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il progresso, la sua voce l’opinione pubblica: per voi la sua voce è un atto di ribellione, la sua legge un nonsenso o un delitto. E perciò, voi pigmeo, voi avete gittato il guanto a quest’essere invulnerabile e lo avete sfidato ad un combattimento impossibile. Lo spirito umano da tutti i lati grida riforme, e voi come Gregorio XVI rispondete: riforme giammai. L’opinione pubblica v’impone tolleranza e grazia; e voi come Richelieu rispondete: point de grace! Il popolo domanda lavoro, pane, istruzione e libertà; e voi gl’inviate polizia, preti e bombe. Ebbene! proseguite, proseguite dunque, divorate il resto della vostra esistenza, consumate sino all’ultima bricciola il banchetto della misericordia del popolo e di Dio. La guerra sarà guerra a tutta oltranza. E ricordatevi bene, o re, che la mia voce è la voce di quell’Italia giovane, illuminata e magnanima che decretò la sua indipendenza, combattette nei piani lombardi, e fondò la repubblica romana: di quella Italia che difese Venezia e pugnò a Messina, e che adesso calma e rassegnata attende e confida nell’avvenire. Un anno, o re, un anno ha compendiati per noi sessanta secoli di storie. E credete voi che questa storia si sia rappresentata in mezzo a noi senza lasciare niuna istruzione e moralità? No. Il popolo ha compreso che il suo gran giorno è arrivato; e che due principii sono adesso di fronte, il privilegio ed il dritto, la legge e l’arbitrio, la forca ed il vangelo. Quale dei due credete voi che debba all’altro sbarazzare il cammino? Interrogate la storia e decidete. Interrogate la storia che se adula qualche volta non adula sempre; e severa ed inflessibile vi rammenterà l’esilio di Magnus Smeck,