La miseria di Napoli/Parte IV - Ancora dei Rimedii/Capitolo II. Le Leggi europee. - Continuazione

Parte IV - Ancora dei Rimedii - Capitolo II. Le Leggi europee. - Continuazione

../Capitolo I. Leggi europee ../Capitolo III. Tentativi inglesi. - Il Local Government Board e le Società private IncludiIntestazione 5 gennaio 2023 75% Da definire

Parte IV - Ancora dei Rimedii - Capitolo I. Leggi europee Parte IV - Ancora dei Rimedii - Capitolo III. Tentativi inglesi. - Il Local Government Board e le Società private
[p. 207 modifica]

CAPITOLO SECONDO.

Le Leggi europee. Continuazione.


La Relazione del signor Herries erroneamente attribuita nel libro inglese all’ambasciatore Sir A. Paget, e quella su Venezia di Giovan Battista Ruffini sul pauperismo italiano, sono piuttosto una storia delle Opere pie che una narrazione che ci aiuti a conoscere il numero dei poveri e il modo con cui questi vengono trattati; nè la si può criticare, perchè non esiste in Italia un’organizzazione che proporzioni le sovvenzioni alle necessità, le offerte alle domande. Nessun paese al mondo possiede tanti Ospedali, Asili, Case di ricovero, Monti di pietà, Istituti detti Opere Pie; nè ha si cospicue rendite. Ma i veri poveri, gl’incapaci al lavoro, i vecchi, gl’infermi, non sono quelli che ne approfittano. Gli amministratori delle opere pie seguono la dottrina evangelica:

«A lui che ha, sarà dato. A lui che non ha,sarà tolto anche quello che ha.» [p. 208 modifica]

Le Opere pie dividonsi in ventiquattro categorie, e nel 1861, esclusa la Venezia e Roma, sommavano a 20,123. Il patrimonio rappresentava la somma di 1,190,932,603 franchi! Di questa ingente somma si spendeva il 14 per cento per culto, stipendii e onorarii pagati a Ministri del culto, oltre al reddito delle Diocesi, delle Parrocchie, dei Canonicati, dei Conventi, dedicati unicamente a provvedere il pane delle anime del volgo, il pane del corpo dei soli eletti, i ministri di Dio.

Il Veneto possiede 715 Opere pie, con un patrimonio di 93,252,608. Le Romagne 473, con un patrimonio di 63,938,079 franchi.

Roma in questo dipartimento come in ogni altri rimase città distinta. Ora i Papi incoraggiarono e incoronarono la mendicità; ora la punirono come ai tempi più barbari in Inghilterra, quando si flagellava, si mutilava degli orecchi, si bandiva, si condannava alla berlina, alle carceri, perfino alla galera, chi stendeva la mano.

La Compagnia di Santa Elisabetta fu una Società ben organizzata di mendicanti. Tutti erano divisi in quartieri e si bastonavano scambievolmente, quando un individuo che aveva il diritto di mendicare in un rione, tentava d’invaderne un altro. Teneva un poeta improvvisatore, una banda; e una volta all’anno i ciechi condotti dagli zoppi andavano in processione alla chiesa scortati dai soldati. Ben inteso che tutti pagavano lo scotto ai preti per Messe a suffragio delle anime del Purgatorio.

Ci si narra che dopo il 1870 nous avons changé [p. 209 modifica]tout ça. Ma chi vive a Roma sa che la mendicità, lungo il Corso e nelle case, ove persone ben vestite vanno e domandano e trovano l’elemosina con insistenza e alterigia, costituisce una delle molte piaghe della città eterna.

Epilogando, si può dire: sconosciuto in Italia il numero dei poveri; nessuna legge regolatrice della povertà; le Opere pie in balia delle Provincie senza nemmeno l’obbligo di fare un pubblico bilancio.

Oggi stesso siede la Commissione nominata per l’inchiesta sulle Opere pie. Speriamo che saprà riformare quella fatale legge del 1862, che il dottor Pietro Castiglioni chiama «invariabilmente parca ed efficacemente succosa, inspirata ai principii della libertà, e forse precorritrice di tempi, in cui saranno più maturi i frutti, per quel lavorio progressivo di assimilazione che ne fa penetrare il succo vivificatore nel corpo sociale.» (Vedi il già citato capitolo Opere Pie nell’Italia Economica, compilato dal dottor Pietro Castiglioni.)

Questa legge nella sua applicazione alle Provincie Meridionali per lo meno è stata parca per i poveri, succosa per gli amministratori e per le oblate; e tale confusione ne derivo, che le Amministrazioni destreggiando abilmente coll’equivoco possono rifiutarsi al rendiconto, dicendo al Ministro dell’Interno: «La nostra istituzione è educativa, voi non c’entrate;» e al Ministro d’Istruzione Pubblica: «La nostra è Opera Pia, come per esempio tutti gli Asili infantili, e voi non ci avete ingerenza.»

I membri della Commissione hanno innanzi a sè [p. 210 modifica]un lavoro difficile in verità; però, volendo semplificare, tutto si riduce alla semplice regola del tre: se tanti sono i poveri in Italia e tanta la rendita, quanto tocca a ciascheduno? Moltiplicate il secondo e terzo termine insieme e dividete per il primo. — Ciò fatto, si vedrà se in complesso i fondi delle opere pie bastino oggi a mantenere chi non ha i mezzi di guadagnarsi la vita: beninteso, noi non ammettiamo mai che nè lo Stato, nè i Comuni, nè la carità privata debbano mantenere chi è capace di lavoro.

