La leggenda di Tristano/XXXVII
Questo testo è completo. |
◄ | XXXVI | XXXVIII | ► |
XXXVII. — In questa parte dice lo conto che T. si sarebe volenteri attenuto di dire la sua volontade e la sua cundizione alo re, ma a lui si parea che fosse villania dala sua parte, se egli avesse detto di no di cioè che lo re gli domandava. E imperciò incontanente sí si levoe ritto in piede e si disse: «Da poi che voi siete cosí disideroso di sapere mia cundizione, or sapiate ch’io fui quello cavaliere ch’io portai l’arme bianche al torneamento. Ed ora m’avete fatto dire una grande villania». E allora si levoe lo re e abbraccioe T. e si gli disse: «Cavaliere, e’ non è villania di raccontare e ricordare l’uomo sua prodezza». E allora incominciano li cavalieri e le dame e le damigelle a fare grande festa a T. e diciano che questi è lo migliore cavaliere che unqua mai fosse in Irlanda. Grande è l’alegrezza che ne menano li cavalieri del reame del re Languis, ed allora incominciano a servire T. di tutto ciò che fae bisogno e a fagli grande onore. Ma Governale si fue molto allegro, quando seppe che si bene iera addivenuto a T. Grande è l’onore che T. hae ricevuto da tutta gente. Ma T. si fece fare allora uno bagno e fue fatto molto buono, e quando T. v’entrò entro e la reina e madonna Isotta e dame e damigelle assai lo vegnono a servire e cominciano a sollazzare con lui ed a fare grande festa insieme, mentre che T. istava nel bagno. E questa allegrezza del bagno dura III giorni. Ma allo quarto giorno, istando T. nel bagno, e egli si lascioe la camera sua aperta, ché gli uscio di mente di riponere la spada sua, si che rimase sopra lo letto, ed iera tutta fornita di fin oro. Si che uno iscudiere, passando appresso dela camera, vide la spada di T. istare sopra lo letto; parvegli molto bella: prese la spada in mano e incominciolla a guardare e dicea infra se istesso che non si potrebe trovare una piú bella ispada di quella. E istando in tale maniera, la reina passava dala camera di T. e vide la spada che tenea in mano lo scudiere; parvele molto bella, sí che non credea che T. avesse una spada sí ricca. E poi che la reina fue allo scudiere e recossi la spada in mano e pariagli molto bella e trassela fuori del fodero. E guardando ala punta dela spada, vide ch’iera isgranata la punta e incontanente andoe nela camera e prese la sgranatura, la quale avea tratta del capo al’Amoroldo, e incontanente glile disse lo cuore che questo iera lo cavaliere lo quale avea morto l’Amoroldo. E dappoi puose la sgranatura ala punta dela spada, e dappoi che la v’ebe posta e vide ch’iera partita quella isgranatura di quella ispada. Incontanente corse a T. cola ispada in mano, diciendo a T.: «Nepote delo re Marco di Cornovaglia, oramai non ti vale lo celare il tuo nome, ché troppo se’ celato inverso di noi. Ora ti dichiamo che tue uccidesti l’Amoroldo d’Irlanda, ma egli è pur bisogno che tu muoi e per le mie mani». E allora si corre sopra a T. cola ispada in mano, volendolo fedire. Ma T. lo quale iera nel bagno, di queste cose non curava neente. E tutte le dame e damigelle le quali faciano sollazzo a T. incominciarono a gridare: «Muoia, muoia lo cavaliere», e la reina andando per fedire T., ma lo scudiere che trovoe la spada la tenea. Ma a questo romore venne giuso lo re con tutti cavalieri e trovoe la reina cola ispada in mano. Ed ella, quando vide lo re, si gli disse: «Re, vendicami, re Languis, vendicami di T., lo nepote delo re Marco di Cornovaglia, lo quale uccise l’Amoroldo mio fratello». A tanto disse lo re: «Dama, lasciate fare a me questa vendetta, imperciò che non si conviene a voi». Allora disse lo re: «Come è, cavaliere, e se’ tue T.?». Ed egli si rispuose e si gli disse: «Messer, alcuna gente mi chiama cosí». E lo re disse: «Ora ti vesti, cavaliere, e vienne in su la sala del palagio». E allora T. s’incominciò a vestire e lo scudiere ch’avea la spada rimase con lui ed altri damigelli. E T. prese la spada ch’avea lo scudiere e miselasi sotto.