La capitana del Yucatan/27. In rotta per Santiago
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CAPITOLO XXVII.
In rotta per Santiago.
Sfuggito all’agguato teso dal capo degl’insorti e dal cubano entro quel pericoloso canale, l’Yucatan aveva continuata la sua rapidissima corsa per giungere a sua destinazione, prima che qualche grave avvenimento rendesse impossibile l’accesso alla baia di Santiago.
Temendo che al largo incrociassero le grandi corazzate americane, Cordoba aveva diretto l’Yucatan verso la costa cubana, volendo mantenersi fra le isole e le scogliere onde, nel caso d’un pericolo, cacciarsi prontamente in qualche rifugio. La navigazione era certamente meno facile, abbondando le coste della grande isola di banchi di sabbia, di scoglietti a fior d’acqua e d’isole ed isolotti, ma Cordoba non si preoccupava gran che, conoscendo a perfezione quei paraggi.
Lasciati adunque i cayos di S. Felipe, l’Yucatan risalì un po’ al nord fino a che apparvero sulla linea dell’orizzonte le coste dell’isola, poi piegò verso l’est onde raggiungere il capo Matchambre che delimita, verso il sud, l’ampia ensenada della Broa.
Il mare si manteneva tranquillo, però il cielo non prometteva una lunga calma. Delle nubi, che il vento del sud spingeva ed accumulava verso le coste di Cuba, si mostravano in grande numero, annunciando il principio della triste stagione delle pioggie.
Fra poco dovevano cominciare quei diluvi che tramutano le coste meridionali di Cuba in immense paludi, specialmente fra l’ensenada della Broa e quella di Cochinos e fra quella di Corrientes e di Cortez e quella della provincia di Puerto Principe.
Per l’Yucatan bastarono poche ore per attraversare la distanza che lo separava dal capo Matchambre, poi discese lungo le sponde paludose della Zapata, cacciandosi fra quella moltitudine di scogli, d’isole e d’isolotti che vengono chiamati i cayos de Juan-Luis.
Quella lunga fila di piccole terre che si prolunga, quasi senza interruzione, fino alla baia di Cazones, offriva uno splendido colpo d’occhio, specialmente alla luce del tramonto. Qua e là pareva che dei giardini pittoreschi galleggiassero sulle acque azzurro-cupo del mare; ogni isola, ogni isolotto, ogni brano di terra erano coperti d’una fitta e splendida vegetazione, d’una bella tinta verde smeraldo.
Fra quei cespi di verdura si vedevano sempre giganteggiare gli splendidi palmizi reali, colle lunghe foglie piumate e disposte in forma di superbi ventagli.
Talvolta però la scena cambiava bruscamente ed a tutto quel verde succedevano scogli aridissimi, bruciati, calcinati dall’implacabile sole quasi equatoriale, spaventosamente dirupati e colle basi minate, sventrate dall’eterna azione delle onde.
Quando apparivano, l’Yucatan subito rallentava la corsa non ignorando Cordoba che in quei paraggi altri scogli sottomarini vi si trovavano e che numerosi banchi sabbiosi si estendevano in varie direzioni.
Quando il sole scomparve sotto l’orizzonte e le tenebre cominciarono a calare rapide, l’Yucatan si trovava quasi dinanzi alla baia di Cazones. Cordoba e la marchesa non osando impegnarsi, con quell’oscurità, fra la moltitudine d’isolotti e di scogli che dalle coste di Cuba si prolunga fino alle isolette chiamate de Los Jardinillos, fecero guidare la nave entro la profonda insenatura, nascondendola fra i cayos Blancos.
La notte trascorse tranquilla, però i marinai di guardia dovettero combattere continuamente contro sciami giganteschi di avide zanzare, che accorrevano dalle vicine paludi della Zapata.
All’alba stavano per salpare onde riprendere la corsa, quando fu segnalata una scialuppa che si dirigeva verso l’Yucatan a tutta forza di remi, come se volesse accostarlo.
Cordoba che era già in coperta assieme alla marchesa, puntò un cannocchiale e s’accorse che era montata da quattro soldati spagnuoli e da un sergente.
— Cosa vorranno comunicarci? — si chiese il tenente, facendo segno a Colon di sospendere la partenza.
— Che vengano ad assicurarsi se noi siamo spagnuoli? — chiese donna Dolores.
— Abbiamo la bandiera spagnola sull’albero maestro, — rispose Cordoba. — L’ho fatta spiegare ieri sera.
— Allora verranno a dirci qualche cosa.
