La Teseide/Avvertimento

Avvertimento

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Frontespizio II A Fiammetta
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AVVERTIMENTO





Nel riprodurre la Teseide del Boccaccio nuovamente emendata su i manoscritti, e con grandissima diligenza ridotta a sincera lezione, premetto un breve cenno per istruire il lettore del sistema da me osservato per ottenere lo scopo prefissomi. È noto generalmente quanto rare siano l’antiche edizioni di questo poema, giacchè un piccolissimo numero di esemplari adornano poche delle più cospicue biblioteche d’Europa. Da questa loro rarità ne è derivato che pochissimo è stata conosciuta questa poetica fatica del Boccaccio, e pochi studiosi della lingua italiana ebbero tutto l’agio che si conviene a sì fatti studii per conoscere i pregi dei quali abbonda la Teseide del Boccaccio. Benchè sia omai fuori di controversia il principio, che gli scrittori del trecento, e specialmente i toscani, siano i veri fondamenti di nostra lingua, pure vi son sempre, come vi sono stati, dei caldi oppositori di questa massima, ma ciò prova evidentemente che il vero ha sempre delle persone che hanno interesse di combatterlo. Fra i principali scrittori di questo secolo primeggia il Boccaccio, ma non si legge dai più che il suo Decamerone, e v’ha chi ignora che molte altre opere [p. vi modifica]vadano adorne di tanto nome. Ridestatosi col cadere dello scorso secolo l’amore per lo studio degli antichi classici nostri, una critica più ragionata e sottile ne facilitò la pratica nel secolo in cui siamo con accurate edizioni, benchè io sia lungi dall’affermare che quel molto che è stato fatto non risenta forse di troppo dei vecchi pregiudizii e dei nuovi. La mania di riprodurre nelle stampe le storpiature e gli errori degli antichi codici, fa un singolar contrasto con il condannabile principio di coloro che vorrebbero che le antiche scritture fossero riprodotte con l’acconciatura elegante dello scriver moderno, sostituendo cioè alle antiche voci e modi di dire fuori d’uso, le voci e le forme dell’odierna scrittura.

Io stimo che non siavi proprietà più legittima delle pruduzioni d’ingegno, ed esser perciò reprensibile chiunque attenti all’opere altrui, riproducendole espressamente alterate dal modo col quale furon dettate dal suo autore. E se questo diritto vien reclamato dagli scrittori viventi, con molto maggior ragione dovrebbesi rispettare nelle scritture degli antichi, e principalmente in quelle che sono fondamento e norma di nostra lingua, unico comun patrimonio della nostra bella penisola.

È tempo omai che gli editori degli antichi classici si convincano, che il più retto e vero principio da tenersi nelle nuove ristampe è quello che ha per unico scopo di riprodurre l’opera altrui nella forma originale con la quale fu dettata, consultando sempre a preferenza i manoscritti che più si approssimano al tempo in cui fiorì lo scrittore, e voler piuttosto [p. vii modifica]conservare qualche periodo duro, o intralciato, e anche scorretto, che aggiungere o variare cosa alcuna a proprio capriccio. Questo religioso sistema di inserire nella stampa le voci tutte come furono dettate originalmente, non è applicabile al modo col quale si trovano scritte, giacchè ognun sa che gli antichi non conoscevano l’ortografia, e i nostri buoni scrittori toscani pronunziavano bene, ma scrivevano male, e lo stesso vediamo tuttora accadere delle persone men culte: onde è chiaro convenire che è dovere del diligente editore di addirizzare quelle voci che si trovano erroneamente scritte, e di soccorrere la scrittura col miglior sistema ortografico, che sarà sempre quello i cui segni agevolano l’intelligenza del testo.

Non mi occuperò a fare una storia delle antiche e rarissime edizioni della Teseide del Boccaccio per amore di brevità, ma parlerò soltanto dell’ultima eseguita in Milano per il Silvestri nel 1819. Questa edizione fu fatta seguendo esclusivamente la lezione di un codice già appartenuto al conte Camposampiero, il quale ne aveva tratta copia, e confrontatala con altro testo a penna del Sec. XIV. derivante da Ravenna, e con l’edizione di Ferrara del 1475. Questa copia del Camposampiero fu offerta all’editore Silvestri dal dottissimo Sig. Ab. Daniel Francesconi, bibliotecario dell’I.R. Università di Padova, e l’editore si accinse a stamparla, deliberando, com’egli dice, di corredarla delle varie lezioni dell’edizioni e de’ testi a penna, ma l’opera riuscendo di troppa mole, fece la risoluzione di darla finalmente fuori tale quale stava nella copia del codice [p. viii modifica]Camposampiero. Ma disgraziatamente non si avvide che questa copia era una madre tanto sconcia e deforme, che non doveva produrre se non un aborto, e così appunto riuscì la di lui sospirata edizione. Se lo stampatore avesse tratto partito dalle varianti che gli erano state comunicate avrebbe fatto certamente opera migliore, poichè è evidente che il codice Camposampiero è infedele; benchè io abbia sempre un forte dubbio nell’animo che mi spinge a credere, che la copia che servì per la stampa fosse fatta da mano o poco fedele, o poco pratica dell’antica scrittura. Di fatto sono tante e tali le alterazioni che s’incontrano nell’edizione del Silvestri confrontandola con gli antichi codici della Teseide, che io oserei credere che molti sbagli siano derivati da una troppo ardita pratica dell’editore di variare a proprio talento ciò che gli poteva sembrare o duro o errato, e forse anche l’imperizia o la poca cura nel leggere il codice, piuttosto che attribuirli tutti all’antico emanuense. E ciò sia detto per non denigrare alla fama di cui gode il codice Camposampiero, che io non conosco che per l’edizione del Silvestri: ma per confermare col fatto quanto di sopra ho asserito, basterà, io credo, di porre sotto gli occhi del diligente lettore una nota delle principali varianti che s’incontrano fra l’edizione milanese e la presente.1 [p. ix modifica]

