La gente di spirito/Atto secondo/Scena terza
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Giuseppe Giacosa - La gente di spirito (1872)
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Carlo e Massimo.
- Carlo
- Perdoni, dottore.
- Massimo
- Ai suoi comandi.
- Carlo
- Io non ho l'onore di essere conosciuto da lei che di nome e di vista, e forse le parrà strano quanto le sto per dire, ma è così alto il conto che io faccio del suo ingegno e del suo carattere...
- Massimo
asciutto.
- Signor cavaliere...
- Carlo
- Per carità... mi risparmi quel titolo, che mi uggisce... Io professo la massima schiettezza. e quindi entro subito in materia.
- Massimo
- Gliene sarò grato.
- Carlo
- Lei... o mi sbaglio, è amico della famiglia Campioni.
- Massimo
- Sissignore.
- Carlo
- Ebbene... lo sono ancor io, ed essendolo, vorrei trovar modo di risparmiare a Campioni una sorta di ridicolo, a cui, senza saperlo, egli va incontro ad occhi chiusi.
- Massimo
- Come sarebbe a dire?
- Carlo
- Campioni mi parlò stamane di certi suoi progetti letterarii, e mi confidò la sua intenzione di pubblicare un volume.
- Massimo
- Davvero?
- Carlo
- Capisce che la mia amicizia per lui non mi fa velo agli occhi, e suppongo che anche lei, signor Massimo, penserà meco che Campioni non è...
- Massimo
sorridendo.
- No.
- Carlo
- Brav'uomo, onestissimo, che non manca d'intelligenza, ma affatto incapace di mettere insieme letterariamente qualche cosa di possibile.
- Massimo
- Ne sono convinto.
- Carlo
- Or bene, non le pare che sarebbe opera onesta e di amico vero, quella di distorlo da una simile intrapresa? È una missione difficile e delicata, ed è perciò che pensai rivolgermi a lei e sentire il suo parere.
- Massimo
- Ed io ne la ringrazio, e me le offro alleato per quandochessia.
- Carlo
- Ne ero sicuro. Solamente, temo dubbia la riuscita. Quando simili grilli pigliano a cinquant'anni, si risentono della tenacità della fibra... ma essendo in due... e ad ogni modo avremo fatto il nostro ufficio di uomini schietti, e ai tempi che corrono non è poca cosa.
- Massimo
- Come mai Campioni si è messe di queste idee in testa...!
- Carlo
- Me lo domando ancor io, e vi assicuro che il pensiero di vederlo oggetto delle poco indulgenti osservazioni del pubblico mi dà fastidio. Ci sono tanti che non aspettano neppure un pretesto per far le punte al fuso. E se poi il pretesto c'è... Ed è un ridicolo codesto che, volere o non, si rovescia un pochino sulla famiglia. Diranno che le sue donne dovevano aver del buon senso per lui.
- Massimo
- Lo ringrazio davvero della sua confidenza, e corro subito a parlarne colla signora Eugenia.
- Carlo
- No... non piglierei le cose di fronte, o in caso parlerei addirittura con lui. Campioni diffida un pochino delle sue donne.
- Massimo
- Gli disse già qualche cosa, lei?
- Carlo
- Non signore, non ne ebbi tempo. E poi la mia amicizia con lui è troppo recente perché non mi abbia ad imbarazzare molto il tema. Si tratta di abbattere insieme una convinzione, o meglio una presunzione, e una speranza... io le parlo schietto, come vede, col cuore alla mano, perché vorrei che anche noi si diventasse un po' amici, e non abbiamo per diventarlo che a dimostrarci degni della stima reciproca. Dunque non le parrebbe più opportuno di aprir lei il fuoco?... io le verrei dietro... ma senza mostrare un accordo prestabilito fra di noi.
- Massimo
- Senza dubbio. Solamente... siccome Campioni non mi tenne parola ancora di questo progetto, come fare a parlargliene senza dire che lo conobbi da lei?
- Carlo
- È vero. Farò io il primo, allora, e indurrò Campioni a consultarla.
- Massimo
- Benissimo. Lo sento che viene.
- Carlo
- Mi lasci solo con lui. Arrivederlo dunque, caro signor dottore.
- Massimo
stringendogli la mano.
- Arrivederlo.
Via.
- Carlo
- È un buon diavolo... ma...