La scienza nuova seconda/Libro secondo/Sezione quinta/Capitolo quinto

Sezione quinta - Capitolo quinto - Corollario - Che la divina provvidenza è l'ordinatrice delle repubbliche

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Sezione quinta - Capitolo quinto - Corollario - Che la divina provvidenza è l'ordinatrice delle repubbliche
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[CAPITOLO QUINTO]

corollario

che la divina provvedenza è l’ordinatrice delle repubbliche
e nello stesso tempo del diritto natural delle genti

629Sopra questa generazion di repubbliche, scoverta nell’etá degli dèi — nella quale i governi erano stati teocratici, cioè governi divini, e poi uscirono ne’ primi governi umani, che furon gli eroici (che qui chiamiamo «umani» per distinguergli da’ divini), dentro a’ quali, come gran corrente di real fiume ritiene per lungo tratto in mare e l’impressione del corso e la dolcezza dell’acque, scorse l’etá degli dèi, perché dovette durar ancora quella maniera religiosa di pensare che gli dèi facessero tutto ciò che facevan essi uomini (onde de’ padri regnanti nello stato delle famiglie ne fecero Giove; de’ medesimi, chiusi in ordine nel nascere delle prime cittá, ne fecero Minerva; de’ lor ambasciadori mandati a’ sollevati clienti ne fecero Mercurio; e, come poco appresso vedremo, degli eroi corsali ne’ fecero finalmente Nettanno), — è da sommamente ammirare la provvedenza divina. La qual, intendendo gli uomini tutt’altro fare, ella portògli in prima a temer la divinitá (la cui religione è la prima fondamental base delle repubbliche); — indi dalla religione furon fermi nelle prime terre vacue, ch’essi primi di tutt’altri occuparono (la qual occupazione è ’l fonte di tutti i domini); e, gli piú robusti giganti avendole occupate nell’alture de’ monti, dove sorgono le fontane perenni, dispose che si ritruovassero in luoghi sani e forti di sito e con copia d’acqua, per poter ivi star fermi né piú divagare: che sono le tre qualitá che devon avere le terre per poi surgervi le cittá; — appresso, con la religione medesima, gli dispose ad unirsi con certe donne in perpetua compagnia di lor vita: che son i matrimoni, riconosciuti fonte di tutte le potestá; — dipoi, con [p. 301 modifica] queste donne si ritruovarono aver fondato le famiglie, che sono il seminario delle repubbliche; — finalmente, con l’aprirsi degli asili, si ritrovarono aver fondato le clientele, onde fussero apparecchiate le materie tali, che poi, per la prima legge agraria, nascessero le cittá sopra due comuni d’uomini che le componessero: uno di nobili che vi comandassero, altri di plebei ch’ubbidissero (che Telemaco, in una diceria appo Omero, chiama «altro popolo», cioè popolo soggetto, diverso dal popolo regnante, il qual si componeva d’eroi); ond’esce la materia della scienza politica, ch’altro non è che scienza di comandare e d’ubbidire nelle cittá. E, nel loro medesimo nascimento, fa nascere le repubbliche di forma aristocratica, in conformitá della selvaggia e ritirata natura di tai primi uomini; la qual forma tutta consiste, come pur i politici l’avvertiscono, in custodire i confini e gli ordini, acciocché le genti di fresco venute all’umanitá, anco per la forma de’ lor governi, seguitassero lungo tempo a stare dentro di essolor chiuse, per disavvezzarle dalla nefaria infame comunione dello stato bestiale e ferino. E, perché gli uomini erano di menti particolarissime che non potevano intendere ben comune, per lo che eran avvezzi a non impacciarsi nemmeno delle cose particolari d’altrui, siccome Omero il fa dire da Polifemo ad Ulisse (nel qual gigante Platone riconosce i padri di famiglia nello stato che chiamano «di natura», il quale fu innanzi a quello delle cittá), la provvedenza, con la stessa forma di tai governi, gli menò ad unirsi alle loro patrie, per conservarsi tanto grandi privati interessi quanto erano le loro monarchie famigliari (ch’era ciò ch’essi assolutamente intendevano); e sí, fuori d’ogni loro proposito, convennero in un bene universale civile, che si chiama «repubblica».