Il Reichstag della Confederazione della Germania del Nord nel 1870-71 stabilì certi principii fondamentali per sindacare il pauperismo, lasciando l’applicazione di essi al Parlamento di ogni Stato.

Le Leggi federali stabiliscono che ogni Tedesco abbia diritto di domandare al suo Comune un tetto, le assolute necessità della vita, assistenza medica, decente sepoltura. E il paese per questo scopo fu diviso in Unioni locali (Consorzii) o Ortsarmenverbände, che consistono in una o varie parrocchie, secondo la grandezza e la ricchezza e il numero dei poveri. Due anni di residenza stabiliscono il diritto, e le Autorità possono soccorrere il petente ammettendolo alla Casa di ricovero o fornendogli lavoro.

Ci sono anche Consorzii provinciali, Landarmenverbände, per assistere quei che non hanno i due anni necessarii di residenza in un Comune. In Prussia il Parlamento obbliga i cittadini ad assumersi i doveri d’Ispettori dei poveri. Ogni Comune è indipendente dallo Stato, ma lo Stato distribuisce annualmente quattro milioni di lire fra i Comuni più poveri. [p. 211 modifica]

Prendiamo Helberfeld come modello.

C’è una Commissione di un presidente e rotto membri scelti dal Municipio e dagli abitanti benestanti, di cui ogni anno un dato numero si ritira per essere sostituito da altri. Questa Commissione a Armenverwaltung sta a capo di un Corpo d’ispetlori, Armenvorsteher, e di visitatori, Armenpfleger: tutti questi ufficii sono gratuiti, ma tanta dignità ed importanza v’è annessa, che sono ricercati anzichè schivati.

Ogni visitatore prende la sua strada — tutti i bisognosi si dirigono a lui. Se il bisogno è urgente, può di suo arbitrio supplire; ma se gli appartiene l’autorità, appartiengli anche la responsabilità, perchè ogni quindici giorni i visitatori si radunano col Presidente e l’Ispettore del quartiere, e ognuno deve rendere conto del suo operato, giustificare i soccorsi dati, e sottomettere alla discussione generale i casi dubbii che il volo risolve.

La Corte è la Commissione che decide tutte le questioni, e davanti alla quale gl’Ispettori debbono presentarsi ogni quindici di.

I vantaggi di questo sistema sono evidenti. Ogni visitatore viene in contatto personale col povero che domanda soccorso; non ha nessun interesse di negare il necessario o di dare il superfluo — ed essendo il loro intento quello di diminuire il pauperismo, egli è spinto a predicare l’economia, l’industria, ed a cercare lavoro per il petente.

Il povero domanda e riceve soccorso; ciò fa sì che questo cesserà tosto che cessi l’assoluto bisogno: [p. 212 modifica]il povero non può dare nulla ad intendere a chi viene a verificare personalmente, e ha mezzi da punirlo.

Se l’aiuto non porgesi in modo da spingere il povero a fare tutto il possibile per non averne più bisogno, diviene un incentivo all’ozio, un premio allo sperpero; così dicevano gl’iniziatori di tale sistema.

Le istruzioni ad ogni visitatore, fra gli altri articoli, contengono il seguente: a Che può essere imprigionato per un periodo da sette a trenta giorni:

Chi per ozio o ubbriachezza si è ridotto all’indigenza;

Chi rifiuta lavoro che non supera le sue forze;

Chi domanda soccorso senza poter provare d’avere esauriti tutti i mezzi per procacciarsi lavoro.»

C’è in Helberfeld una Casa di ricovero per i vecchi e decrepiti senza famiglia in istato di mantenerli; ma l’orgoglio dell’operaio, a cui la mendicità è resa così difficile, consiste nel nulla domandare per sè o per i suoi. — E le cifre parlano con eloquenza.

Nel 1852, in una popolazione di 50,000, c’erano 4000 mendici che costavano 225,000 lire annue. In quell’anno M. von der Heydt inaugurava il sistema ora esposto; e adesso, benchè aumentata la popolazione, non vi si noverano che 1062 poveri, che costano in complesso 100,000 lire.

Quanto è superiore questo sistema a quello del Belgio e della Francia, che ha per così dire classificato e perpetuato il pauperismo come stato sociale!

A Helberfeld la povertà non suona delitto, ma [p. 213 modifica]disgrazia; non si punisce, ma trattasi come una malattia che guarisce il più presto possibile. Qui il ricco trovasi in contatto giornaliero colla povertà; il povero s’abitua a riguardarlo come il medico, a cui tutto deve dire e nulla nascondere, e precisamente perchè l’ingerenza altrui è per se stessa fastidiosa, il povero trova lavoro più presto per esser più presto liberato dalla vigilanza del visitatore.

E dacchè nessun visitatore può per il Regolamento occuparsi di più di quattro casi alla volta, non regge la scusa della mancanza di tempo. Egli può osservare, scrutare, soccorrere, o proporre il soccorso o la punizione senza rubare tempo ai proprii affari. E in quel modo che ogni individuo deve fare il suo dovere come un militare, così ognuno aiuta o è aiutato pel bene comune.