La rivoluzione di Napoli nel 1848/53. Conchiusione
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53. Re Ferdinando!
Io mi do la pena di volgervi le ultime parole di queste memorie non per voi, non per me, ma per quella causa di giustizia che è il patrimonio morale di tutti i popoli, per quella carità che è il fondo della religione di tutti i cuori. Il mio nome debbe esservi bene odioso, perchè io ho osato dirvi delle verità crudeli, e trovarvi principe spergiuro anche quando moltissimi vi proclamavano uomo ed eroe. Obliate il mio nome, obliate la mia attuale posizione politica, nè l’uno nè l’altra influiscono ad attenuare il peso di queste linee. Io non ho scritto per astio, non per vendetta, ma per convinzione profonda e per ver dire. — Imprigionato nei vostri castelli come Luigi XI, perseguitato dalla paura, tenagliato da rabbia impotente, la voce della verità non può giungere fino a voi o vi giunge pallida ed estinta come la luce agli occhi di chi muore. Voi non potrete udire il grido incessante di maledizione che i cuori generosi dei due emisferi spandono sul vostro capo; voi non potrete sapere il lusso di esecrazione che il vostro nome solleva. Nell’universo non vi ha niente di più enorme, niente di più terribile dei nomi di Ferdinando di Napoli, Radetzky e Haynau, trinità di sangue e di abbiezione che ha fatto impallidire fin la memoria di Filippo II e del duca d’Alba, fin quella del Valentino e di Alì Tebelen. Gli uomini che tengono le chiavi della vostra anima e delle vostre orecchie non vi fanno pervenire queste verità desolanti, o ve le fanno pervenire come l’espressione di un partito, e l’orgia della stampa. Disingannatevi. Educato da preti e da birri, respirando in un aere dove la corruzione dei vecchi principii vi snerva e vi avvelena incessantemente, straniero al mondo ed alla vita, voi conoscete assai male il cammino infinito che l’umanità ha percorso. Le tradizioni di Luigi XIV sono sempre per voi codice e vangelo. Per voi il popolo non esiste altrimenti che per pagare balzelli e servire di bersaglio alle mitraglie. Il popolo non è per voi il rappresentante di Dio sulla terra, onnipotente ed immortale come lui; ma con le galere e con la mannaia credete poterlo cancellare, ed annullare quel sostrato eterno in cui la forza e la vita permangono, sopravvivono a tutti i cataclismi ed imperano. Per il filosofo ed il pubblicista la sua legge è il progresso, la sua voce l’opinione pubblica: per voi la sua voce è un atto di ribellione, la sua legge un nonsenso o un delitto. E perciò, voi pigmeo, voi avete gittato il guanto a quest’essere invulnerabile e lo avete sfidato ad un combattimento impossibile. Lo spirito umano da tutti i lati grida riforme, e voi come Gregorio XVI rispondete: riforme giammai. L’opinione pubblica v’impone tolleranza e grazia; e voi come Richelieu rispondete: point de grace! Il popolo domanda lavoro, pane, istruzione e libertà; e voi gl’inviate polizia, preti e bombe. Ebbene! proseguite, proseguite dunque, divorate il resto della vostra esistenza, consumate sino all’ultima bricciola il banchetto della misericordia del popolo e di Dio. La guerra sarà guerra a tutta oltranza. E ricordatevi bene, o re, che la mia voce è la voce di quell’Italia giovane, illuminata e magnanima che decretò la sua indipendenza, combattette nei piani lombardi, e fondò la repubblica romana: di quella Italia che difese Venezia e pugnò a Messina, e che adesso calma e rassegnata attende e confida nell’avvenire. Un anno, o re, un anno ha compendiati per noi sessanta secoli di storie. E credete voi che questa storia si sia rappresentata in mezzo a noi senza lasciare niuna istruzione e moralità? No. Il popolo ha compreso che il suo gran giorno è arrivato; e che due principii sono adesso di fronte, il privilegio ed il dritto, la legge e l’arbitrio, la forca ed il vangelo. Quale dei due credete voi che debba all’altro sbarazzare il cammino? Interrogate la storia e decidete. Interrogate la storia che se adula qualche volta non adula sempre; e severa ed inflessibile vi rammenterà l’esilio di Magnus Smeck, di Giacomo II, di Carlo X, di Napoleone e di Luigi Filippo; la prigionia di Cristiano II, di Eduardo II, di Riccardo II; ed il palco di Carlo I e di Luigi XVI. Interrogate l’istoria la quale non ha privilegi a difendere, interessi privati a custodire, pensioni a dimandarvi, non mica i cortigiani che vi danno la vertigine, esasperano la vostra sete d’imperio, sureccitano la vostra lussuria di crudeltà, v’inviluppano nel fatidico drappo del dritto divino lacerato da tante rivoluzioni e v’innalzano agli onori di un semidio anche dopo la vostra fuga favolosa dalla campagna romana. Consultate la stampa libera di tutta l’Europa la quale ogni dì gitta al cospetto di Dio un atto di accusa sul vostro capo, e di una voce solenne vi rammenta che la vostra giornata è finita, che voi siete incompatibile col secolo, che il volervi seppellire nei delitti del principato è un eroismo da commedia, uno sforzo da funambolo. Siete abborrito, siete detestato; contentatevi e cercate di sfuggire al ridicolo. Questa memoria avvelenerebbe la vostra gloria da Erostrato. Voi ridete? voi ridete perchè oggi tutto sembra