La guerra nelle montagne/Il fronte trentino/La nuova Italia

La nuova Italia

La guerra nelle montagne/Il fronte trentino IncludiIntestazione 15 ottobre 2014 100% Da definire

Rudyard Kipling - La guerra nelle montagne (1917)
Traduzione dall'inglese di Anonimo (1917)
La nuova Italia
Il fronte trentino

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La nuova Italia


Prescindendo dall’aspro lavoro che si è compiuto in ogni fase della guerra, è veramente questa tenacia che ci impressiona, ad ogni piè sospinto. Questa tenacia che dall’austera semplicità del Quartier Generale di Cadorna — che potrebbe anche essere un monastero o un laboratorio scientifico — va fino al modesto mulattiere, che, bianco di polvere, ma senza una goccia di sudore in ironie, avanza per sentieri montuosi, fatti a scala, dietro al suo animale; e fino alla solitaria sentinella in agguato, come una pantera addossata contro un monticello roccioso, che sta salda come la roccia e muove appena l’occhio vigile sotto l’ombra del ciglio inarcato.

Nulla si compie quassù con vanità di pompa, o con aria di parata, o con ostentazione; non si manifesta neppure — per quanto mi fu dato di vedere — per desiderio quasi naturale di mettere in rilievo la parte migliore delle cose.

«Ecco — ognuno sembra voler dire — il lavoro [p. 58 modifica]che facciamo. Ecco gli uomini ed ecco i meccanismi che adoperiamo. Traetene le vostre conclusioni».

Nessuno sembra troppo affrettarsi, nessun è pressato oltre misura e la leggenda teutonica del «latino eccitabile» non apparisce affatto vera.

Invece trasparisce da ciascuno e da ogni cosa un sistema elastico e bene equilibrato, messo in pratica dalla più fervida devozione che, mentre con tanta prudenza, risparmia ed economizza fino ai minimi dettagli, con altrettanta larghezza di vedute sa bagnare col sangue di ventimila uomini una posizione che si deve conquistare. Eppure non è nè inumano, nè tirannico, sebbene non, pretenda di essere addirittura soprannaturale.

Agisce semplicemente come gli Italiani, o come il pugnale quando penetra pian piano, quasi insensibilmente, fino al manico.

Forse la temperanza naturale; forse la vita all’aria aperta del popolo, le sue rigide abitudini e la sua facilità di arrischiar la vita per questioni personali hanno fatto evolvere questo sistema; forse il suo istinto secolare all’ordinamento amministrativo si è ridestato sotto la spada. Ove si consideri tutta insieme la mole dell’opera loro, si è inclini alla prima di queste opinioni; alla seconda, se si osservino le facce di quei loro generali, quasi cesellate dalla guerra, che fanno ricordare l’impronta dei cammei dei loro antenati sotto l’aquila romana.

L’Italia inoltre ha — rispetto alle altre nazioni [p. 59 modifica]— un assai maggior numero di suoi figli, i quali dalle Repubbliche occidentali, dove si guadagna molto danaro, son ritornati in patria e si sono stabiliti nuovamente nei loro focolari. (Li chiamano Americani; hanno sfruttato il nuovo mondo, ma amano il vecchio). La loro influenza è largamente diffusa e, operando sull’agilità della mente e del senso artistico nazionale, rende possibile — mi sembra — una maggiore facilità di invenzioni e di singolari attitudini.

Aggiungete a ciò la coscienza della nuova Italia, creata dai suoi stessi immensi sforzi e dalle sue stesse necessità, e si potrà avere un’idea approssimativa del grande avvenire che è riservato a questa che è la più vecchia e la più giovane fra le nazioni. Con l’economia, col valore, con la temperanza e con un principio saldo e incrollabile si va lontano. Gli Italiani combattono ora come combatte tutta la Civiltà, contro l’anima diabolica dei Boches, che conoscono assai meglio di noi Inglesi, perchè furono, una volta, loro alleati. A tale fine essi concentrano, senza risparmio e senza sperpero, tutti i loro sforzi. Ma non si fanno illusioni circa le garanzie di sicurezza necessarie dopo la guerra, senza le quali la loro esistenza non può essere assicurata. Essi combattono anche per queste garanzie, perchè, come i Francesi, sono un popolo logico, ed affrontano i fatti fino al loro compimento. Molte sono le difficoltà generali e particolari che loro si oppongono. Ma l’Italia accetta questi gravami, ed altri ancora, con lo stesso spirito con il [p. 60 modifica]quale affronta gli altipiani incavati di caverne, le montagne, le nevi instabili, le rocce e la fatica inconcepibile che tutto ciò porta ai suoi soldati. Queste sono cose ben dure: ma essa è più dura e resistente ancora.


•••


Eppure chi mai può intraprendere un viaggio per giudicare le cose? In un albergo, aspettando un treno di mezzanotte, un ufficiale stava parlando di alcune poesie di d’Annunzio, di quelle poesie che effettivamente hanno contribuito a smuovere le montagne in questa guerra. Egli ne spiegava un brano, citando Dante. Un vecchio facchino che aspettava i nostri bagagli stava sonnecchiando rannicchiato in una sedia, vicino ad una veranda. Quando afferrò la lunga vibrazione dei versi, i suoi occhi si aprirono, il suo mento si sollevò dallo sparato della camicia, fino a che non parve una civetta appollaiata su una pertica; e rimase così, attento ad ogni verso, mentre il suo piede ne seguiva lievemente la cadenza.

FINE.