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CCXIV. — Quando venne nell’ora di nona, [messer T. e messer Estore] s’apressonno ad una foresta, ove elli trovaro sette cavalieri, e damigelle che sollazavano co loro davanti alla foresta. E se alcuno mi dimanderá chi erano li cavalieri, io dirò che l’uno [era] lo figliuolo del re di Norgales, buono cavaliere e pro valente duramente, ed era apellato Geon, e tutti gli altri erano suoi cavalieri e tenevali per suoi compagnoni. Elli avia fatto venire in quello luogo una gentile donna di Norgales, la quale amava per amore, e per amore di quella donna erano in quello luogo asembrati. Elli facieno molto dilettevoli sollazzi ed erano venuti tutti armati di tutte arme, ed anco erano armati di tutte arme, salvo che di loro elmi. E immantenente ch’elli videro venire inverso di loro li due cavalieri, che armati venieno per lo grande cammino, dissero intra loro: «Qui potremo noi trovare giostra, ché vedete venire di qua due cavalieri armati. Elli sono due, che [si] possono bene sprovare». Lo figliuolo del re si fece alacciare l’elmo al piú tosto ch’elli puote; altresí medesimo fece un altro cavaliere, che lo chiamò a quello bisogno. E quando elli fuoro ambendue a cavallo, elli si metteno nel mezzo del cammino, e incominciano a gridare tanto quanto elli puoteno, e diceno: «Siri cavalieri, giostrare vi conviene per lo costume del reame di Norgales. No’ v’apellamo ala giostra perch’elli non ne sia [p. 270 modifica] bene costumato, ma per l’usanza che c’è. Ed anco vi faremo tanta cortesia, che s’elli non vi piacerá di giostrare, noi non ve ne faremo giá forza». «Se Dio mi dia buona ventura, elli sono assai da lodare e da pregiare» disse messer T. «di ciò ch’elli sono cosí cavallarosi. Or che faremo noi e che risponderemo noi a quelli, che di giostrare ci hanno apellato?». «Certo» disse messer Estore «la prima giostra che nello reame di Norgales n’è rapresentata, non la rifiuteremo noi mica, per lo mio consiglio, anzi proveremo com’elli sanno ferire di lancie, e noi mostreremo loro, se a Dio piace, che migliori sono li cavalieri aventurosi che quelli del reame di Norgales». «Voi dite bene» disse messer T.; «ora pigliate l’uno e io l’altro».

Allora non fanno altro dimoramento; anzi lassano quello parlamento e lassansi correre li due cavalieri incontra li altri due cavalieri. Messer T. si lassa correre contra lo figliuolo del re di Norgales, e ferillo sí duramente in suo venire, ch’elli li fé gli arcioni votare e lo porta a terra, onde fu tanto dirotto di quello cadere, ch’elli non sa niente s’elli è abattuto. E messer Estore abatette l’altro cavaliere.