La gente di spirito/Atto secondo/Scena quarta
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Giuseppe Giacosa - La gente di spirito (1872)
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Campioni e Carlo.
- Campioni
con un manoscritto.
- Eccolo qui... c'è nessuno?
- Carlo
- Nessunissimo... dia.
- Campioni
- No... prima le voglio dire il genere di componimento... Indovini!
- Carlo
- Un romanzo?
- Campioni
- No.
- Carlo
- Un dramma?
- Campioni
- No.
- Carlo
- Prosa o poesia?
- Campioni
- È poesia in prosa.
- Carlo
- Insomma, mi levi la curiosità.
- Campioni
- È imbarazzante, n'è vero? Fosse in cento, che non l'avrebbe imbroccata. Io non so come si gridi tanto alla difficoltà che c'è a trovare argomenti nuovi e ad essere originali! Sono lì, gli argomenti, non c'è che a stendere la mano.
- Carlo
- Per gli uomini come lei.
- Campioni
- Eh! eh! La gli brucia, io lo vedo che la gli brucia di saperlo. Ebbene: è uno studio matematico-armonico sull'Orlando furioso... già... Matematico... no... Prima... la filosofia del mio lavoro. Io voglio dimostrare che la matematica regge colle sue norme immutabili anche la poesia. Concetto. Che col variare il numero delle parole impiegate, varia la perfezione del verso, del canto o del poema. Corollario. E noti, che io ora ho detto parole per semplicità... ma gli è lettere che devo dire. Per esempio. Un verso composto di un numero dispari di parole, è matematicamente più armonico di quello in cui il numero sia pari... e così per le sillabe, e così per le lettere. È un trattato di poesia completo, e chi non diventerà poeta studiandolo... Umh! umh! Sa lei che cosa ho fatto? Ho contato di quante parole si componga l'Orlando furioso, di quante ogni canto, ogni ottava e ogni verso.
- Carlo
- È un lavoro colossale...
- Campioni
- Eh! eh! colossale! Nell'Orlando furioso ci sono in tutto 375 mila 197 parole. Dispari il numero totale, e non solo dispari il numero totale, ma dispari anche le cifre che lo compongono. Eccole spiegata la sorprendente bellezza del libro. Nel primo canto, ci sono 5041 parole, altro numero dispari. Prendiamo due versi a casaccio. (Apre il manoscritto). Canto quattordicesimo, ottava trentasettesima, verso primo:
«Come lupo o mastin ch'ultimo giugne...»
- sette parole, che bel verso! e subito
«Al bue lasciato morto dai villani...»
- sei parole, verso orribile, quasi che i villani dei buoi morti non sapessero che farsene, magari! Insomma, lei mi ha inteso...
- Carlo
- E lo ammiro.
- Campioni
- No, no, no, mi dica schietto... Io amo mi si dia un giudizio severo e illuminato... non come fa mia moglie che trova tutto brutto.
- Carlo
- Le dico schietto che lei ha fatto opera di profondo studioso, di buongustaio, di grande ingegno e di gran cittadino.
- Campioni
- Ah! Perché la poesia...
- Carlo
- È il cardine.
- Campioni
- È il cardine. Guardi: cardine: bellissima parola: sette lettere. Osservi il nome dei massimi poeti. Dante, cinque lettere; Ariosto, sette; Tasso, cinque; Petrarca invece otto, difatti è molle ed effeminato. Foscolo, sette; Alfieri, sette; Manzoni, sette; Leopardi, otto, ed è uno scettico. Le pare? È novità codesta?
- Carlo
- E come!
- Campioni
- Pensare che in tanti grandi ingegni che furono con tante arti poetiche e regole di scuola scritte in tutte le lingue, nessuno ancora considerò l'estetica in rapporto coi numeri. Le note musicali, sette. Perché la scienza moderna ci insegna a generalizzare. Trovato un principio, a volerlo applicare ammodo, si vede che calza per tutto. Qual è il tipo della famiglia bene assortita? Un padre, una madre e un figliolo. Tre. Sono considerazioni codeste?!
- Carlo
- E lei dice che la sua famiglia?...
- Campioni
- Non mi comprende... è una fatalità. Dover comprimere sempre gli slanci!... Ah! lo sapevo che avrei trovato in lei un uomo... ma... segretezza, veh!
- Carlo
- Si confidò con nessuno ancora?
- Campioni
- Con lei... caro cavaliere.
- Carlo
- Se prima di pubblicare sentisse il parere di qualcun altro... mica che io dubiti della riuscita... un libro come il suo... non può a meno di far furore, ma la sa... il dottor Massimo, per esempio.
- Campioni
- Vedo.
- Carlo
- Il dottore è amico della sua famiglia, e a tecergli una cosa di tanta importanza... potrebbe aversela a male. Ci pensi su.
- Campioni
- Ho bello e pensato... tanto più che... oramai glielo posso dire con lei... già lo tengo come di casa. È corsa col dottore qualche parola, riguardo all'Eulalia; è mia moglie che ha combinato... io già... di questi affari non me ne mischio... Sicuro, ne parlerò con Massimo... e grazie del consiglio.