secondarvi; perchè avete sotto le bandiere centomila croati; perchè tutta l’Europa si leva in armi come ai bei giorni di Napoleone; perchè tutte le ignobili passioni si sono collegate per far la guerra al diritto, alla giustizia, alla virtù; perchè l’orso del nord ha gittato nella coppa la spada del cosacco. Ebbene, attendete dunque, attendete qualche mese ancora e che il vostro desiderio sia fatto. Ma siete voi sicuro della fossile rassegnazione del popolo russo? dell’indolenza alemanna? della reazione francese? dell’indecisione inglese? siete voi sicuro che i vostri soldati non apriranno giammai gli occhi? che noi non faremo più rivoluzioni? che voi avete ancora un partito e potete fidarvene? che l’opinione pubblica delle nazioni libere del globo, l’opinione che ascende, ascende ed ingrossa a guisa di oceanica marea, non trascinerà infine i governi a farvi sentire la terribile parola dell’angelo ad Adamo: uscite? Siete voi sicuro che quella opinione pubblica che trascinò Luigi XVI a difendere l’America, Napoleone all’atto addizionale, gli stati uniti alla costituzione federale, l’Inghilterra alla riforma radicale ed ha estinta la gelosia dei francesi e degl’inglesi fino nei prodotti delle manifatture; siete voi sicuro che quella stessa opinione non ingiungerà fra non guari ai governi di queste nazioni, per mettere termine alle rivolte, di proclamare la solidarità, l’indipendenza e l’unità dei popoli? Aspettate dunque, e poichè avete veduto il principato sfasciarsi da tutti i lati e su tutta la faccia del globo nel diritto, vedetelo polverizzato nel fatto, se avrete ancora la fortuna di vederlo. Ma fino allora, ed è questo l’oggetto per cui scrivo queste linee, fino a quel giorno non fomentate il tesoro dell’odio del popolo. Con i vostri delirii di sangue non fate che precipitare la vostra ruina, come il peso ed il declivio aumentano la discesa dei gravi. Voi colpite degli uomini, ma l’idea resterà sempre intatta, sempre presente, ed in piedi, perchè l’è il verbo incarnato della novella legge, è la grande sillaba scritta da Dio sulla fronte dell’umanità; e sillaba di Dio non si cancella. Voi passate come il Simoun; ma la vostra opera è inutile. Allontanate perciò da voi quegli uomini abbominevoli che vi hanno fatto siepe intorno al core ed attizzano le vostre voglie di sangue: allontanate quei sacerdoti che, ispirandosi nelle fogne di Portici, nel nome di Cristo vi consigliano atti atroci e spergiuri. Aprite le prigioni nelle quali agonizzano quarantasettemila sventurati, colpevoli solo di avervi creduto onesto uomo, e di avervi acclamato il giorno 29 gennaio. Togliete l’interdetto alla stampa: risuscitate le guardie nazionali: rinviate a casa loro quei pretoriani che furono gli eroi del 15 maggio e di Velletri: imponete silenzio ad una corte e ad una polizia svergognate, le quali vi parlano senza posa di cospirazioni, perchè i cospiratori sono fuori la portata delle vostre forze: i cospiratori sono la religione di Cristo non adulterata dai papi, i tempi maturi, la civiltà, l’Europa tutta, e tutta la nazione che non si ispira alla morale del budget. Fate scomparire persino le tracce dell’iniquo processo che il servidorame di corte ordisce contro il paese intero e che vi colloca in faccia all’Europa come un ridicolo Serse, come un pazzo che vuole spopolare dei suoi abitanti il mezzodì dell’Italia per impiantarvi i croati. In una parola, considerate che l’avvenire non è dei re; e se volete conservare per qualche giorno ancora nella vostra prosapia una corona fatale, e far che un giorno non vi cada dal capo, fino a che non la riprenderemo, rimettetela sulla testa di vostro figlio, ed andate a piangere in un chiostro le vostre peccata, in un chiostro in cui la traccia del vostro nome e di voi possa essere seppellita per sempre. Io finisco perchè so d’inutilmente favellare, perchè so che Iddio, per farvi espiare il sangue di cui avete allagata la sacra terra d’Italia, vi ha chiuso il cuore come in un’arca di piombo ad ogni ispirazione umana e gentile. Continuate dunque. La vostra missione è di soffogare qualunque nobile sentimento, sradicare qualunque virtù, comprimere ogni entusiasmo; la vostra missione è contro lo Spirito. Continuate dunque, ma ricordatevi, un giorno, che Gesù Cristo aveva detto che qualsiasi peccato e qualsiasi bestemmia sarebbe stata perdonata, eccetto quella contro lo spirito; e che i popoli sono meno misericordiosi di Dio. Noi protestiamo per l’avvenire; noi protestiamo per tutti i nostri compatriotti cui avete sbarrata la bocca e che tenete come in una prigione senza uscita: noi protestiamo contro tutti gli atti del vostro governo che è un delitto in permanenza; una violazione incarnata di ogni legge e di ogni diritto; contro qualunque sentenza dei vostri consigli di confidenza, che per ischerno chiamate tribunali: noi protestiamo infine contro gl’intempestivi slanci di generosità di quei sguaiati sentimentali che ricordano ancora con parole di sdegno l’atto di giustizia del Rossi, e non trovano neppure una sillaba di biasimo per qualificare i vostri assassinii, o re, e quelli dei vostri collaboratori Radetzky ed Haynau. Che la posterità e Dio siano giudici fra noi: il dado è gittato. —
FINE.