La capanna dello zio Tom/Capo VI

VI. Scoperta

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Harriet Beecher Stowe - La capanna dello zio Tom (1853)
Traduzione dall'inglese di Anonimo (1871)
VI. Scoperta
Capo V Capo VII
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CAPO VI.


Scoperta.


I coniugi Shelby, dopo il discorso protratto a notte molto innoltrata, non riuscirono facilmente a prender sonno, e perciò, al domattina, si risvegliarono più tardi del solito.

— «Mi fa stupire che Elisa non comparisca» disse la signora Shelby, dopo aver suonato più volte il campanello per chiamarla.

Il signor Shelby stava ritto innanzi ad uno specchio affilando un rasoio, quando si aprì la porta e si fece innanzi un giovanetto meticcio che portava acqua per lavarsi.

— «Andrea — disse la padrona — va a bussare alla camera di Elisa e dille che l’ho già chiamata tre volte. Povera creatura!» riprese fra se stessa con un sospiro. [p. 44 modifica]

Andrea tornò subito cogli occhi spalancati per meraviglia. — «Signora, la camera di Elisa è aperta, tutto a sossopra; credo che sia fuggita!»

La verità brillò d’un tratto alla mente de’ due coniugi.

— «Ebbe qualche sentore — disse il marito — ed è fuggita.»

— «Ne sia ringraziato il cielo — esclamò la signora Shelby — lo spero!»

— «Moglie mia, tu parli da insensata. Se fosse realmente fuggita, mi troverei in un bellissimo imbroglio. Haley ha veduto come esitassi a vendergli quel fanciullo; crederebbe che, d’accordo colla madre, l’abbia tutto fuggir io. Ciò compromette il mio onore; e subito uscì di camera.»

Per circa un quarto d’ora fu un gran fracasso di porte che si aprivano, di porte che si chiudevano, un andare, un venire di persone d’ogni colore. L’unica persona che avrebbe potuto dar qualche indizio sull’accaduto, stava zitta zitta, ed era la cuoca in capo, la zia Cloe. Taciturna, con una nube di dolore su quella faccia, d’ordinario così allegra, badava a cavar dal forno i suoi biscotti, quasi nulla udisse, nulla vedesse del gran baccano che si facea all’intorno.

Bentosto una dozzina di ragazzetti si appolaiarono, come corvi, sulla scala della verenda, bramoso ciascuno di essi di annunziar primo la mala ventura al nuovo padrone.

— «Vorrei essere legato, se non diventa pazzo» disse Andrea.

— «Che bestemmie tirerà fuori!» esclamò il piccolo Giacomo.

— «Bestemmierà certamente — proruppe il giovane Mandy dai cappelli lanosi; — l’udii benissimo ier l’altro a pranzo. Mi tenea presso la sala, nel gabinetto ove si ripone il vasellame e non mi sfuggì una sola parola.»

Mandy, che in tutta sua vita non avea mai compreso il significato di una parola, più che nol comprenda un gatto nero, si dava apparenza di saper gran cose, e dimenticava di aggiungere che se era andato ad appiattarsi tra le bottiglie, era per dormire e non per vegliare.

Quando finalmente comparve Haley in istivali e sproni, fu salutato da tutte le parti con alte grida che gli davano il triste annunzio. Que’ negrucci, appostati sulla verenda, mal non si apposero nella loro speranza di sentirlo a bestemmiare; e ciò egli fece con una vena, con una foga, che recò ad essi un piacere meraviglioso, mentre si curvavano, e qua e là balzavano per tenersi a conveniente distanza dai colpi del suo scudiscio; riusciti finalmente a svignarsela, corsero l’un sull’altro a rotolarsi sull’erba del cortile, dove ebbero agio di far capriole e di schiamazzare a loro talento.

— «Se vi avessi tra le mani, demoniotti!» mormorò Haley tra i denti.

