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— Guarda, Abù, diss’egli.
Il guerriero rialzò il capo, chino sino allora sul petto, e guardò. Un cavaliere era apparso sulla bruna linea dell’orizzonte e si avvicinava di carriera.
— Chi sia? chiese Ahmed, dopo qualche istante.
— Fosse un messaggiero, rispose con voce cavernosa Abù.
— Se portasse notizie di...
— Taci, Ahmed, taci! esclamò lo sceicco.
Ahmed lo guardò con compassione e scosse il capo.
Il cavaliere era allora giunto a cento metri da loro. Rattenne il cavallo, come indeciso sulla via da prendere, poi riprese la corsa dirigendosi verso il Mahdi.
— All’inviato di Dio, diss’egli, balzando a terra e consegnandogli una pergamena arrotolata.
Ahmed s’impadronì vivamente di quella carta e vi gettò sopra gli occhi. La sua faccia s’annuvolò e un profondo sospiro gli uscì dalle labbra.
— Che hai? chiese Abù-el-Nèmr, guardandolo cogli occhi accesi.
— Notizie di loro, rispose Ahmed.
— Chi loro?
— Fathma e Abd-el-Kerim.
— Leggi!... leggi, Ahmed!... balbettò lo sceicco con un filo di voce.
Il Mahdi si passò più volte una mano sugli occhi che erano diventati umidi, poi lesse questa laconica lettera:
«Da Shendy.
- Ad Ahmed Mohammed Mahdi.
Salute a te, all’amico Abù-el-Nèmr e al tuo esercito. Le tue guide ci hanno condotti felicemente a Shendy, dove fummo bene accolti dai tuoi nemici gli egiziani. Oggi abbiamo celebrata la nostra unione. Dio ti protegga.
Abd-el-Kerim e Fathma».