La bancarotta o sia Il mercante fallito/Lettera di dedica

Lettera di dedica

../ ../L'autore a chi legge IncludiIntestazione 5 marzo 2020 100% Da definire

La bancarotta o sia Il mercante fallito L'autore a chi legge

[p. 333 modifica]

ALL’ILLUSTRISSIMO ED ERUDITISSIMO

SIGNOR CONTE

ANGIOLO ANTELMINELLI

CASTRACANI

PATRIZIO FANESE.


S
I maraviglierà con ragione l’Illustrissimo ed eruditissimo Signor Conte Angiolo Antelminelli, veggendo il nome suo in fronte di una delle mie Commedie, ma allora quando si compiaccia udir la ragione che mi ha indotto ad arrogarmi un tale arbitrio, spero troverà egli l’ardir mio degno di perdono e di scusa. Da che col mezzo delle stampe sparse si sono le opere mie per l’Italia principalmente, molte persone, ch’io non conosco se non per fama, e che non conoscono me che per la lettura delle Commedie date alla luce, mi hanno voluto onorare della loro protezione e della loro amicizia, scrivendomi lettere di cortesia e di gentilezza ripiene, delle quali non iscarsa copia fra le carissime cose conservo. Altri, che non hanno pensato ad onorarmi in tal modo, non lasciarono non pertanto di farmi penetrare l’inclinazione del loro animo verso di me, perchè l’approvazione ch’essi accordar si degnano alle povere mie fatiche, valesse a rendermi vie più consolato. Non cesserò mai per questo di ringraziare il mio carissimo signor Abbate Giovan Vespasiano Paperini di Firenze, il quale fra le cento prove datemi di buona amicizia, questa vi aggiunse, partecipandomi in gentil modo che Voi, Illustrissimo Signor Conte, non solo siete uno degli associati alla edizione delle Opere mie, ma un costante protettore di esse, [p. 334 modifica]e difensore insieme contro i critici, o mal persuasi, o male inclinati. Ciò inteso con mio diletto, e non senza una ragionevole vanità, cercai di essere più minutamente informato intorno alla persona che di tanto volle onorarmi. Non erami ignoto l’illustre nome della Famiglia de’ Castracani, reso assai più glorioso dal rinomato Castruccio Lucchese, il quale nell’anno 1313, favorendo la fazione de’ Gibellini contro quella de’ Guelfi, si rese padrone di Lucca e di Pistoja, e n’ebbe l’investitura con titolo di Duchea da Luigi IV Duca di Baviera ed Imperatore, onorato altresì dell’illustre grado di Senatore Romano. Era egli pure (siccome abbiamo dal Sabellico, dal Machiavelli, e più elegantemente da Aldo Manuzio) della Famiglia antichissima degli Antelminelli, e Voi traete da lui direttamente l’origine, per uno de’ quattro Figliuoli maschi rimasti dopo di esso, e per le guerre della Toscana, e per le varie peripezie di quel secolo, trapiantati altrove in progresso di tempo, onde in Fano, città preclara e antichissima, è annoverata la Vostra Casa fra le più nobili e le più rinomate. L’illustre ed egregio Genitore Vostro, il quale portando il nome venerabile di Castruccio, conserva nella Famiglia la memoria di un sì grande antenato, ha uniti ai fregi del proprio sangue quelli non meno chiari e sublimi della Romana stirpe Capranica, legandosi in matrimonio colla Nobilissima Dama la Signora Contessa Donna Lucrezia Capranica, la quale, se fu involata al mondo con universale cordoglio nel fiore degli anni suoi, lasciò di sè gloriosa memoria, registrata e nelle stampe, e nei bronzi, e in Voi Signore, principalmente, degno Figliuolo di una sì saggia, di una sì amabile Genitrice. In fatti cercando io avidamente dalle persone che vi conoscono il carattere Vostro particolare, e quali sieno le virtù che Vi adornano, tante me ne furono in vantaggio Vostro descritte, e sì ammirabile ritratto di Voi mi fecero e lingue e penne rispettabili, ingenue, che mi hanno colmato di maraviglia e di consolazione insieme. Chi mi dipinse la Vostra persona gentile, amabile nel conversare; chi l'animo Vostro mi appalesò alla pietà, alla cortesia inclinato; chi della Vostra erudizione parlando, mi assicurò che nell' età giovanile in cui Vi trovate, numerosissime sono le scienze che [p. 335 modifica]

possedete, ed ammirabile il genio che di promoverle e di esaltarle nutrite, corrispondendo assai bene all’amorosissima cura del Padre, che di ottimi precettori vi ha provveduto, fidando le magnanime sue speranze in Voi solo, unico erede della sua casa, e viva immagine de’ gloriosi Vostri Antenati.

