La miseria di Napoli/Parte IV - Ancora dei Rimedii/Capitolo I. Leggi europee

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CAPITOLO PRIMO.

Leggi europee.


I medici di mali fisici, una volta fatta la diagnosi, ne cercano i rimedii nell’esperienza altrui e nei proprii studii su questa esperienza.

Nè altrimenti devesi procedere per i mali morali e sociali. L’Italia finora non riconosce la necessità che o Stato o Provincia o Comune abbia il dovere di tutelare i poveri, e oggi si può dire che lo stato del povero in Italia è miserando al pari di qualunque altro al mondo, e che in alcuna parte della Penisola è pessimo.

Dieci anni fa, l’Inghilterra certamente, aveva questo doloroso vanto. Se non che la colpa non fu tanto delle leggi per i poveri o della mancanza di esse, quanto dell’esecuzione di queste leggi, abbandonate a mani irresponsabili e arbitrarie. I guardiani dei poveri furono eletti dai pagatori delle tasse per poveri; chi possedeva una rendita di 50 lire sterline [p. 200 modifica]aveva un voto, chi ne aveva 250 lire sterline sei voti, e via discorrendo. C’erano giudici di pace che potevano ordinare sussidii; c’erano sovraintendenti, anziani di chiesa; e tutti questi dispensatori delle tasse raccolte per legge a favore dei poveri amministravano press’a poco come voleva il prete o il più ricco della parrocchia.

I più sfacciati e oziosi erano largamente assistiti; i veri bisognosi, se timidi, letteralmente negletti.

Inoltre il ribrezzo dell’onesto e laborioso artigiano per la Casa di lavoro giugneva a tale, che esso sarebbe morto prima di entrarvi.

Nondimeno il costo alla Nazione per il mantenimento dei poveri era sì alto, cotanta la vergogna di sentirsi dire ad ogni momento che nella ricca Inghilterra i poveri morivano di fame, che il Parlamento fece frequenti inchieste e nuove leggi. Finalmente venuto al potere il partito liberale col Gladstone, fu propagata l’idea del dovere di un Governo di sorvegliare tutti gl’interessi della Nazione, d’impedire il male pur acconsentendo alle Provincie e ai Comuni illimitata facoltà di far il bene, e di obbligarli ad applicare rigorosamente tutte le leggi emanate dal Governo centrale.

James Stansfeld, il campione d’Italia nei giorni della sventura, il Ministro che sotto il Palmersion introdusse nel Ministero della Marina quegl’innovamenti radicali, quei miglioramenti che furono una vera rivoluzione e di cui egli ebbe tutte le noie, le fatiche e le lotte, mentre i suoi successori ne raccolsero la lode, ispirò quella riforma. [p. 201 modifica]

Egli, tornato al potere, ordinò e organizzò quel vasto sistema di Governo locale che dipende dall’istituzione, nuova per l’Inghilterra, chiamata il Local Government Board. Egli presidente della Commissione, non solamente pratico un’ampia inchiesta in tutta l’Inghilterra intorno alle condizioni dei poveri e all’applicazione delle leggi che li riguardano; ma per mezzo dei Consoli e degli Ambasciatori all’estero ottenne un Rapporto intorno ai principii, che informano la legislazione sul pauperismo nei varii paesi d’Europa. Propose egli stesso i quesiti, pregando i suoi dipendenti di aggiungere osservazioni e suggerimenti.

Le risposte pervennero al Governo dopo la caduta del Ministero Gladstone, e un libro di 500 pagine è stato mollo ben compilato dal signor Andrew Doyle, uno degl’ispettori dei poveri, con una luminosa introduzione.

Tre sole delle Nazioni continentali tolsero dall’Inghilterra l’idea che l’individuo ha diritto di essere sostenuto dalla Nazione, cioè la Russia, la Svezia e la Danimarca, e crearono una tassa speciale a beneficio del povero; essa entra in tutti i bilanci dei Municipii come parte fondamentale dell’amministrazione. Il sistema non dura che da nove anni, e già tutti i danni riconosciuti in Inghilterra come conseguenza di quello stesso sistema si manifestano anche colà tali e quali. Il pauperismo è accresciuto: i distributori dei soccorsi non sanno distinguere fra aiuti per malattie o per l’inverno, o per pagar l’affitto; famiglie intere vivono della carità pubblica. Le Società di Mutuo soccorso ed altre provvide istituzioni languiscono. [p. 202 modifica]Gl’individui trovano più comodo di farsi mantenere dallo Stato, che di aiutarsi da se stessi, o scambievolmente.