[p. 45 modifica]— «Ma non ci avete» disse Andrea con atto di trionfo, e facendo le più strane smorfie colla bocca dietro le spalle del mal arrivato mercante di negri, che più non era a portata di udito.

— «Posso dire, Shelby, che la è questa una ventura ben singolare! — cominciò Haley entrando in sala senza altra cerimonia. — Pare che quella meticcia abbia sfrattato col suo bambino.»

— «Signor Haley — disse Shelby — la signora Shelby è qui presente.»

— «Chieggo scusa, signora — disse Heley, facendo un lieve inchino col capo; — ma, come dicea pocanzi, è una avventura ben singolare. È ciò vero, signore?»

— «Signore — rispose Shelby — se avete qualche cosa a dirmi, usate alcun che dei modi di un gentiluomo. Andrea, prendi il cappello e lo scudiscio del signore. Siedetevi, signore. Duolmi dovervi annunziare, che quella giovane, eccitata da qualche racconto esagerato di quanto era convenuto tra noi, prese di notte il suo bambino e fuggì via.»

— «Mi aspettava, lo confesso, che in questo affare avreste agito lealmente con me» disse Haley.

— «Signore — replicò Shelby con accento corrucciato — che intendete voi dire con ciò? Per chiunque metta in dubbio la mia onoratezza, non ho a rispondere che una parola.»

Il mercante di schiavi si riaumiliò a queste parole, e mormorò sommessamente che era pure la triste cosa l’aver conchiuso un contratto e vedersi gabbato in tal modo.

— «Signor Haley — disse Shelby — se non avessi compreso il dispetto che dovete provarne, non avrei tollerato che stamane poneste piede in mia casa con sì mal garbo; aggiungerò che ad onta delle apparenze non potrei tollerare si muovessero maligne insinuazioni sul conto mio. Mi sento tuttavia in obbligo di prestarvi ogni specie di aiuto; porre agli ordini vostri i miei servi, i miei cavalli, acciò possiate ricuperare le roba vostra. In somma, Haley — riprese egli, passando improvvisamente da una fredda riserbatezza a quel fare aperto, disinvolto che gli era proprio — il miglior modo di conservare il vostro buon umore e di far colazione con noi, e quindi avviseremo ai mezzi che saranno più acconci.»

In quel momento la signora Shelby si levò da sedere, protestando che le sue occupazioni non le consentivano di prender parte alla colazione; e, incaricata una rispettabile matrona meticcia di preparare ogni cosa, uscì dalla camera.

— «La vecchia dama non ama gran fatto il vostro umile servitore» disse Haley, facendo uno sforzo per dimostrare dimestichezza.

— «Non sono solito a sentir parlare così di mia moglie,» disse seccatamente Arturo Shelby.

[p. 46 modifica]— «Scusatemi; non è che uno scherzo» soggiunse Haley con sorriso sforzato.

— «Vi sono scherzi più o meno felici» ripigliò Shelby.

«Diavolo! — disse Haley tra se stesso — è divenuto ben superbo da che firmai quelle carte; ben superbo da ieri.»

La caduta di un primo ministro non produsse mai in alcuna corte sensazione tanto profonda, quanto la notizia della sorte di Tom divulgatasi tra i suoi compagni. Questo era l’argomento principale di tutti i discorsi; in casa e nei campi non si fece che discuterne le possibili conseguenze. La fuga di Elisa — avvenimento veramente inaspettato in famiglia — venia non poco ad accrescere la maraviglia generale.

Samuele il Nero, così soprannominato, perchè era nero tre gradi più di qualunque altro nero, meditava profondamente questo affare in tutte le sue fasi, in tutte le sue conseguenze, con una perspicacia, con una logica nel proprio interesse che avrebbero fatto onore a qualsiasi bianco, dimorante in Washington.

«Spira un cattivo vento per di qua» disse Samuele con gravità, dando, per giunta, una tirata a’ suoi calzoni, e sostituendo ingegnosamente un lungo chiodo ad un bottone mancante, operazione di cui parea si compiacesse.