— Lo sospetto, donna Dolores. —
La scialuppa che s’avanzava rapida, come se avesse molta fretta d’abbordare l’Yucatan, in un quarto d’ora giunse a cinquanta passi.
— Ohe! — gridò il sergente. — Ove andate voi?
— A Santiago, — rispose Cordoba.
— Voi siete dei nostri, se non c’ingannate.
— Siamo spagnuoli, sergente. Abbiamo a bordo un capitano dell’esercito, e armi e munizioni da sbarcare a Santiago.
— Il capo posto della baia m’incarica di mettervi in guardia onde non vi fate catturare.
— Da chi?...
— Dalle navi americane che incrociano dinanzi a Cienfuegos.
— Diavolo! — esclamò Cordoba. — Bloccano la piazza?
— E l’hanno già bombardata, — aggiunse il sergente. — Girate al largo o vi farete prendere.
— Vi sono molte navi?
— Si dice che vi siano tre incrociatori ed una corazzata.
— Grazie, sergente, ci guarderemo da quei furfanti di yankees.
— Buon viaggio, caballeros! —
La scialuppa virò di bordo e si allontanò scomparendo dietro una linea di scoglietti che si prolungavano in direzione del cayo Blanco.
— Cosa pensate di fare, signor Cordoba? — chiese il capitano Carrill.
— Lo domando a donna Dolores, — rispose il tenente.
— Bisogna cambiare rotta, amico mio, — disse la marchesa. — Se noi continuiamo a seguire le coste ci faremo scoprire, inseguire e cannoneggiare dalle navi che bloccano Cienfuegos.
— È verissimo, donna Dolores.
— Se facessimo rotta pel sud, tenendoci al di là delle isole de Los Jardinillos, credi tu di poter sfuggire la crociera?
— Lo spero, — rispose Cordoba. — Noi ci terremo molto al largo dal golfo di Cazones e punteremo sui cayos de las Doces Leguas.
— Ancora fra le isole?...
— È necessario, donna Dolores. Noi non possiamo affrontare una corazzata americana, anzi nemmeno un incrociatore. L’Yucatan è una nave da corsa, non da combattimento, voi lo sapete.
— Mi rimetto alla tua esperienza ed alla tua prudenza, amico, — disse la marchesa. — Partiamo subito?
— Lo volete? Forse correremo qualche rischio lanciandoci al largo in pieno giorno; però la nostra macchina può portarci ben lontani e lasciare indietro le pesanti corazzate americane.
— Partiamo, Cordoba, o giungeremo a Santiago troppo tardi. —
Mastro Colon fece salpare l’àncora e l’Yucatan lasciò la baia con una velocità di dieci nodi all’ora, volendo Cordoba far risparmio, finchè lo poteva, di carbone.
Il cielo era un po’ fosco, però verso il sud l’orizzonte era limpidissimo e si poteva scorgere a grande distanza una colonna di fumo annunciante la presenza di qualche nave americana, le sole ormai che potessero mostrarsi nelle acque cubane.
Nulla però appariva pel momento; nessuna linea oscura s’alzava sul mare, nè alcun punto nero si vedeva spiccare sulla superficie del mare, che il sole allora appena sorto, faceva scintillare, cospargendolo di pagliuzze d’oro.
Cordoba si era messo al timone, mentre il capitano Carrill e la marchesa, situati ai suoi fianchi, osservavano attentamente l’immenso cerchio dell’orizzonte con due cannocchiali di lunga portata.
Usciti da quel caos d’isole e di isolotti che si raggruppano all’entrata della piccola baia, l’Yucatan cominciò ad aumentare considerevolmente la velocità, dirigendosi verso il cayo Largo, terra di dimensioni notevoli e che forma, assieme a molte altre minori, una specie di barriera che va quasi ad unirsi alle spiagge della grande isola dei Pini.
Alle dieci, già anche quell’ampio spazio di mare veniva felicemente superato senza aver incontrato alcuna nave, e mezz’ora dopo l’Yucatan si cacciava audacemente in mezzo agli scogli ed agli isolotti per tagliare quella specie di barriera.
Avrebbe potuto, con minori difficoltà, imboccare il canale di Rosario che si trovava un po’ più all’ovest, ma essendo prescelto dalle navi che si recano verso Cuba, Cordoba invece lo evitò, temendo di fare l’incontro di qualche incrociatore o di qualche cannoniera nemica reduce dal blocco dell’isola dei Pini.
Procedendo con velocità ridotta e con molte precauzioni onde non arenarsi su quei numerosi bassi fondi, a mezzodì l’Yucatan, dopo d’aver costeggiato per qualche tratto l’isola Larga, si slanciava a tutto vapore verso il sud-est.
