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CCIII. — Ma se alcuno mi domanderae come avea nome lo cavaliere, lo quale monsignor T. avea abattutto, io diroe ch’egli avea nome messer Estore da Mare ed iera cuscino di monsignor Lansalotto ed iera molto pro e ardito cavaliere. Ma istando in cotale maniera, e messer Estor sí si levoe alo meglio ch’egli potte, e montoe a cavallo; e quand’egli fuerono a cavallo, ed eglino sí incominciarono a cavalcare molto tostamente per lo diserto. Ma cavalcando, e messer Estore incomincioe a riguardare alo re, ma egli no lo conoscea in neuna maniera. E istando per uno poco, disse: «Cavaliere, ora sappiate ch’io non verroe piú con voi, s’io non so vostro nome». Ma quando lo re vide che lo cavaliere volea sappere suo nome, ed egli si tolse l’elmo ched egli avea in testa, sí ch’egli lo vide per lo viso e conobbelo. E istando [p. 260 modifica] per uno poco, sí disse lo re: «Or sappiate, cavaliere, ch’io sono uno cavaliere, lo quale vo cercando aventura pegli lontani paesi». E messer Estore, intendendo queste parole, fue molto allegro, e incontanente sí smontoe da cavallo e inginochiossi davanti alo re, e incominciollo molto dolcemente a pregare che gli dovesse perdonare di quello ch’egli detto avea. E lo re sí lo prese per mano e disse: «Estore, ora montate a cavallo e sí ci partiremo di qui, imperciò che troppo potremo adimorare». E a tanto messer Estore sí montoe a cavallo, e incominciarono a cavalcare molto tostamente. E cavalcando, e messer Estore disse alo re: «Monsignor, ora mi dite, se Dio vi salvi, quale cavaliere fue quello che combatteo con meco e come ha egli nome? Ditemilo, se Dio vi salvi». E lo re disse: «Estore, certo io non so lo nome di quello cavaliere, lo quale combatteo con voi, ma tanto posso io bene dire, ch’io unquamai non vidi né uno piú ardito cavaliere né uno piú pro di lui. Ed io lo domandai assai di suo nome e di suo essere, ma egli no mi volle dire suo nome; ma certo egli hae tanto fatto d’arme per me, ch’io non ne vidi unqua uno cosíi pro. E imparciò voglio che voi sappiate ch’egli sí mi diliveroe da morte per la sua prodezza. Onde io vorrei imprima sappere suo nome, ch’io non vorrei guadagnare uno castello». Molto parloe lo re Artu di questa aventura, per amore delo cavaliere.