«Davvero, spira un cattivo vento per di qua — ripetè Samuele — Tom è caduto, e qualche nero deve occupare il suo posto; perchè non sarò io quello? ecco la mia idea. Tom solea cavalcare liberamente all’intorno — aver bei stivali inverniciati — un passaporto in saccoccia, insomma vivea da signore. Perchè egli e non io? ecco ciò che non so intendere.»

— «Olà, Samuele, Samuele! — gridò Andrea, interrompendo il soliloquio di lui — il padrone ti incarica di insellargli Bill e Terry.»

— «Che? vi è qualche cosa di nuovo, ragazzo mio?»

— «Che? non sai ancora che Elisa è fuggita col suo figliuoletto?»

— «Credi farmi da maestro! — disse Samuele con aria di profondo disprezzo. — Questo nero è veramente ancor giovane!»

— «Benissimo; ma intanto il padrone vuole che si insellino Bill e Terry; tu ed io con Haley terremo dietro ad Elisa.»

— «Buon per me; la fortuna è giunta! — disse Samuele; — si ricorre all’opera di Samuele; egli è il negro da ciò. Vedrai se so cogliere il destro; il padrone vedrà a prova ciò che Samuele sa fare!»

— «Oh! adagino, Samuele — disse Andrea — pensaci bene tre volte, la padrona non ha desiderio che sia raggiunta; la tua lana potrebbe pagarne il fio.»

— «Oh! oh — disse Samuele, spalancando gli occhi. — E chi te lo ha detto?»

[p. 47 modifica]— «Lo intesi stamane, colle mie proprie orecchie, mentre portava acqua al padrone. Mi mandò a vedere perchè Elisa non venisse a vestirla; e quando corsi ad annunziarle che la era fuggita, esclamò subito: Dio sia lodato! Il padrone ne parea fuori di sè e le disse: moglie mia, tu parli da insensata. Ma, Dio buono! la signora la vincerà! conosco abbastanza come finiscono queste faccende; assicuro che è meglio stare colla padrona.»

Samuele il Nero si grattò, a queste parole, il suo zuccone lanoso, il quale, tuttochè non contenesse una profonda sapienza, racchiudea almeno una buona dose di quel criterio che è comune ai politici di ogni colore e di ogni paese, e che consiste comunemente in sapere da qual parte bisogna tagliare il pane. Soffermatosi in questa grave considerazione, diè di nuovo una tiratina a’ suoi pantaloni; operazione meccanica con cui solea aiutarsi nelle sue perplessità mentali.

— «Non ci veggo abbastanza chiaro; ma pur troppo a questo mondo nulla vi ha di sicuro.»

Samuele parlava da filosofo, come se avesse conosciuto per esperienza tutte le generazioni de’ mondi; e quindi venne saggiamente alle seguenti conclusioni:

— «Credeva che la signora avrebbe messo sossopra il mondo per raggiungere Elisa» soggiunse Samuel con aria pensierosa.

— «Non vedi chiara come è la cosa — disse Andrea — o nerissimo tra tutti i neri? Non ti accorgi che la signora non vuole in alcun modo che il figliuolo di Elisa cada nelle mani di Haley?»

— «Benissimo!» rispose Samuel con accento incomprensibile per tutti coloro che non l’hanno udito pronunciar dai negri.

— «E potrei aggiunger altro — disse Andrea — per consigliarti di andar presto ad insellare i cavalli, perchè udii che la padrona domandava di te ed hai perduto già troppo tempo.»

Samuele si mise subito all’opera, e di lì a poco comparve, conducendo a galoppo, in aria di trionfo verso la casa, Bill e Terry; e balzato destramente da cavallo prima che giungesse al luogo della fermata, li legò ad un palo destinato a questo uopo. Il cavallo di Haley, che era un puledro ombroso, cominciò a scalpitare e a tirar la cavezza.

