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XCVI XCVIII

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XCVII. — Ma in questa parte dice lo conto, che quando T. sí partio dala magione dela savia damigella, egli sí lascioe tutti li suoi drappi, i quagli egli avea, nela magione dela savia damigella, che non ne portarono neuno co loro. Ma dappoi che fuorono partiti sí come detto è, e eglino sí cavalcarono tanto per loro giornate che pervennero appresso a Tintoil. E istando in cotale maniera, e T. sí era molto doloroso a ciò e perch’egli non avea cui mandare a madonna Isotta. Ma istando per uno poco, e una damigella si venia da uno castello, lo quale sí era appresso a Tintoil, e cavalcava ala corte del re Marco ed iera in compagnia di due iscudieri. E quando T. la vide, sí ne fue molto allegro e disse a Governale: «Governale, eco una damigella per la quale noi potemo mandare a dire a madonna Isotta lo nostro convenentre». E dicendo queste parole, e la damigella sí fue giunta a T. Ma quando T. la vide, si ne fue molto allegro, imperciò ch’egli sí la conoscea bene. E la damigella quando vide T. sí gli fece grande festa e grande onore e grande gioia; e T. fece il somigliante a lei. E istando in cotale maniera, e T. sí disse: «Damigella, a voi si fae mistiere che voi sí mi facciate uno messaggio, lo quale io voi diroe». E la damigella rispuose e disse: «Monsegnor T., comandatemi arditamente tutto quello che voi volete che per mee si faccia, ché per mia fé io farò molto volontieri tutto quello che a voi debia piacere». E T. disse: «Damigella, io voglio che voi sí dobiate andare a madonna Isotta, e ditele dala mia parte sí com’io sono innaverato e malamente, e la fedita ched io abo sí è mortale e sanza neuno [p. 140 modifica] fallo sí è questa la veritade. E imperciò sí la pregate assai dala mia parte ch’ella sí mi debia dare il suo socorso al piú tosto ch’ella puote, sí ch’io non perisca».