La scienza nuova seconda/Libro secondo/Sezione quinta/Capitolo quarto
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[CAPITOLO QUARTO]
dell’origine de’ comizi romani
624Per le quali cose cosí meditate la βουλή e l’ἀγορά, che sono le due ragunanze eroiche ch’Omero narra e noi sopra abbiam osservato, dovetter essere tra’ romani le ragunanze curiate, le quali si leggono le piú antiche sotto gli re, e le ragunanze tribute. Le prime furono dette «curiate» da «quir», «asta», il cui obbliquo è «quiris», che poi restò retto, conforme ne abbiamo ragionato nell’Origini della lingua latina, siccome da χείρ, «la mano», ch’appo tutte le nazioni significò «potestá», dovette a’ greci dapprima venir detta κυρία, nello stesso sentimento nel qual è appresso i latini «curia». Onde vennero i cureti, ch’erano i sacerdoti armati d’aste, perché tutti i popoli eroici furon di sacerdoti, e i soli eroi avevan il diritto dell’armi; i quali cureti, coin’abbiamo sopra veduto, i greci osservarono in Saturnia (o sia antica Italia), in Creta ed in Asia. E κυρία, in tal antico significato, dovette intendersi per «signoria »; come «signorie» ora pur si dicono le repubbliche aristocratiche: da’ quali senati eroici si disse κῦρος l’«autoritá»; ma, come sopra abbiam osservato e piú appresso n’osserveremo, «autoritá di dominio»; dalle qual’origini poi restarono κύριος e κυρία per «signore» e «signora». E, come da κείρ i «cureti» da’ greci, cosí sopra vedemmo da «quir» essere stati detti i «quiriti» romani; che fu il titolo della romana maestá, che si dava al popolo in pubblica ragunanza, come si è accennato pur sopra, dove osservammo de’ Galli e degli antichi Germani, combinati con quel de’ cureti che dicevano i greci, che tutti i primi popoli barbari tennero le pubbliche ragunanze sotto dell’armi.
625Quindi cotal maestoso titolo dovette incominciare da quando il popolo era di soli nobili, i quali soli avevano il diritto dell’armi; e che poi passò al popolo composto ancor di plebei, divenuta Roma repubblica popolare. Perché della plebe, la qual non ebbe dapprima cotal diritto, le ragunanze furon dette «tribute» da «tribus», «la tribú»; ed appo i romani, siccome nello stato delle famiglie esse «famiglie» furon dette da’ «famoli », cosí in quello poi delle cittá le tribú, intesesi de’ plebei, i quali vi si ragunavano per ricevere gli ordini dal regnante senato; tra’ quali, perché fu principale e piú frequente quello di dover i plebei contribuir all’erario, dalla voce «tribú» venne detto «tributum».
626Ma, poi che Fabio Massimo introdusse il censo, che distingueva tutto il popolo romano in tre classi secondo i patrimoni de’ cittadini — perché, innanzi, i soli senatori erano stati cavalieri, perché i soli nobili a’ tempi eroici avevano il diritto dell’armeggiare, [e] perciò la repubblica romana antica sopra essa storia si legge divisa tra «patres» e «plebem»; talché tanto aveva innanzi significato «senatore» quanto «patrizio», ed all’incontro tanto «plebeo» quanto «ignobile»: quindi, siccom’erano innanzi state due sole classi del popolo romano antico, cosí erano state due sole sorte di ragunanze: una, la curiata, di padri o nobili o senatori; l’altra, tributa, di plebei ovvero d’ignobili; — ma, poi che Fabio ripartí i cittadini, secondo le loro facultá, per tre classi, di senatori, cavalieri e plebei, essi nobili non fecero piú ordine nella cittá, e secondo le loro facultá si allogavano per sí fatte tre classi. Dal qual tempo in poi si vennero a distinguere «patrizio» da «senatore » e da «cavaliere», e «plebeo» da «ignobile»; e «plebeo» non piú s’oppose a «patrizio», ma a «cavaliere» e «senatore»; né «plebeo» significò «ignobile», ma «cittadino di picciolo patrimonio», quantunque nobile egli si fesse; ed al contrario «senatore» non piú significò «patrizio», ma «cittadino d’amplissimo patrimonio», quantunque si fusse ignobile.
627Per tutto ciò indi in poi si dissero «comitia centuriata» le ragunanze nelle quali per tutte e tre le classi conveniva tutto il popolo romano, per comandare, tra l’altre pubbliche faccende, le leggi consolari; e ne restarono dette «comitia tributa» quelle dove la plebe sola comandava le leggi tribunizie, che furon i plebisciti, innanzi detti in sentimento nel quale Cicerone gli direbbe «plebi nota», cioè «leggi pubblicate alla plebe» (una delle quali era stata quella di Giunio Bruto, che narra Pomponio, con cui Bruto pubblicò alla plebe gli re eternalmente discacciati da Roma); siccome nelle monarchie s’arebbon a dire «populo nota», con somigliante propietá, le leggi reali. Di che, quanto poco erudito tanto assai acuto, Baldo si maraviglia esserci stata lasciata scritta la voce «plebiscitum» con una «s», perché, nel sentimento di «legge ch’aveva comandato la plebe», dovrebbe essere stato scritto con due: «plebisscitum», venendo egli da «sciscor» e non da «scio».
628Finalmente, per la certezza delle divine cerimonie, restaron dette «comitia curiata» le ragunanze de’ soli capi delle curie, ove si trattava di cose sagre. Perché ne’ tempi di essi re si guardavano con aspetto di sagre tutte le cose profane, e gli eroi erano dappertutto cureti ovvero sacerdoti, come sopra si è detto, armati; onde infin agli ultimi tempi romani, essendo rimasta con aspetto di cosa sagra la paterna potestá (le cui ragioni nelle leggi spesso «sacra patria» son dette): per tal cagione in tali ragunanze con le leggi curiate si celebravano l’arrogazioni.