La palermitana/Libro primo/Canto XX

Libro primo - Canto XX

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[p. 87 modifica] CANTO XX

Figura della verga d’Aron e della pietra di Samuel.
Il salmo xxxxuil recitato per David.
— Quel d’Israèl conforto, mastro e guida,
che in quell’ardente rubo e non consunto
parlò con Mòse, in cui sua legge annida.
e che d’Egitto il popol trasse al punto
per darlo a lui, poi far quell’ardue imprese,
che ormai figura il gran mister raggiunto.
verrá tosto, verrá, le antiche offese
obliando, a sprigionarci dall’Egitto
di questo inferno e trarne al suo paese! —
Questi bei detti il mio d’amor trafitto
caro Palermo in voce bassa diede
a quei che via piú in mente l’han che in scritto.
Tosto che Mòse ond’era surto siede
col suo canuto aspetto altèro e grave.
Aron il frate leva il corpo in piede.
Il bacol suo ver’noi tien alto, c’have
egli di foglie e frutti carco in mano,
e in queste rime a noi cantò soave:
— Se un’asticciuola secca fuor d’umano
e naturai commercio inverde e infiora
e in poco tempo fuor n’appare il grano,
altro chi può pensarlo e dirlo fuora,
che sotto un cosi raro e nobil mostro
alto soggetto e gran mister dimora?
Però, popol di Dio, che in questo chiostro
ascolti dello spirto il don futuro
sotto il velo e tenor del canto nostro,
e che intendi giammai che cosa è muro
col suo antemural di sensi pregno,
e ciò che per figura a’ duri è duro.

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anco di questo nobil ramo al segno
porgi l’orecchia e alla medolla il core,
se con buon’opre sei di grazia degno.
Come quest’alma verga, senza umore,
35senza scorza e radice giá piú mesi,
verde trovai fra I’altre, e il frutto e il fiore;
cosi il Fattor del lutto, pria che accesi
fosser del ciel creato i primi lumi,
non che del mondo i cardini e paesi,
40si elesse in mente fuor di spini e dumi
un’altra verga verginella e santa,
che, accesa d’alto, l’universo allumi.
Questa si è l’alta Donna, in cui s’ammanta
d’umana carne il divin Lume eterno,
45come qui l’almo e ardente spirto canta.
Èva seconda vien, che dell’interno
suo ventre verginal fuor manda il Forte,
che schiacci il capo al mostro dell’inferno.
Cosi fur d’Aròn le parole accorte.
50Poi Samuel della sua pietra disse
e di duo re la tramutata sorte:
la pietra, dico, dell’aiuto fisse
tra legge e grazia in bel concerto, e Luna
privò del regno, e all’altra quello affisse.
55David, intanto, che i gran sensi aduna
del vecchiarei, che per figura l’unse
del sempiterno Re, non per fortuna,
levossi dritto, e poi se ne compunse;
ma in terra le ginocchia e in cielo il viso,
óo e queste note all’aurea cetra aggiunse:
— Or che al pianto giammai succede il riso
partorisci, cor mio, quant’hai concetto
del Re, c’ha un gran tiranno in me conquiso
E tu, mia lingua, mentre all’alto obbietto
65poggiar t’accingi, or via non men veloce
d’un pronto scriba muovi il tuo stiletto!

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Piú molto assai degli uomini c’han voce
e vanto di bellezza, o Re, sei bello
per la tua sparsa grazia che mi cuoce.
70Diffusa, oh quanto! è grazia e laude in quello
tuo dir soave, donde amor trabocca,
non ch’esca solo, e Dio si dolce fèllo!
Cingiti, o Cavalier, ché a te pur tocca,
il brando di giustizia, e cosi armato
75discendi a noi di tua celeste ròcca!
Tu, delle tue virtú corroborato,
combatti e vinci, o Re, trionfa e regna,
ché per la man tua destra avrai lo stato!
L’arco tuo sodo e la faretra, pregna
So delle saette acute, i cuori affiga
di quanti van sotto l’avversa insegna!
Ogni armato elefante, ogni quadriga,
ogni popol superbo sottogiaccia
al seggio tuo, che i reprobi castiga;
85al seggio tuo regai che muove e abbraccia
eternamente il tutto; al seggio, il quale
i giusti a sé riceve, i pravi caccia:
al seggio proprio tuo, tuo naturale,
eh’è amar giustizia e in odio aver gli oltraggi,
90remunerar il ben, punire il male!
Però fra’ tuoi consorti onesti e saggi
te, Dio Figliuol, Dio Padre con l’unguento
dell’alta gloria t’unse in mille gaggi.
Di mirra ed altri odori l’opulento
95tuo regai manto a noi soave spira,
quand’esci il tuo d’avorio alloggiamento;
ove la tua Regina, d’una mira
beltade adorna e ricamati panni,
stando alla destra tua, per te sospira.
100Mentre vi amate in gaudio e senz’affanni,
le regai figlie onor vi fanno intorno,
or dritte or basse negli aurati scanni.

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Odi tu dunque, o Figlia, c’hai soggiorno
sempre alla destra dell’amato Sposo,
105ch’averlo puoi la notte, averlo il giorno:
ripensa e ascolta bene, e fa’ ritroso
ogni pensier dal tuo paterno tetto,
ch’altr’hai dal Re piacer, altro riposo.
Egli ama il tuo venusto e grave aspetto;
io egli è sol tuo Signor, egli è tuo Dio,
che adorerai con caro e dolce affetto.
Le figlie, ecco, di Tiro a te con pio
priego vengon vedere il tuo bel volto,
acciò che il Re non abbiale in oblio.
115Piú d’un popol remoto giá raccolto
vien via con ricchi doni a’ piedi suoi,
fatto sincero e d’ombre in tutto sciolto.
La tua beltá, Regina, e i fregi tuoi,
piú che di fuor, hai dentro, e con gli esterni
120gl’interni ornati ottenebrar non puoi.
Oh te beata, quando ti discerni
fra le cognate vergini salire
si ornata in gli occhi al Re de’beni eterni!
Chi l’allegrezza mai potria ben dire,
125quando introdotte all’ampia corte siete
tra l’uman voci e le celesti lire?
Di questi alberghi santi e stanze liete
figliuoli avrai, Regina, in ricompenso
de’ tuoi lasciati padri e stanze viete:
130figliuoli avrai, che sol d’un Padre immenso
uasciuti re, degli universi regni
corranno i lor tributi e regai censo.
Oh, dunque, i versi miei sian, prego, degni
dir lode a quelle vostre altezze eterne;
135che, udendoli per me, gli umani ingegni
le lodin meco, e possan meco averne! —