La favorita del Mahdi/Parte III/Conclusione
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Conclusione.
Sono trascorsi due mesi. Una sera, mentre la luna s’alzava sull’orizzonte illuminando vagamente gli esili minareti di El-Obeid e le tende dell’accampamento degli insorti e le stelle fiorivano in cielo scintillando vivamente, due uomini avvolti in candidi taub se ne andavano a lenti passi verso la strada che conduceva al lago Tscherkela.
Uno era Ahmed Mohammed, l’altro era lo sceicco Abù-el-Nèmr. Il primo era lo stesso uomo come abbiamo veduto due mesi innanzi, il secondo invece era interamente cambiato.
Precoci rughe solcavano la sua fronte e sul suo volto vedevasi scolpita ancora una viva disperazione. Gli occhi avevano perduto l’usuale loro splendore, ed erano diventati melanconici, cupi e l’altra sua persona erasi curvata come sotto il peso dell’età. Quell’uomo in poche settimane era invecchiato di dieci anni.
S’erano allontanati già più d’un miglio dall’accampamento, quando Ahmed bruscamente arrestossi.
— Guarda, Abù, diss’egli.
Il guerriero rialzò il capo, chino sino allora sul petto, e guardò. Un cavaliere era apparso sulla bruna linea dell’orizzonte e si avvicinava di carriera.
— Chi sia? chiese Ahmed, dopo qualche istante.
— Fosse un messaggiero, rispose con voce cavernosa Abù.
— Se portasse notizie di...
— Taci, Ahmed, taci! esclamò lo sceicco.
Ahmed lo guardò con compassione e scosse il capo.
Il cavaliere era allora giunto a cento metri da loro. Rattenne il cavallo, come indeciso sulla via da prendere, poi riprese la corsa dirigendosi verso il Mahdi.
— All’inviato di Dio, diss’egli, balzando a terra e consegnandogli una pergamena arrotolata.
Ahmed s’impadronì vivamente di quella carta e vi gettò sopra gli occhi. La sua faccia s’annuvolò e un profondo sospiro gli uscì dalle labbra.
— Che hai? chiese Abù-el-Nèmr, guardandolo cogli occhi accesi.
— Notizie di loro, rispose Ahmed.
— Chi loro?
— Fathma e Abd-el-Kerim.
— Leggi!... leggi, Ahmed!... balbettò lo sceicco con un filo di voce.
Il Mahdi si passò più volte una mano sugli occhi che erano diventati umidi, poi lesse questa laconica lettera:
«Da Shendy.
- Ad Ahmed Mohammed Mahdi.
Salute a te, all’amico Abù-el-Nèmr e al tuo esercito. Le tue guide ci hanno condotti felicemente a Shendy, dove fummo bene accolti dai tuoi nemici gli egiziani. Oggi abbiamo celebrata la nostra unione. Dio ti protegga.
Abd-el-Kerim e Fathma».
Aveva appena terminato di leggere, che al suo fianco scoppiava una fragorosa detonazione. Si volse precipitosamente e mandò un acutissimo grido. Abù-el-Nèmr giaceva per terra colla testa sfracellata, stringendo ancora nella dritta la fumante pistola colla quale si era suicidato.
— Abù-el-Nèmr! gridò egli singhiozzando e inginocchiandoglisi accanto.
Il guerriero aprì gli occhi; un amaro sorriso increspò le sue labbra insanguinate. Cercò di sollevarsi, ma non vi riuscì; allungò le braccia e strinse convulsivamente le mani dell’amico.
— Muoio... felice!... rantolò egli. Perdonami... Ho amato... Fathma... Tutto... tutto è... finito... Ad...dio... amico!...
Uno sbocco di sangue gli soffocò l’ultima parola. Un fremito agitò il suo corpo, poi s’irrigidì. Abù-el-Nèmr aveva cessato di vivere1.
FINE.
Note
- ↑ Quando Shendy fu espugnata dai ribelli, il Mahdi rivide Fathma ed Abd-el-Kerim, ma aveva ormai a loro perdonato e non fece male alcuno. Anzi innalzò Abd-el-Kerim al grado di sceicco, lasciandogli la libertà di ritirarsi in quella città che meglio gli convenisse.