La fine di un Regno (1909)/Parte III/Documenti vol. I/VI

Documento VI

../V ../VII IncludiIntestazione 23 marzo 2021 75% Da definire

Documenti vol. I - V Documenti vol. I - VII

[p. 40 modifica]

Documento VI, velume I, cap. VI.


Sulla morte di Domingo Ruix de Arana.


1855 — dicembre 5 — Alfonso Casanova a suo cognato Giuseppe Antonacci in Trani.

...Io non so come e da che cominciare la presente mia lettera. Quanto tu la desideri e l’aspetti, tanto il mio spirito soffre una violenza nello scriverla. Arana! il nostro incomparabile amico, quella anima così cara ed affettuosa, non è più. Avvezzi da così lungo tempo ad averlo in pratica e ad amarlo, poche privazioni d’amici potrebbero per te e per me agguagliare quest’una. Ed io, e tutti noi di casa non pensiamo da più giorni che a te, prediletto forse tra noi amici di quello sfortunatissimo giovine! Io lo vidi l’ultima volta al teatro dei Fiorentini, la sera di martedì 27 di novembre. Uscendo dal teatro abbiamo scherzato insieme. Eravamo soliti a quell’ora di percorrere su e giù Toledo, quasi ogni sera: quella sera no. L’indomani e il giorno appresso le mie ore passarono fra Beatrice, Nonnò [p. 41 modifica]e i Miracoli.1 La sera di giovedì era un tempo orribile, ed io non uscii. Cesare uscì e verso le 10 e mezza tornò a casa con un volto sbigottito e addoloratissimo. Gli riuscì malgrado le insistenze mie, che avevo presagito una disgrazia, di eludere ogni mia sollecitudine: e appena la mattina del venerdì mi disse che il povero Arana era preso dal cholèra. Quando io mi fui ostinato di volere accorrere ad assisterlo, fu necessario di confessarmi che Arana già da venti ore era morto!!

La mattina del mercoledì 28 Arana s’era desto con un po’ di diarrea. Già dai principii del mese d’ottobre l’era venuta soffrendo a quando a quando; ma così mite, che poche pozioni d’acqua di riso erano sufficienti a liberarnelo. Credette che anche allora non si trattasse che di tanto, e mandò a dire a Rubino2 che a suo comodo fosse venuto da lui. Vedi se questa malattia toglie il senno! La diarrea era già diventata di natura cholerosa e Arana era ancora alzato. Nè si corcò se non quando sopraggiunse Rubino, e Marcello, che s’accorse per una combinazione, e fu il solo napolitano che potè esser presente all’ultima infermità di chi amava ed era amato da tanti napoletani come fratello! Sotto l’uso della canfora, abusata molto da Rubino, egli peggiorò: ma la stessa canfora potè poco agire altro che sopra i suoi nervi, i quali si eccitavano al vomito, appena una sola gocciola di quello spirito gli toccasse le labbra. A poco a poco i polsi risalirono al principio delle braccia; benchè algidismo non ce ne sia stato mai, anzi sudore (Dio sa di che natura) ma sudore. Verso le ore sei essendo stati chiamati altri medici, Biondi e Rosati, egli che s’era così visto peggiorare sotto l’omeopatia, volle affidarsi a questi. E dopo aver preso i sacramenti (e per proprio desiderio, e per consiglio dei medici) incominciò a prendere il chinino.

Non ne prese in tutto che vent’acini. Ma la vera sede della malattia, in tutti già, ma in lui specialmente, era ai nervi, i quali negli ultimi mesi gli si erano indotti in uno stato di prostrazione e d’irritabilità quasi incredibile. E pare che i rimedii prescelti così dall’uno come dall’altro sistema, fossero appunto i meno adatti a quel suo stato. Ond’è che quella dose di chinino non altissima bastò a farlo peggiorare, come era già bastata quella quasi indiretta azione della canfora. Non ostante i medici furono contenti d’un sopore, in cui entrò, e nel quale rimase tutta la notte, che fu creduta da essi tranquillissima e di ristoro. Alle dieci e mezza del giovedì mattina parlò l’ultima volta, ma con voce fioca e con viso tramutato [p. 42 modifica]irriconoscibile. Parlò di sua madre, alla quale sarebbe rivolato dopo la convalescenza, e disse che si sentiva star meglio. Poi ricadde in un sopore più grave dal quale insensibilmente passò ad altra vita!

Forse questi particolari ti attristeranno: ma conosco la tua anima, e credo che devi averne bisogno: non foss’altro, per credere poi veramente quello che pare incredibile: cioè che lo spazio di pochissime ore è bastato per privarci per sempre di un così amatissimo ed affettuosissimo amico!

Frattanto egli aspettava il freddo come una cagione che il morbo si volgesse alla sua fine: e il freddo ci è venuto lo stesso giorno di giovedì, e dura e il colera decresce realmente. Il bollettino di avant’ieri fu di soli otto.

Di tanti suoi amici il solo Marcello (Marcello Gallo, amicissimo anch’egli dell’Arana) ha avuto la fortuna di poter fare qualche cosa per lui. Noi quindi siamo nell’idea di unirci tutti per fargli un solenne funerale, cui concorreranno pure i diplomatici. Se questo pietoso pensiero verrà ad effetto, vuoi tu esserci?

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .



Note

  1. Il celebre educandato di Napoli, nel quale erano chiuse le tre figliuole dell’Antonacci, nipoti del Casanova. Nonnò era la nonna, la quale aveva sposato in seconde nozze il principe di Ottajano; e Beatrice era la sorella di Alfonso, maritata al duca Gurgo di Castelmenardo.
  2. Il medico curante.