I Danesi ammettono tutti l’erroneità del sistema: fu nominata una Commissione d’inchiesta, che raccomanda di separare affatto la carità pubblica dalla privata, di negare soccorsi in denaro se non in casi eccezionali, di ricevere solamente nelle Case di ricovero gl’incapaci al lavoro; e mano mano anche gli altri paesi che cominciarono ad ammettere il diritto dell’individuo ad essere mantenuto, come la Svezia e la Norvegia, arrivano infallibilmente agli stessi risultati. In altri tempi, dicono i Commissarii svedesi, ogni famiglia provvedeva ai suoi, impotenti e miseri, e si sarebbe vergognata di ricevere aiuto da altri; ora che l’artigiano riposa sul diritto di aiuto dalla parrocchia, è improvvido, non fa risparmii, ed accetta l’elemosina senza vergogna.

Nel 1871 la Svezia fece riforme radicalissime, proibendo soccorsi a ogni persona atta al lavoro, raccogliendo le incapaci nelle Unioni, ove sono rigorosamente registrate. Di più, ai Direttori di quegl’Istituti si concedette il diritto di rifarsi sui guadagni dell’operaio pei soccorsi dati in momenti critici, e riversossi sui padroni la responsabilità del mantenimento dei proprii operai.

In Norvegia, la stessa esperienza. Il diritto per tutti riconosciuto nel 1845, venne limitato nel 1863 agli orfani e ai pazzi.

Il paese fu diviso in 660 distretti con una Commissione in ciascuno, e a ogni membro della Commissione assegnato il proprio distretto separato. Per un [p. 203 modifica]certo tempo le Commissioni distrettuali ebbero la facoltà di applicare una tassa pel mantenimento dei loro poveri. Ma il Governo tolse questa facoltà alle Commissioni, dando autorità ai Municipii di riscontrarne le spese.

D’allora in poi avvenne una notevole diminuzione nel pauperismo. In Austria i Comuni rispondono dei proprii poveri, e ove manca il ricovero speciale, tutti i benestanti devono a turno provvedere tetto e cibo per gl’incapaci al lavoro.

Il mantenimento dei poveri in Francia è un sistema molto complicato, ed ha tutti i vizii e le virtù dell’accentramento, perchè lo Stato riceve e distribuisce tutti i soccorsi. Non c’è tassa dei poveri, lo Stato non guarentisce il mantenimento a chicchessia, ma il Comune e lo Stato e la carità privata, di comune accordo, raccolgono somme enormi: è in Case di ricovero o con soccorsi esterni mantengono i bisognosi.

Si sa che durante la grande rivoluzione furono aboliti o trasformati gli Ospedali, gli Asili ed altre Opere pie, ed avendo i Governi successivi accettato il dogma che il mantenimento del povero fosse debito nazionale, fu istituito un libro di carità pubblica, ove s’inscrisse il nome di ogni bisognoso, a cui si dava una pensione da 120 a 160 lire all’anno. Per trovare i fondi necessarii a questa assurda istituzione, si confiscarono e si vendettero tutti i beni delle Opere pie: goccia nell’oceano.

Il pauperismo aumentava così spaventevolmente, che tutti i beni della Nazione non sarebbero bastati a [p. 204 modifica]sostentare i così detti poveri. Allora si cercò di ristabilire possibilmente le Opere pie con doni pubblici e privati, e ricoveraronsi di nuovo i miserabili. I soccorsi esterni sono condotti dai Bureaux de bienfaisance, che sono Commissioni provvedute di fondi dalla carità volontaria, dai Comuni e da una tassa sui biglietti del teatro.

In ogni Comune una Commissione gratuita, composta di cinque persone, col Sindaco a presidente, amministra il soccorso interno ed esterno.

In Parigi la Commissione dipende dal Prefetto della Senna e dal Ministro dell’Interno; ha più di 6000 impiegati, e il sindacato di 18 Ospedali, 10 Asili, 3 Case di rifugio, 20 Ufficii di beneficenza, 57 Case di soccorso. La rendila annuale fissa di questi istituti ascende a circa 12,500,000 lire. Le spese interne ed esterne ad un milione; il Municipio di Parigi contribuendo al deficit, gli Stabilimenti della Commissione sono perfettamente organizzati; hanno magazzini di carni, vino e medicine proprii; dànno 50,000 libbre di carne al giorno; 100,000 persone sono mantenute negli Ospedali, 13,000 nelle Case di soccorso; 500 fanciulli, abbandonati, negli Asili; 12,000 distribuiti alle balie in campagna; 9000 apprendisti o famigli presso contadini.