Sarei il più miserabile uomo del mondo, se dopo sì luminose notizie del novello mio Protettore, non conoscessi il bene che alla gloria mia ne deriva, e non tentassi almeno colle parole di manifestare a Voi, Signore, ed al mondo tutto la mia sincera gratitudine rispettosa. Ecco il motivo che io vi diceva a principio avermi guidato a scrivere questo foglio, e collocarlo in luogo ove potesse vivere lungamente agli occhi vostri e a quelli del Pubblico manifesto; non basta ch’io mi consoli con me medesimo e dica di esservi grato, ma dell’animo mio obbligato una qualche dimostrazione deggio recarvi. Per me medesimo vaglio sì poco, che l'offrirvi il mio cuore e la mia servitù sarebbe lo stesso che farvi Padrone di cosa inutile e malagurata. Grata suol essere l’oblazione de’ Figli, ed io, che d’altra natura non ne ho sortito, oltre a quelli dell'intelletto, uno di questi con lieto animo vi presento, non perchè pregievole e di Voi degno lo creda, ma perchè amor di padre fa si ch’io l’ami e mi rallegri nel consacrarvelo. Osservate, Illustrissimo Signor Conte, quanti ragguardevoli nomi onorano i miei parti, in questa edizione1 compresi; mancava il Vostro a compiere una corona alle Opere mie gloriosa, e non ho voluto per verun modo tralasciar di perfezionarla. Dovea, mi direte, di ciò avvisarvi primieramente, ma della Vostra modestia mi hanno bastantemente parlato per dubitare ch’Ella mi contrastasse un tal dono, ed ho voluto essere audace nel prevenirla, fidandomi poscia nella Vostra bontà, la quale, se prima del fatto potea trovare argomenti da dissuadermi ora non saprà del coraggio mio condannarmi. Quattr’anni ormai sono2 che nutrisco un tal desiderio e che lo tengo nell' animo mio celato per cotal fine, giacchè pari tempo veggo a mia vergogna essere corso, da che diedi principio ai dieci Tomi3 in molto minor tempo promessi, ma feci già le [p. 336 modifica]mie scuse cogli Associati miei umanissimi, ed ora particolarmente a Voi le ripeto, mio benignissimo Protettore e difensor validissimo, supplicandovi ben di cuore che qual vi degnaste essere liberale inverso le Opere mie, lo siate ancora pel mio nome a fronte di coloro, che la mia tardanza acremente tacciassero di mancamento. Di tutte quelle grazie, che vi siete compiaciuto farmi finora per sola liberalità di animo e per compassion di coloro che vanno al pubblico esposti, e di quelle che d’ora in avanti spero da Voi per generosa condescendenza maggiori, vi ringrazio, Signore, col cuore il più ossequioso e divoto che dar si possa, e quanto ora ho l’onore di esprimervi in quest’umile foglio, spero un giorno potervi confermare personalmente, allora quando le mie circostanze mi permetteranno intraprendere il viaggio di Roma, che da molti anni desidero effettuare. Arrossisco, nell'età in cui sono, e nei viaggi per lo più consumata, non aver ancor veduto quella gran Capitale del Mondo. Aggiungesi a rimproverarmi di ciò gli eccitamenti amichevoli che n'ebbi frequentemente, e l’amor proprio ancor niente meno, veggendo quanta fortuna ebbero le mie Commedie in una Città sì erudita, ove gl'ingegni fioriscono, e le belle arti e le scienze come in propria sede campeggiano. So che il mio nome in Roma veniva assai compatito, e con mio estremo cordoglio intesi dirmi che la tardanza di questa mia procrastinata edizione rivolse gli animi di non pochi contro di me, e mi privarono del loro amore. Ma perchè mai sì rigoroso castigo ad una colpa che non li ha offesi, se non se nella sollecita compiacenza di leggere le miserabili mie produzioni? Uno sdegno, figlio del più tenero amore, facilmente suole placarsi, e mi lusingo, all’apparire di questo decimo Tomo, vedermi nella grazia loro rimesso, in quella maniera che una tenera madre, sdegnata collo sviato suo pargoletto, lo abbraccia teneramente e con affettuosi baci l’accoglie, tosto che lo vede pentito al di lei seno tornare. A Voi non mancheranno, Illustrissimo Signor Conte, nella inclita patria della Vostra gran Genitrice e congiunti, ed amici, e saggi estimatori del Vostro merito; fatemi Voi la scorta presso di loro, per attenermi colà più agevolmente il perdono, e sia questo un benefizio novello della vostra venerabile protezione, [p. 337 modifica] che a Voi accresca il diritto di avermi a’ Vostri comandi, ed a me l’impegno e l’obbligazione di essere in ogni tempo col più ossequioso rispetto

Di V. S. Illustriss.




Umiliss. Dev. Obblig. Servidore
Carlo Goldoni.


  1. La presente lettera fu stampata nel t. X della edizione Paperini di Firenze.
  2. L’autore scrive nell’anno 1757.
  3. Della ed. Paperini.