Il mare s’apriva dinanzi alla sua prora, in tutta la sua immensità, senza isole, senza scogli, senza banchi pericolosi e, quello che più importava, senza navi nemiche, poichè sul luminoso e purissimo orizzonte nessuna colonna di fumo s’alzava.
— Dio ci protegge, — disse la marchesa a Cordoba che aveva allora abbandonata la ruota del timone. — Ecco una traversata che ha del prodigioso.
— Sì, donna Dolores, — rispose il tenente. — Io non credevo di sgattaiolare fra quella barriera d’isole senza mandare l’Yucatan contro qualche banco o senza fare l’incontro di qualche nave nemica.
— Il pericolo però tornerà presto, signora marchesa, — disse il capitano Carrill. — Io temo che non sia cosa facile entrare in Santiago.
— Sarà la prova più tremenda, — aggiunse Cordoba, — pure spero di riuscire a condurre l’Yucatan anche in Santiago. Appena noi avvisteremo il capo della Cruz, non navigheremo che di notte.
— Le navi americane hanno delle potenti lampade elettriche.
— Lo so, capitano, anzi siamo già stati illuminati da quei fasci di luce presso Sant’Antonio, pure siamo riusciti a sfuggire. La nostra nave è piccola, non ha fumo, può sommergersi quasi tutta, quindi non è difficile ingannare le navi nemiche che essendo troppo grosse sono costrette ad incrociare al largo.
— Conoscete Santiago, signor Cordoba?
— Sì, capitano.
— Si dice che l’accesso alla baia sia difficile.
— Assai, dovendosi passare per un canale ristrettissimo, nondimeno non m’inquieto e sono certo di poterlo imboccare anche di notte.
— Io ho fiducia intera in te, — disse la marchesa. — Tu sei uno dei più abili lupi di mare che abbia conosciuti. Mio marito ha avuto un felice pensiero nello sceglierti per l’Yucatan.
— Grazie, donna Dolores, ma io conosco un’altra persona che sa condurre questa nave con pari abilità.
— E chi è?
— Voi, donna Dolores.
— Ah! Burlone!
— No, donna Dolores, non burlo e l’equipaggio non senza motivo vi chiama la Capitana. Quante volte non avete guidata la vostra nave, nei momenti più difficili, e quante volte l’avete sottratta al furor delle onde!
— Ora però sono in riposo, Cordoba.
— Forse non per molto. Guardate, donna Dolores; il tempo ha un grande desiderio di guastarsi. Se il vento di levante comincia, porterà con sè masse di vapori ed il mare non si terrà indietro.
— Lo so, Cordoba ed è appunto questo cambiamento di tempo che m’inquieta non poco.
— Forse ci sarà vantaggioso.
— Per forzare più facilmente il blocco?
— Sì, donna Dolores. Con tempo nebbioso noi potremo guizzare più facilmente attraverso le crociere americane.
— Lo vedremo, Cordoba. —
Mentre chiacchieravano, l’Yucatan continuava la sua rapida corsa verso il sud-est, mantenendo una velocità di quindici nodi all’ora.
Più che s’inoltrava nel così detto mar dei Caraibi, l’onda diventava più forte, facendolo beccheggiare vivamente. Pareva che nelle regioni più meridionali la stagione delle piogge fosse già cominciata e che qualche tempesta avesse già flagellate le coste del continente americano, quelle della Venezuela e delle Guaiane.
Bande di rincopi e di fetonti volteggiavano a fior d’acqua, seguendo le larghe ondulazioni e tuffandosi talvolta fra la spuma per dare la caccia ai pesciolini, mentre in alto filavano, rapidi come folgori, i rondoni di mare.
In acqua invece si vedeva comparire qualche pesce veliero che si lasciava trasportare placidamente dal vento, tenendo tesa la sua larga pinna dorsale, e di quando in quando qualche vorace squalo veniva a fare la ronda sotto la poppa della nave, mostrando il suo muso orribile. Non erano veri pesci-cani, bensì delle zigaene, chiamate pure pesci-martelli, mostri bruttissimi, lunghi sovente quindici piedi e grossi assai, colla testa foggiata a martello e con gli occhi rotondi, grossi e dal lampo pauroso.
Sono feroci quanto i pesci-cani fors’anche di più e si scagliano con grand’impeto addosso ai disgraziati che cadono in mare, tagliandoli a metà con un solo colpo delle loro formidabili mascelle. Tuttavia vi sono non pochi indiani della Venezuela, specialmente i Caraibi, i quali osano ancora affrontarli per pascersi delle carni di quei mostri e riportando quasi sempre vittoria.
