Margherita. Poeta!
Armando. Ma voi dunque, o Margherita, non avete un cuore?
Margherita. E perchè una tale domanda?
Armando. Perchè se voi aveste un cuore non ridereste delle mie parole.
Margherita. Il signor de Rieux non mi ha dunque ingannata, quando mi disse che voi siete un amante sentimentale!
Armando. Infatti ai nostri giorni l’amare in tal modo è una cosa ridicola!
Margherita. Secondo i modi con cui s’interpreta o le persone alle quali si dirige una dichiarazione. (pausa) Per cui voi v’incarichereste della mia salute?
Armando. Sì.
Margherita. Restando sempre presso di me?
Armando. Almeno sino al giorno in cui voi sarete stanca di me e mi scaccerete.
Margherita. E qual cosa può inspirarvi tanto interesse a mio riguardo?
Armando. Una irresistibile simpatia che sento per voi da due anni, dopo un giorno che vi ho veduta passarmi dinanzi bella, allegra e felice. Da quel giorno io non v’ho lasciata un solo istante, da quel giorno volli sapere il vostro nome, e come l’ombra del vostro corpo, ebbro di un amore che era la mia felicità, seguiva da lungi e nel silenzio le fasi tutte della vostra vita.
Margherita. E perchè aspettaste sino a questa sera a farmi una tale confessione?
Armando. Perchè?... perchè non vi conosceva.
Margherita. Bisognava cercare di conoscermi.
Armando. Non l’osava, perchè...
Margherita. Perchè?...
Armando. Debbo dirvelo, o signora? aveva paura di voi! aveva paura dell’influenza che avreste esercitata su me, su la mia intiera vita; e già l’ho provato, perchè al solo vedervi soffrire, ho sentito il mio cuore a spezzarmisi, ho creduto morire.
Margherita. Mi amavate dunque sì tanto?
Armando. Oh, signora, voi non giungerete giammai a comprendere la forza del mio amore... e non era questa sera che io avrei dovuto scegliere per palesarlo.
Margherita. Sarebbe stato meglio che ne aveste deposto del tutto il pensiero.
Armando. E perchè?
Margherita. Perchè da questa vostra ingenua confessione non ne potrebbero risultare che due conseguenze. O che io non vi credo, ed allora, se non è esagerazione la vostra, voi ne soffrireste troppo; o che vi credo, ed allora poi sareste obbligato a passare dei giorni tristi accanto ad una donna ammalata, bizzarra, allegra, se volete, ma d’una allegria che uccide più del dolore; d’una donna che spende centomila lire all’anno. Tutto questo è buono per un vecchio come il duca di Mauriac, che nel vedermi, nello stringermi la mano ravvisa la figlia sua, che sacrifica le sue sostanze per mantenermi in questo lusso che lo rovina: ma non per voi, Armando, per voi, che passate la vostra vita in mezzo ai balli, alle passeggiate, ai teatri, dove nobili dame, con un labbro forse più mendace del nostro, colla faccia coperta dai loro ventagli, vi ripeteranno parole d’amore. Or via, siamo ragionevoli, signor Duval, datemi la vostra mano, e rientriamo nella gran sala; a quest’ora forse già avranno sparlato della nostra assenza.
Armando. Rientriate, se lo volete, o signora, io non mi muoverò da questo luogo.
Margherita. E perchè?
Armando. Perchè la vostra gioia febbrile, perchè quel riso che appena sfiora le vostre labbra mi fa troppo male.
Margherita. (prendendogli la mano) Signor Duval, accettereste voi un mio consiglio?
Armando. Parlate.
Margherita. Se è vero quanto voi mi diceste, lasciate da questa sera Parigi e dimenticatemi, oppure, se realmente non lo potete, amatemi come un buon amico e nulla più; venite qualche volta a trovarmi; noi rideremo, parleremo; ma non figuratevi in me un tipo eccentrico, perchè, a dirvi la verità, valgo ben poca cosa. Voi avete un cuore nobile e franco, avete bisogno d’esser amato da una donna che abbia la forza di corrispondervi come voi meritate: voi vedete che io sono una buona fanciulla e che vi parlo sinceramente.
Armando. Margherita, e se io vi dicessi che ho passate delle intere notti sotto le vostre finestre! se io vi dicessi che da sei mesi conservo un bottone caduto dal vostro guanto?
Margherita. Non vi crederei.
Armando. Avete ragione, sono un originale; ridete di me, è quanto di meglio potete fare. Addio.
Margherita. Armando?
Armando. Mi richiamate?
Margherita. Non vorrei vedervi partire in collera.
Armando. In collera con voi! ma lo potrei io forse?
Margherita. Aspettate. Nelle vostre parole, nella vostra leale e nobile affezione v’è qualche cosa che mi obbliga a credervi; ebbene, eccovi la mia mano, signor Duval... tornate da me, e ne riparleremo.
Armando. La vostra mano? oh! è ben poca cosa, o Margherita, per quello che io vi chiedeva.
Margherita. Allora, se ciò non basta, dite quello che posso fare per voi, perchè omai sembra che abbiate dei diritti incontrastabili sopra di me.
Armando. Dei diritti io! io che non vi supplico che d’una sola grazia! io che non vorrei che una sola vostra risposta!
Margherita. E quale?
Armando. Margherita, volete voi essere amata, ma amata d’un amore il più profondo, reale, eterno?
Margherita. Eterno?
Armando. Sì, Margherita, sì.
Margherita. E se io vi rispondessi di sì, qual concetto prendereste di me?
Armando. Oh! io direi che voi siete un angelo!
Margherita. No, voi direste di me quello che tutti dicono. Ma poco importa; giacchè la vita è sì breve, bisogna bene che m’approfitti del poco tempo che mi resta. Ma tranquillatevi, per eterno che sia il vostro amore, e per breve che sia la mia vita, io sono certa, o Armando, che vi sopravviverò.
Armando. Oh Margherita!
Margherita. Ebbene, Armando, prendete questo fiore: è una camelia!
Armando. E che debbo farne?
Margherita. Voi me la riporterete.
Armando. Quando?
Margherita. Quando sarà appassita.
Armando. E quanto tempo vi vorrà perchè appassisca?
Margherita. Dio buono! voi lo sapete; il tempo che scorre dalla sera al mattino.
Armando. Oh, Margherita, quanto sono felice!
Margherita. Ora partite.
Armando. Io parto. Addio, Margherita, addio! (Le bacia un’ultima volta la mano ed esce. — Si sente a ridere nella sala).
Margherita. (si pone una mano al cuore) Il mio cuore! (va alla porta di mezzo e s’appoggia al muro guardando di fuori) Egli mi ama!
fine dell’atto primo