La leggenda di Tristano/CXXIX
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CXXIX. — A tanto dice lo conto, che quando lo re fue tornato con tutti li suoi baroni e cavalieri, sí come detto èe, tutte le dame e le damigelle sí andarono alo palagio delo ree. E quando fuorono alo palagio, tutte incominciarono a fare molto grande allegrezza alo re e a tutta sua compagnia. Ma istando in cotale maniera, e lo re sí andoe in camera per vedere Ghedin, lo quale egli sí amava di molto grande amore. E quando fue a lui, e lo re sí gli disse: «Dolze figliuolo, come istai tue? se’ tu tornato a guarigione dela tua fedita?». E Ghedin sí rispuose e disse: «Certo, messer lo re, io sono tornato a guarigione. Ma tanto mi dite, se Dio vi salvi, che è addivenuto delo buono cavaliere, lo quale hae fatto tanto d’arme, sí come voi sapete?». E quando lo re intese queste parole, disse: «Certo, Ghedin, de lo nostro cavaliere sí è molto bene incontrato, ch’egli sí è tornato qui con tutti li nostri cavalieri. E ognuno sí dee bene dire apertamente che egli sí è lo piú prode cavaliere che sia al mondo. Ond’io mi foe grande maraviglia com’egli puote tanto fare d’arme. Ma io credo che questi sia Lancialotto di Laca, lo quale conquistoe la Dolorosa Guardia per forza d’arme, e tutta gente dice ch’egli è lo piú pro cavaliere che sia al mondo. Ma io vorrei imprima sapere lo suo nome che io non vorrei avere uno castello». Molto parloe lo re dela prodezza delo cavaliere. Ma quando Ghedin intese queste parole, fue tanto allegro che neuno altro piú di lui. E disse: «Per mia fé, io voglio venire per vedere lo nostro cavaliere, lo quale hae fatto tanto d’arme». E incontanente sí si levò e prese li drappi suoi e andoe nela sala del palagio. E quando fue nela sala, ed egli sí trovoe tutto lo palagio pieno di baroni e di cavalieri e di dame e di damigelle, le quali faciano molto grande allegrezza. Ma quando Ghedin vide T., incontanente andò a lui e incominciogli a fare molto grande allegrezza.
Ma quando Isotta dele bianci mani vide Gheddin istare con T., ella non risguardava mai in altra parte, se non a loro due. Ond’io voglio che voi sí sappiate che Isotta sí amava T. di molto buono amore e no l’amava per neuna malvagia, imperciò ch’ella non sapea che fosse quello amore. Ma tanto dimorarono in cotale maniera che l’ora del mangiare sí fue venuta, e lo re sí comandoe che le tavole fossero messe ed aconcie. E quando li damigelli intesero lo comandamento del re, incontanente cominciarono a mettere le tavole, sí come lo re avea comandato. E quando le tavole fuorono messe, e lo re sí prese l’aqua per lavarsi le mani e T. altressie, e poi tutte le dame e le damigelle e tutti li baroni e li cavalieri. E quando l’aqua fue data, e lo re e T. si andarono a tavola ed appresso di loro tutti gli altri baroni e cavalieri ed appresso tutte le dame e le damigelle. E quando fuorono tutti a tavola, e le vivande sí vennero a molto grande dovizia; e quando le vivande fuerono venute, e tutta gente sí incominciarono a mangiare co molta grande allegrezza.
Ma istando in cotale maniera, T. sí incominciò a riguardare ad Isotta molto fortemente e dicea infra se istesso: «Certo questa è una dele piú belle damigelle che sia al mondo, salvo madonna Isotta la blonda, quella ch’è piú bella che neun’altra dama». Ma tanto risguardoe T. ad Isotta dele bianci mani, che ella si vide sí come T. la risguardava. E quando la damigella vide queste cose, fune molto allegra a dismisura e dicea infra se istessa: «Certo ora ben son io la piú aventurosa damigella che sia al mondo, quando sono amata da uno cosí bello cavaliere, com’èe lo nostro cavaliere, lo qual è lo piú pro cavaliere che unquamai fosse nela Pititta Brettagna». Molto s’allegra la damigella di questa aventura.
Ma tanto dimorarono in cotale maniera ch’egli ebero mangiato, e lo re sí si levoe da tavola e T. altresie con tutti gli altri baroni e cavalieri e tutte le dame e le damigelle, e incominciarono a parlare di molte aventure. Ma Ghedin non si partia da T. in nessuna maniera, ma tutta fiata sí andava co lui per la sala delo palagio. E tutte le dame e le damigelle sí riguardavano pur a T. e sí dicevano tutte comunalmente che «unquamai non fue veduto uno cosí bello cavaliere al mondo, sí come questi èe, né cosí prode. E certo egli mi sembra che sia cavaliere di legnaggio». Molto parlano tutte le dame di questa aventura. Ma tanto dimorarono in cotale maniera che lo giorno sí trapassoe e la notte sí s’apressimoe. E quando la notte fue venuta, e lo re sí andoe a posare e T. e Ghedin altressie e tutti gli altri baroni e cavalieri sí si tornarono a’ loro alberghi e tutte le dame e le damigelle altressie. Ma dappoi che lo re fue andato a posare, sí come detto èe, ed eglino sí dormirono infino alo giorno. E quando lo giorno fue venuto, e lo re sí si levò e andoe nela sala delo palagio. E istando per uno poco, e tutti li suoi baroni e cavalieri si vennero a corte, si com’erano usati di fare. E quando fuorono a corte, e lo re sí incomincioe a parlare coli suoi cavalieri di molte aventure.