— «Oh sei ben feroce, disse Samuele; e un maligno sorriso, singolare a vedersi, rischiare la nera sua faccia. Ora ti legherò io» soggiunse egli.

Un frondoso faggio protendea un’ombra foltissima tutto all’interno, ed il terreno era qua e là sparso di piccole faggiuole triangolari. Samuele con una di queste nascosta tra le dita, si avvicina al puledro; lo liscia, lo accarezza, infingendo di volerlo acquetare; e intanto, sotto pretesto di [p. 48 modifica]acconciargli la bardatura, gliene ficca una tra sella e la pelle, per modo che qualsiasi lieve peso soprapposto dovea irritare la suscettibilità nervosa dell’animale, senza lasciarvi traccia di graffiatura.

— «Vedremo ora — soggiunse egli, con un sorriso di stizzosa soddisfazione — vedremo se starai queto. In quel punto la signora Shelby si affacciò al balcone e fe’ cenno a Samuele di avvicinarsi. Lo schiavo corse subito coll’atto ossequioso d’un postulante che si presenta per sollecitar qualche impiego a S. James o a Vashington.

— «Perchè indugiaste tanto, Samuele? Avea mandato Andrea per dirvi di venir subito.»

— «Iddio vi benedica signora — rispose Samuele — i cavalli non si possono prender sempre quando si vuole; pascolavano là in fondo al prato, lontano Dio sa quanto.»

— «Vi raccomandai più volte, Samuele di non ripetere ad ogni momento Dio vi benedica, Dio lo sa ed altre simili cose; non istà bene.»

— «Oh Dio benedica l’anima mia! l’aveva dimenticato, signora mia; nol dirò più.»

— «E l’avete ripetuto appunto addesso, Samuele.»

— «L’ho ripetuto? oh Dio mio! non avea intenzione di dirlo.»

— «Siate più attento, Samuele.»

— «Lasciate che respiri un momentino, signora, e poi partirò subito; e con tutta sollecitudine.»

— «Ora, Samuele, accompagnerete Haley, per indicargli la strada e dargli man forte. Abbiate cura dei cavalli, Samuele; sapete che Terry zoppicava un tantino nella scorsa settimana; non lo fate camminar di troppo.»

La signora Shelby pronunciò a voce bassa queste ultime parole, e premette maggiormente sovra esse.

— «Comprendo benissimo — disse Samuele, significando con un cenno degli occhi di aver compreso. — Dio mi guardi! oh stava per dirlo nuovamente — soggiunse egli rattenendo il fiato con una smorfia così grottesca, che la signora non potè a meno di sorriderne a proprio dispetto. — Sì, signora, avrò gran cura dei cavalli.»

— «Ora, Andrea — disse Samuele, ritornando verso la cavalcatura — non sarei punto meravigliato se la bestia di quel signore si mettesse a strepitare nel momento di montare in sella; queste cose avvengono ben sovente, Andrea;» e sì dicendo, l’urtò nel fianco col gomito in guisa molto significante.

— «Verissimo!» disse Andrea, mostrando di aver capito.

— «Come vedi, Andrea, la signora vuole guadagnar tempo; se ne accorgerebbe anche uno sciocco; voglio secondarla. Slega i cavalli e lascia [p. 49 modifica]che passeggino liberamente sotto gli alberi; non sarà così facile mettersi in via.»

Andrea diede in un forte scoppio di risa.

Onesto quanto un nero, disse Haley, versandosi un bicchiere d’acquavite. Capo I.

— «Se mai avvenisse — riprese Samuele — che il cavallo di Haley non volesse lasciarsi montare, correremo ad aiutar quel messere, e lo aiuteremo, non è vero, Andrea?» E amendue, i neri, colla testa riversa sulle spalle, proruppero nelle più grasse risa del mondo.

[p. 50 modifica]Haley comparve in quel punto sulla verenda. Rabbonito da alcune tazze di caffè eccellente, mostrava di sorridere, e conversava col solito suo buon umore.

