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Conserve

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CONSERVE


Le conserve e le gelatine di frutta fanno molto comodo nelle famiglie, perchè entrano spesso nella composizione dei piatti dolci, sono gustate dalle signore alla fine di una colazione e, spalmate sul pane, sono un ottimo spuntino, nutriente e salubre, pei bambini.


542. - Conserva di pomodoro senza sale

Se questo prezioso frutto della famiglia delle solanacee (Solarium Lycopersicum), originario dell’America meridionale, fosse più raro, costerebbe quanto e più dei tartufi. Il suo sugo si marita con tante vivande e fa ad esse così ottima compagnia, che merita conto di spendere qualche fatica per ottenere una buona conserva. Molti sono i metodi per farla ed ognuno dà la preferenza al suo: io vi descriverò quello da me adottato e che seguo da molti anni perchè me ne trovo bene.

Prendete pomodori di campo, perchè quelli d’orto sono più acquosi, e preferite i piccoli ai grandi. [p. 419 modifica] Stiacciateli così all’ingrosso e metteteli al fuoco di legna in una caldaia di rame non stagnata e non abbiate paura perchè l’acido non attacca il rame se non quando è fuori del fuoco e perde il calore dell’ebollizione. Se non fosse così, io avrei sentito i sintomi del veleno almeno un centinaio di volte. Quando saranno cotti disfatti versateli in un sacco a spina ben fitto tenuto sospeso e gettata che abbiano l’acqua passateli per istaccio onde nettarli dai semi e dalle buccie strizzandoli bene.

Lavate con accuratezza la caldaia e rimetteteli al fuoco per restringerli quanto basta, e per conoscere poi il punto preciso della consistenza che deve avere la conserva (e qui sta la difficoltà) versatene qualche goccia in un piatto e se vedrete che non iscorre e non presenta sierosità acquosa all’intorno, vorrà dire che codesto è il punto giusto della cottura.

Allora imbottigliatela e anche qui avrete un’altra prova della sua sufficiente densità, se la vedrete scendere con difficoltà per l’imbuto.

Le bottiglie preferitele piccole per consumarle presto; ma possono star manomesse anche 12 o 13 giorni senza che la conserva ne soffra. Io mi servo di quelle bianche che vengono in commercio coll’acqua di Recoaro e in mancanza di queste, di mezze bottiglie nere da birra. Turatele con tappi di sughero messi a mano, ma che sigillano bene e legateli con ispago, avvertendo di lasciare un po’ d’aria fra il tappo e il liquido. Qui l’operazione sembrerebbe finita, ma c’è un’appendice la quale benchè breve è pur necessaria. Collocate le dette bottiglie in una caldaia framezzo a fieno, a cenci o ad altre cose simili, onde stieno strette fra loro, e versate nella caldaia tanta acqua che arrivi fino al collo delle bottiglie e fatele fuoco sotto. State osservando che presto il tappo delle bottiglie darà cenno [p. 420 modifica] di alzare e di schizzar via se non fosse legato e allora cessate il fuoco che l’operazione è davvero finita. Levate le bottiglie quando l’acqua è diaccia o anche prima, ripigiate con un dito i tappi smossi per rimetterli al posto e conservate le bottiglie in cantina. Non hanno bisogno di essere incatramate perchè se la conserva è fatta bene non fermenta; ma se fermentasse e le bottiglie scoppiassero dite pure che vi è rimasta tropp’acqua per poca cottura.

Ho sentito dire che mettendo a riscaldare le bottiglie vuote entro a una stufa e riempiendole quando sono ben calde, non occorre far bollire la conserva nelle bottiglie; ma questa prova io non l’ho fatta.

Vi raccomando molto la conserva di pomodori fatta in questa maniera, perchè vi sarà di gran vantaggio nella cucina; però meglio di questo è il sistema detto preparazione nel vuoto, mediante il quale si conservano freschi ed interi i pomodori in vasi di latta. A quest’industria, che dà saggio di buona riuscita in Forlì, ove è già iniziata, auguro prospera sorte.


543. - Conserva di albicocche

Se la conserva di susino è la peggiore di tutte, questa è invece una delle più gentili e però incontra il gusto generale.

Prendete albicocche ben mature e di buona qualità, essendo un errore il credere che con frutta scadente si possa ottenere lo stesso effetto; levate loro il nocciolo, mettetele al fuoco senz’acqua e mentre bollono disfatele col mestolo per ridurle a poltiglia. Quando avranno bollito mezz’ora circa, passatele dallo staccio onde nettarle dalle buccio e dai filamenti; poi rimettetele al fuoco con zucchero bianco fine e in polvere nella proporzione di otto decimi, e cioè grammi 800 [p. 421 modifica] di zucchero per ogni chilogrammo di albicocche passate. Rimovetele spesso col mestolo fino alla consistenza di conserva, la quale si conosce versandone di quando in quando una cucchiaiatina in un piatto, sul quale dovrà scorrere lentamente.

Versatela calda nei vasi e quando sarà diaccia copritela con carta velina inzuppala nello spirito, aderente alla conserva, e turate la bocca del vaso con carta grossa legata con lo spago all’intorno.

La conserva di pesche si fa nella stessa maniera con pesche burrone ben mature.

Se dopo un certo tempo le conserve vi fanno la muffa, sarà indizio certo di poca cottura; allora riparate col rimetterle al fuoco. Io le invecchio talvolta fino a 4 o 5 anni senza che perdino, o ben poco, di perfezione.