Verso il tramonto l’Yucatan, che doveva trovarsi, secondo i calcoli di Cordoba e della marchesa all’altezza di Trinidad, modificò la rotta per risalire verso i cayos de las Doce Leguas, non stimando prudente muovere direttamente verso il capo della Cruz, che forma la punta estrema di quella specie di penisola che delimita le coste meridionali di Cuba.
Aveva già cominciato a risalire verso il nord-est, quando la marchesa che stava ammirando il sole prossimo a tuffarsi in mare, in mezzo ad un oceano di luce rossa che faceva scintillare vivamente le acque, additò a Cordoba un isolotto perduto sull’orizzonte.
— Cos’è quella terra? — chiese.
— Ah!... — esclamò Cordoba. — È l’isola Serrano, un’isola che fu un tempo celebre.
— E perchè, amico?... È avvenuto qualche tragico fatto su quel brano di terra perduto sul mare?
— Ha servito di rifugio a Pedro Serrano.
— Ne conosco ora meno di prima, Cordoba.
— Al Robinson spagnuolo.
— Non conosco questa istoria. Ho letto quella del Robinson inglese scritta dal Foë, ma ignoro quella del nostro compatriota.
— Non è una istoria recente, poichè risale alla metà del XVI secolo, ma non è meno interessante nè meno commovente dell’eroe di Foë.
«Pedro Serrano, un bravo marinaio, nuotatore instancabile, si era imbarcato su di una vecchia caravella cubana che doveva recarsi nella Venezuela, se non erro.
«Una tempesta la manda ad infrangersi contro un’isola da nessuno conosciuta, tutto l’equipaggio escluso il solo Serrano, miseramente annega.
«Il povero marinaio, dopo una lunga lotta colle onde, riusciva a prendere terra su quell’isola da tutti ignorata quasi nudo, e con un solo coltello che aveva miracolosamente conservato.
«L’isola era deserta, senza piante e senza animali. Chiunque si fosse trovato al posto del povero marinaio si sarebbe lasciato morire, pure invece egli non volle cadere senza lotta.
«Visse dapprima con granchi di mare, poi, avendo sorpreso delle testuggini ne capovolse parecchie, assicurandosi i viveri per qualche tempo. Quel fascio luminoso procedeva sempre, correndo incontro alla piccola nave.
«Essendo però incominciata la stagione delle piogge ed essendo quasi nudo, soffriva molto. Un giorno però, trovati alcuni ciottoli in fondo al mare, riuscì a procurarsi del fuoco, servendosi del suo coltello come d’acciarino e di alcuni fili ritorti per esca. Mancava la legna sull’isola, ma il mare era ricco d’alghe e se ne servì seccandone una grande quantità.
«Quel fuoco doveva durare degli anni.
«Non contento pensò a costruirsi un ricovero e colla pazienza vi riuscì, formando una specie di tetto, con dei gusci di testuggine che era riuscito, mediante delle tacche, a riunire incassandole le une colle altre.
«Dopo il fuoco il ricovero, dopo il ricovero il fornello, poi delle stoviglie. Dal nulla, ricorrendo a tutte le facoltà della sua intelligenza, dopo un anno era riuscito a migliorare la sua condizione.
«Un giorno, un altro naufrago, venne a cercare asilo su quell’isola deserta. Al pari di Serrano era sfuggito miracolosamente alla morte, mentre tutti i suoi camerati erano stati inghiottiti dal mare.
«Per quattro anni quei due disgraziati stettero insieme, lottando disperatamente per non morire di fame, finchè vennero raccolti da una nave che, per puro caso, spinta dai venti aveva gettata l’àncora in una piccola baia di quell’isola.»
— Povero uomo!... — esclamò la marchesa, che aveva ascoltato attentamente. — Sopravvisse poi?...
— Lui sì, e potè rivedere la Spagna, ma il suo compagno morì durante il viaggio. Tornato in patria fu costretto a ramingare di villaggio in villaggio mostrandosi come un selvaggio e quasi nudo. Si dice che avesse una barba smisurata e che la sua faccia avesse assunto un aspetto veramente pauroso.
«Un giorno però, l’imperatore Carlo V, saputa la istoria di quel povero Robinson, volle vederlo, e per compensarlo delle miserie patite gli concesse una pensione che doveva essergli pagata dal vicerè di Panama.
«Serrano riprese il mare, giunse in America ma non potè riscuotere una sola piastra poichè la morte lo colse quasi alle porte di Panama.
«Dopo tanti anni di vita selvaggia, il ritorno alla vita civile gli era stato fatale!...»