Samuele e Andrea, messasi in capo una strana acconciatura di foglie di palma intrecciate a foggia di cappello, corsero difilati verso i cavalli.

Il berretto di foglie che copria il capo di Samuele non era stato ingegnosamente tessuto; le treccie, scompostesi agli orli, penzolavano da amendue le parti; ciò che gli dava un non so che di alterezza, di indipendenza che avrebbe convenuto assai bene ad un capo delle isole di Fedii. L’acconciatura di Andrea non aveva più orli; ma egli, con un colpo di pugno ben assestato, se la calcò sulla testa, guardando intorno con un’aria di soddisfazione, quasi volesse dire: chi potrebbe negare che io m’abbia un cappello?

— «Su, su, figliuoli miei! — gridò Haley — non abbiamo tempo da perdere.»

— «Non ne perderemo, padrone» rispose Samuele, mettendogli in mano le briglie e tenendo ferma la staffa, mentre Andrea slegava dall’albero gli altri due cavalli.

Non sì tosto Haley ebbe toccata la sella, il cavallo spiccò un salto così repentino, che gittò a gambe levate e prosteso sull’erba il malarrivato suo padrone. Samuel corse subito per afferrare le briglie; ma non fece che metter le punte del suo cappello di palma negli occhi dell’animale; il quale, vieppiù irritato, e spinto a terra Samuele, dopo due o tre calci lanciati furiosamente in aria, prese a correre velocissimo verso l’altra estremità della pianura; Bill e Jerry, che Andrea sollecitamente avea slegati, gli tenner dietro, eccitati più che mai dalle grida dei negri. Nacque allora un baccano indescrivibile; Samuel e Andrea correvano gridando a tutta gola; i cani abbaiavano; Mike, Moisè, Mandy, Fanny e tutti li altri domestici, uomini donne e fanciulli di ogni colore, accorreano, battean le mani, strepitavano, affettando una premura che riusciva assai più intempestiva che utile.

Il cavallo di Haley, giovane, pieno di brio, parea avesse un gusto matto di secondar quella farsa; dopo aver galoppato pressochè un mezzo miglio all’intorno, nel più bello che qualcuno gli si avvicinava e già credea di afferrarlo, spiccava un salto e ricominciava a correre più che mai per le viuzze del bosco. Samuele mirava a tutt’altro che a fermar presto i cavalli, anzi i suoi sforzi per conseguire lo scopo opposto furono veramente eroici. Come la spada di Riccardo Cuor di Leone, che splendea sempre in prima linea e nel più forte della mischia, sventolava sempre il cappello di Samuele dove qualche cavallo correa pericolo di esser preso; nè ciò gli toglieva di gridare a tutta gola: — fermatelo! fermatelo! — sicchè riusciva a farlo fuggire più veloce che mai.

[p. 51 modifica]Haley, levatosi in piedi; sbuffava, bestemmiava e batteva co’ piedi furiosamente la terra.

Il signor Shelby procurava dar ordini, ma inutilmente, dall’alto del balcone; mentre la signora Shelby, appoggiata alla finestra della sua camera, ne ridea di soppiatto, non senza sospettar la cagione di tutto quel baccano.

Finalmente, sul mezzogiorno, Samuele comparve cavalcando trionfalmente Jerry, e conducendo per la briglia il cavallo di Haley. Il puledro, tutto molle di sudore, colle narici dilatate, cogli occhi scintillanti, ben dimostrava che non aveva ancor deposto il ghiribizzo della sua indipendenza.

— «Eccolo! — grido Samuele; — se non ero io, tutti gli altri non ne sarebbero venuti a capo; io solo ho saputo prenderlo.»

— «Se non eri tu — mormorò Haley stizzosamente — questo bell’affare non sarebbe accaduto.»