544. - Conserve di ribes e di lampone

Per la fermentazione di questi frutti regolatevi come nelle ricette dei siroppi N. 534 e 536. Poi metteteli al fuoco e quando avranno bollito mezz’ora, passateli dallo staccio ben caldi e strizzate i semi per estrarre tutto il succo possibile.

Pesate il succo passato e rimettetelo al fuoco con altrettanto zucchero bianco in polvere, facendolo bollire fino a cottura di conserva che conoscerete nel modo sopra descritto.

La conserva di lampone, messa in poca quantità, a me sembra che si presti più d’ogni altra per ripieno ai pasticcini di pasta sfoglia.


545. - Gelatina di cotogne

Prendete cotogne di buccia gialla, che sono più mature delle verdi, tagliatele a fette grosse mezzo dito, escludendo il torsolo. [p. 422 modifica]Ponetele al fuoco coperte d’acqua e, senza toccarle mai col mestolo, fatele bollire coperte finchè non sieno ben cotte. Versatele allora in uno staccio fìtto fìtto sopra una catinella per raccogliere tutta l’acqua senza strizzarle. Pesate codest’acqua e rimettetela al fuoco con altrettanto zucchero bianco fine e fatela bollire a cazzaruola scoperta, nettandola dalla schiuma, fino al condensamento il che si conosce dalla piccola perla che comincia a fare lo zucchero oppure, versatane qualche goccia sur un piatto, non iscorra di troppo.

Con le cotogne rimaste potete fare una conserva come quella del N. 548, cioè con altrettanto zucchero quanto saranno di peso dopo averle passate; ma vi prevengo che riesce meno saporita.

Le gelatine di frutta stanno bene nei vasetti di vetro ove apparisce meglio il loro colore come questa per esempio, che prende un bel colore di granato.


546. - Gelatina di ribes

Come si disse parlando del siroppo di ribes al N. 536 questo frutto contenendo molto glutine, se ne spremete il sugo da un canovaccio e lo mettete al fuoco senza farlo fermentare con 80 parti di zucchero bianco fine per ogni 100 di sugo, ne otterrete, senza troppo farlo bollire, la condensazione in forma di gelatina la quale, conservata in vasi come le conserve, si presta a guarnir piatti dolci ed è nutrimento leggero e sano per i convalescenti.


547. - Conserva di cotogne soda

Le mamme provvide dovrebbero far buon conto delle conserve di frutta non foss’altro per appagar qualche [p. 423 modifica]volta la golosità dei loro bambini, spalmandole sopra fette di pane.

Alcuni suggeriscono di mettere le cotogne al fuoco colla buccia onde conservino più fraganza; ma non mi sembra cosa necessaria perchè dell’odore questo frutto ne dà ad esuberanza e poi ci si risparmia l’incomodo di passarle.

Mele cotogne, nette dalla buccia e dal torsolo, gr. 800.
Zucchero bianco fine, grammi 500.

Sciogliete lo zucchero al fuoco con mezzo bicchiere d’acqua, fatelo bollire un poco e lasciatelo da parte.

Tagliate le mele cotogne a sottilissime fette e mettetele al fuoco con un bicchiere d’acqua in una cazzaruola di rame. Tenetele coperte, ma rimestatele spesso cercando di tritarle e schiacciarle col mestolo. Quando saranno divenute tenere per cottura, versate il già preparato siroppo di zucchero, mescolate spesso e lasciate bollire a cazzaruola scoperta finchè la conserva sia fatta, il che si conosce quando comincia a cadere a stracci presa su col mestolo.


548. - Conserva di cotogne liquida

Fatta nella seguente maniera si può conservar liquida per distenderla sul pane.

Tagliate le cotogne a spicchi, levate la parte dura del torsolo, lasciate loro la buccia e dopo averle pesate mettetele al fuoco coperte d’acqua.

Quando saranno ben cotte passatele e rimettetele al fuoco con l’acqua ove hanno bollito e tanto zucchero bianco in polvere quanto era il loro peso da crude, aspettando di versarlo quando sono in bollore. Rimestate spesso e allorchè, versatane qualche gocciola in

un piatto, non la vedrete scorrer troppo, levatela. [p. 424 modifica]

549. - Conserva di aranci

Aranci, N. 12.
Un limone di giardino.
Zucchero bianco fine quanto è il peso degli aranci.
Acqua, metà del peso degli aranci.
Rhum genuino, quattro cucchiaiate.

Con le punte di una forchetta bucate tutta la scorza degli aranci, poi teneteli in molle per tre giorni cambiando l’acqua sera e mattina. Il quarto giorno tagliateli a metà ed ogni metà a filetti grossi mezzo centimetro circa, gettandone via i semi. Pesateli allora, e sopra questo peso regolatevi per lo zucchero e per l’acqua nelle proporzioni indicate.

Metteteli al fuoco da prima colla sola acqua e dopo dieci minuti di bollitura aggiungete il limone tagliato come gli aranci. Subito dopo versate lo zucchero e rimestate continuamente finchè il liquido non avrà ripreso il forte bollore, perchè altrimenti lo zucchero precipita al fondo e potrebbe attaccarsi alla cazzaruola.

Per cogliere il punto della cottura, versatene a quando a quando qualche goccia sur un piatto, soffiateci sopra e se stenta a scorrere levatela subito. Aspettate che sia tiepida per aggiungere il rhum, e versatela nei vasi per custodirla come tutte le altre conserve di frutta, avvertendovi che questa ha il merito di possedere una virtù stomatica.

Del limone si può fare anche a meno.