Quanto a soccorsi esterni, i 20 distretti municipali hanno ciascuno un Ufficio di beneficenza, presieduto dal vice-sindaco, 12 amministratori e molti benefattori. Ogni distretto suddiviso in 12 zone, quanti gli amministratori. Ad esse è indirizzata ogni domanda di soccorso dalle signore o dal medico. I soccorsi [p. 205 modifica]sono dati in pane, minestra, biancheria, abiti vecchi e assistenza medica gratuita.

Nel paese generalmente è ufficio delle Suore di carità di ricercare e visitare i mendicanti nelle proprie case, fare da infermiere, riconoscere le vaccinazioni, stimolare i bambini a recarsi a scuola.

I fatti e dati forniti da esse sono incorporati in un Rapporto annuale; è difficile calcolare la quantità di persone impiegate. Ove in Inghilterra basterebbe un ispettore, in Francia troverete undici Suore di carità nutrite, alloggiate e pagate con 500 lire a testa. I Francesi, beninteso, sono innamorati del loro sistema, perchè, secondo loro, arriva a mitigare qualunque forma di miserie. Il Brefotrofio, l’Orfanotrofio e l’Istituto dei lattanti raccolgono tutti i miserelli; le Scuole di carità e le Colonie agrarie, gli adolescenti; gli Ospedali e le Case di ricovero, gl’infermi e gl’incapaci; il Monte di pietà serve per tutti. E il signor L. Hemilton, il console autore del Rapporto sulla Francia, trova il sistema eccellente.

Non così sembra a noi. Pensiamo come il signor Harvey che dice: «L’operazione di questi ufficii è di organizzare un sistema gigantesco di piccole elemosine atte a raffermare il pauperismo, impotenti a soddisfarlo.» E il signor De Watteville, interrogato sull’utilità di questi doni, rispose secco: «Nessuna: e si può affermare che l’indigente non soffrirebbe di più, se questi soccorsi derisorii, distribuiti così uniformemente e con un perfetto accordo, cessassero di essergli dati mensualmente.»

Il Belgio ha esagerato i difetti del sistema [p. 206 modifica]francese, obbligando ogni Comune a instituire un Ufficio di beneficenza.

Sir Henry Baron dice che nel Belgio il 40 per cento degli operai figura nel registro dei miserabili, e una volta inscritti sulla lista degli Ufficii di beneficenza, l’indipendenza è perduta, nè mai si riacquista: dappertutto si trova che il pauperismo cresce in proporzione dei fondi stanziati pel suo sollievo, e che le Provincie più ricche sono quelle che hanno inscritto il maggior numero di poveri. In Inghilterra v’ha il 4 e mezzo per cento di poveri. Nel Belgio il 15 e mezzo per cento. Ma in Inghilterra ogni povero costa 200 franchi, nel Belgio 30 franchi, ciò che prova che nel primo paese si aiuta radicalmente un bisognoso — e che nel Belgio invece trattasi di un sistema di minuta elemosina alle moltitudini. Leggendo il Rapporto del Baron, risulta chiaramente che il Belgio diventò la terra classica del pauperismo in virtù dell’enorme numero dei suoi istituti per sollevarlo, e dell’attitudine assunta dallo Stato di elemosiniere universale.

Della Spagna non abbiamo relazione alcuna: poco si sa del Portogallo e di Costantinopoli. In Russia non sussiste sistema nazionale, nè pauperismo nel vero senso della parola: troppo recente l’emancipazione dei servi; sufficiente il lavoro in confronto alla popolazione; grande la carità privata. Sicchè eccettuate alcune Provincie del Baltico, ove, secondo il Regolamento, ogni parrocchia deve mantenere i proprii poveri, la quistione non è stata pubblicamente discussa.

Resta da esaminare il Rapporto del signor Herries [p. 207 modifica]sul pauperismo in Italia, e da dare un’idea del sistema di Helberfeld, l’unico che ci sembri degno di minuto studio e, in molte sue parti, d’imitazione.