— «Dio vi benedica, signore! — riprese Samuel tra l’accorato e il dispettoso; — mi fate questa accoglienza perchè ho raggiunto il vostro puledro?»

— «Bene, bene — disse Haley — mi hai fatto perdere più di tre ore di tempo colle tue maledette bindolerie. Or su, andiamo e senza far nuove pazzie.»

— «Ah, signore! — esclamò Samuel con voce supplichevole, — volete dunque ammazzarci, uomini e bestie? Non vedete, come siamo estenuati e grondanti sudore? Il signore non farà, certo, disegno di partire se non dopo aver pranzato; il suo cavallo vuole essere stregghiato; vedete come è sudicio! E Jerry zoppica troppo; d’altronde la padrona non vi lascerebbe partire in questo stato. Il signore ci benedica; possiamo ancor soffermarci; Elisa non ebbe mai gran lena per camminare.»

La signora Shelby, che, dalla verenda, avea assistito con molto diletto a questo colloquio, decise di fare anch’essa la sua parte. Scese abbasso, espresse cortesemente al signor Haley il suo rincrescimento per l’accaduto, e lo invitò caldamente a rimanere a pranzo, assicurandolo a che farebbe subito preparar la tavola.

Haley, pesata bene ogni cosa, con un garbo un po’ equivoco, rientrò nella sala, mentre Samuele, tenendogli dietro con uno sguardo impossibile a descriversi, ricondusse lento lento i cavalli alla scuderia.

— «L’hai tu osservato, Andrea? l’hai tu osservato? — disse Samuele non sì tosto si trovò in luogo appartato ed ebbe acconciata ogni cosa per il cavallo; — mi godeva, come ad un meeting1, nel vederlo saltare in furia e bestemmiar dietro noi. Ne udii delle belle bestemmia pure, come ti piace, mio buon vecchiotto, dicea fra me stesso; se vuoi riavere il tuo [p. 52 modifica]cavallo, bisognerà pure che aspetti. Oh è pur da ridere, Andrea; mi sembra ancor di vederlo.» E Samuel ed Andrea, appoggiatisi al muro, si diedero a sghignazzare veramente di cuore.

— «Hai tu notato con che occhi da indemoniato mi guardava, quando gli ricondussi il cavallo? Dio buono! mi avrebbe ucciso se avesse potuto; io facea l’umile, il semplicione.»

— «Ben me ne accorsi — disse Andrea — tu se’ un vecchio volpone, Samuele.»

— «E intanto — soggiungea Samuel — non vedesti la padrona, che guardava dalla finestra e sorridea di soppiatto?»

— «Ah! mi sentiva così stanco — rispose Andrea — che non vi ho badato.»

— «Vedi — disse Samuel, avanzandosi gravemente verso il puledro di Haley per lavarlo — ho acquistato ciò che si dice, mio caro Andrea, l’abitudine di osservazione; la è cosa di somma importanza e ti consiglio di far tu pure lo stesso, mentre sei giovane. Bada bene, Andrea; questo colpo d’occhio sicuro è ciò che forma una differenza tra nero e nero. Non m’accorsi io forse da qual parte spirava il vento questa mattina? Non ho indovinato ciò che volea la padrona, tutto che non parlasse? Ecco scienza di osservazione, Andrea. Mi lusingo che vorrai chiamarla una facoltà. Vi sono facoltà differenti, come popoli differenti, ma l’educarle giova moltissimo.»

— «Parmi che se questa mane — disse Andrea — non avessi aiutato le tue osservazioni, non saresti riuscito a indovinar così bene le intenzioni della padrona.»

— «Andrea — soggiunse Samuele — tu se’ un giovane di belle speranze; non vi metto alcun dubbio. Penso bene dei fatti tuoi; e talvolta non mi vergogno di rubarti qualche felice ispirazione. Ora, Andrea, torniamo a casa; son certo che la padrona ci tiene in serbo un buon boccone.»


Note

  1. Adunanza religiosa.