La leggenda di Tristano/XXXVIII

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XXXVII XXXIX

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XXXVIII. — Ma se alcuno mi domanderae se T. ebbe paura quand’egli iera nel bagno, io diroe di noe, perch’egli non temea ch’alcuno colpo [di donna] gli potesse venire. E dappoi che T. fue vestito, andoe nela sala delo re, la quale sala iera molto piena di cavalieri e di molta gente, che ierano venuti alo romore che la reina fece. Ma li cavalieri tutti quanti guardavano a T. e diceano infra loro che grande peccato iera, se questo cavaliere morisse in cotale maniera. E T., lo quale è montato in argoglio, diventoe piú colorito che non iera prima e istava dritto davanti alo re e li cavalieri. E la reina si venne sí come pazza e disse alo re: «Re, vengiami mia onta del traditore che ha ucciso lo mio fratello. E se tu non vuogli fare vendetta, lasciala fare a mee». E lo re rispuose e disse: «Dama, andate a vostra camera e io faroe del cavaliere tutto ciò che ragione sarae». E lo re disse a T.: «Dimi, T., uccidesse l’Amoroldo d’Irlanda a tradimento?». E T. rispuse e disse: «Messer, io lo feretti ala battaglia sí come cavaliere. [p. 45 modifica] Ma se alcuno cavaliere hae in vostra corte che voglia dire o che dica ch’io l’uccidesse a tradimento, io si l’apello ala battaglia ala corte delo re Artue». E lo re a queste cose non rispuose, ma guardando a T. disse: «Cavaliere, per tre cose le quali io ti diroe, sono quelle per le quali io non prendo vendetta di voi: l’una si è perch’io si ti trovai nela naviciella [quasi] morto e nela mia casa ricoverasti guarigione, e l’altra si è ch’io non vorrei distruggere lo fiore di tutti i cavalieri del mondo, e la terza si è perch’io ti campai da morte, e dunqua sed io a morte ti menasse, sí fare’ io grande tradimento. E per queste tre cose ch’io t’ho dette sono quelle perché io ti perdono e ti puoi partire di mia corte sicuro, quando a te piacerae». Allora T. ringrazioe molto lo re di questo dono. E allora comandò a Governale che dovesse trovare una nave, imperciò che volea andare in Cornovaglia; e Governale trovoe incontanente la nave e apparechioe tutte cose. E monsegnor T. adimanda commiato al re e partesi dela corte e menonne con seco ambidue i frategli di Braghina. E dappoi che T. fue nela nave e li mastri marinai dirizzano la nave in loro viaggio e fanno vela e prendono la via inverso Cornovaglia. E ’l tempo è molto bello e ’l mare è in grande bonaccia, sí che in nove giorni fuerono giunti in Cornovaglia. E quando fuorono giunti a porto, sí lo fece assapere alo re Marco, com’egli iera tornato. E lo re quando intese che T. icra tornato sano e salvo di sua persona, fune molto allegro e incontanente montoe a cavallo, egli e tutti li suoi cavalieri, e andoe incontro a T., e quando lo trovoe nela via sí l’abraccioe e fecegli grande onore. E vennero alo palagio del castello di Tintoil, e quivi ismontoe e trovarono dame e damigelle assai, che fanno a T. grande gioia e grande festa. E tutti li baroni e li cavalieri di Cornovaglia sí ne fanno somigliantemente grande festa.