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42 | la leggenda di tristano |
due fiate». E quando lo re intese queste parole, sí ne fue
molto allegro, e fece mettere bando per tutto lo suo reame che
tutti li suoi cavalieri debiano venire a corte. E dappoi che
fuerono venuti, lo re venne nela sala e la reina e Isotta con
altre dame e damigelle assai.
XXXVI. — Ma in questa parte dice lo conto che molto si meravigliano li cavalieri perché lo re gli avea fatti venire a corte, che non sapeano la cagione. E lo re dappoi che vide li cavalieri e le dame ch’ierano venuti tutti nel palagio, e lo re disse a T.: «Cavaliere, molto mi meraviglio di voi che siete istato in mia corte appresso ad uno anno, né ancora non potti sapere nessuna cosa di vostro convenentre, essendo voi lo fiore deli cavalieri del mondo. E imperciò vi prieco che voi mi dobiate dire lo vostro nome». Ma T. quando intese queste parole fue molto doloroso, perch’egli non vorebe che sue cavallerie si sapessero, e levossi suso e disse al re: «Messer, io vi priego che voi mi perdoniate s’io non vi dico ora il mio nome». E lo re, dappoi che vide che lo cavaliere volea celare suo nome, disse: «E dunque voi prego, cavaliere, che voi dobiate dire a me e a questi cavalieri e ale dame che qui sono assembiate, se voi foste quello cavaliere che vinceste lo torneamento del re di Scozia e che abbatteste lo cavaliere nero che portava le due ispade, lo quale ha nome Pallamides lo miscreduto».
XXXVII. — In questa parte dice lo conto che T. si sarebe volenteri attenuto di dire la sua volontade e la sua cundizione alo re, ma a lui si parea che fosse villania dala sua parte, se egli avesse detto di no di cioè che lo re gli domandava. E imperciò incontanente sí si levoe ritto in piede e si disse: «Da poi che voi siete cosí disideroso di sapere mia cundizione, or sapiate ch’io fui quello cavaliere ch’io portai l’arme bianche al torneamento. Ed ora m’avete fatto dire una grande villania». E allora si levoe lo re e abbraccioe T. e si gli disse: «Cavaliere, e’ non è villania di raccontare e ricordare l’uomo