630Or qui, per quelle pruove divine ch’avvisammo sopra nel Metodo, si rifletta, col meditarvi sopra, alla semplicitá e naturalezza con che la provvedenza ordinò queste cose degli uomini, che, per falsi sensi, gli uomini dicevano con veritá che tutte facessero i dèi; — e vi si combini sopra l’immenso numero degli effetti civili, che tutti richiamerannosi a queste quattro [p. 302 modifica] loro cagioni, che, come per tutta quest’opera si osserverá, sono quasi quattro elementi di quest’universo civile: cioè religioni, matrimoni, asili e la prima legge agraria che sopra si è ragionata; — e poi, tra tutti i possibili umani, si vada in ricerca se tante, sí varie e diverse cose abbian in altra guisa potuto aver incominciamenti piú semplici e piú naturali tra quelli stessi uomini ch’Epicuro dice usciti dal caso e Zenone scoppiati dalla necessitá: ché né ’l caso gli divertí né ’l fato gli strascinò fuori di quest’ordine naturale. Ché, nel punto nel qual esse repubbliche dovevano nascere, giá si erano innanzi apparecchiate ed erano tutte preste le materie a ricever la forma; e n’uscí il formato delle repubbliche, composto di mente e di corpo. Le materie apparecchiate furono propie religioni, propie lingue, propie terre, propie nozze, propi nomi (ovvero genti o sieno case), propie armi, e quindi propi imperi, propi maestrati e per ultimo propie leggi; e, perché propi, perciò dello ’n tutto liberi, e, perché dello ’n tutto liberi, perciò costitutivi di vere repubbliche. E tutto ciò provenne perché tutte l’anzidette ragioni erano state innanzi propie de’ padri di famiglia, nello stato di natura monarchi; i quali, in questo punto, unendosi in ordine, andaron a generare la civil potestá sovrana, siccome, nello stato di natura, essi padri avevan avuto le potestá famigliari, innanzi non ad altri soggette che a Dio. Questa sovrana civil persona si formò di mente e di corpo. La mente fu un ordine di sappienti, quali in quella somma rozzezza e semplicitá esser per natura potevano, e ne restò eterna propietá che senza un ordine di sappienti gli Stati sembrano repubbliche in vista, ma sono corpi morti senz’anima: dall’altra parte il corpo, formato col capo ed altre minori membra. Onde alle repubbliche restonne quest’altra eterna propietá: ch’altri vi debban esercitare la mente negl’impieghi della sapienza civile, altri il corpo ne’ mestieri e nell’arti che deon servire cosí alla pace come alla guerra; con questa terza eterna propietá: che la mente sempre vi comandi e che ’l corpo v’abbia perpetuamente a servire.

631Ma ciò che dee recare piú maraviglia è che la provvedenza, come, trallo far nascere le famiglie (le quali tutte erano nate con [p. 303 modifica] qualche cognizione d’una divinitá, benché, per lor ignoranza e disordine, non conoscesse la vera ciascuna, con aver ciascuna propie religioni, lingue, terre, nozze, nomi, armi, governi e leggi), aveva fatto nello stesso tempo nascere il diritto naturale delle genti maggiori, con tutte l’anzidette propietá, da usar poi i padri di famiglia sopra i clienti; cosí, trallo far nascere le repubbliche, per mezzo di essa forma aristocratica con la qual nacquero, ella il diritto naturale delle genti maggiori (o sieno famiglie), che si era innanzi nello stato di natura osservato, fece passare in quello delle genti minori (o sia de’ popoli), da osservarsi nel tempo delle cittá. Perché i padri di famiglia, de’ quali tutte l’anzidette ragioni erano propie loro sopra i clienti, in tal punto, col chiudersi quelli in ordine naturale contro di questi, vennero essi a chiudere tutte l’anzidette propietá dentro i lor ordini civili contro le plebi; nello che consistette la forma aristocratica severissima delle repubbliche eroiche.

632In cotal guisa il diritto naturale delle genti, ch’ora tra i popoli e le nazioni vien celebrato, sul nascere delle repubbliche nacque propio delle civili sovrane potestá. Talché popolo o nazione, che non ha dentro una potestá sovrana civile fornita di tutte l’anzidette propietá, egli propiamente popolo o nazione non è, né può esercitar fuori contr’altri popoli o nazioni il diritto natural delle genti; ma, come la ragione, cosí l’esercizio ne avrá altro popolo o nazione superiore.

633Le quali cose qui ragionate, poste insieme con quello che si è sopra avvertito, che gli eroi delle prime cittá s’appellarono «dèi», dánno la spiegata significazione di quel motto, con cui «iura a diis posita» sono state dette le ordinazioni del diritto natural delle genti. Ma, succeduto poi il diritto naturale delle genti umane ch’Ulpiano piú volte sopra ci ha detto, sopra il quale i filosofi e i morali teologi s’alzarono ad intendere il diritto naturale della ragion eterna tutta spiegata, tal motto passò acconciamente a significare il diritto naturale delle genti ordinato dal vero Dio.