Non esistendo nessun codice autografo della Teseide, bisognava ricorrere ai più antichi e corretti, [p. x modifica]fra quelli che potevansi consultare con agio e facilità. Due principalmente furono da me prescelti per guida [p. xi modifica]all’emendazione della Teseide, ambidue appartenenti alla doviziosissima libreria Riccardiana di questa città, il cui bibliotecario, Sig. Dottore Luigi Rigoli, amantissimo com’egli è di nostra lingua, non solo ne permette il libero studio, ma con amichevoli e gentili maniere ne conforta all’impresa. Il primo segnato di N. 1057, è un codice cartaceo in foglio scritto a due colonne, con le iniziali e titoli in rosso; nel principio si legge: Inchomincia Illibro chiamato Teseida conpilato per messere Giovanni Bochacci poeta fiorentino. Prosa. Copiato dimano di Giovanni Tolosini. Cominciato a dì vi di Giennaio 1411. E in fine: Finito a dì 31 di Giennaio 1411. È composto di pagine 92 numerate. L’altro è un codice cartaceo in foglio segnato di N. 1056, e benchè il suo copiatore non fosse toscano, come appare dalle frequenti storpiature delle voci, pure il testo proviene da fonte molto autorevole. Vi [p. xii modifica]sono alcune note nel margine della mano medesima che scrisse il testo, le quali vertono intorno a nozioni mitologiche: ve ne sono pure altre di mano di Anton Maria Salvini, benchè in scarso numero e assai laconiche, e meramente filologiche. Mancano a questo codice le due prime pagine, e comincia dall’Ottava 18 del libro I. E quando parve tempo al buon Teseo etc. Contiene tutto intero il poema del Boccaccio, ma la pagina 127, che è l’ultima della Teseide, è strappata più su che alla metà, perchè alla pagina a tergo ne seguiva un altro breve componimento del Boccaccio intitolato la Ruffianella, che occupava le pagine 128 e 129, che una mal nata opinione stimò dover mutilare. Di questa più che erotica composizione del Boccaccio se ne leggono soltanto i primi tredici versi, col titolo: Detto di messer Giovanni Boccacci. La scrittura è del secolo XV poco inoltrato. Di molta utilità mi sono stati altri codici MS., e particolarmente altri due riccardiani, uno segnato di N. 1058, cartaceo in foglio di pagine 149, del secolo XV inoltrato, e l’altro N. 2733 cartaceo in foglio a due colonne, con iniziali rosse e turchine, scritto da Fruosino di Cece da Verrazzano essendo castellano in Pisa nel 1481, come in fine si legge. Il testo di questo MS. è sufficientemente corretto, e contiene inoltre altre poesie di diversi.

Tutti i codici da me riscontrati non hanno l’ottava 47 del libro IX di questa edizione, che però non ho voluto torre, trovandola nell’edizione milanese: al [p. xiii modifica]contrario tutti contengono l’ottava 44 dello stesso libro, la quale manca nell’edizione predetta.

Benchè io abbia impiegato all’emendazione della Teseide tutta la maggior possibile diligenza, e non dubiti punto dell’autorità dei codici dei quali mi son valso, pure son ben lontano dalla convinzione di aver fatto un lavoro perfetto, perchè lo credo impossibile. Posso per altro assicurare gli studiosi di nostra lingua, che se la Teseide da me riprodotta non sarà scrupolosamente parlando quale uscì dalla penna dell’autore, se ne avvicinerà però tanto, quanto lo permettevano i buoni e autorevoli manoscritti dei quali ho fatto uso, preferendo sempre la lezione migliore.





Note

  1. Libro I. Ottava 4. Verso 2. L’Edizione milanese del 1819 legge — Forse verrà, con messione ancora. E i codici leggono: Forse verrà, com’io spero ancora. L. I. O. 13. V. 1. A questo i Greci assai ispessamente. E i codici: A questo scotto i Greci assai sovente. L. I. O. 26. V. 5. Sopra di noi a voler dar moleste. Molesta per molestia, non mai usato, che io sappia, da nessuno scrittore, mentre i MSS. hanno: Sopra di noi, avendoci moleste. L’Ottava 29 del libro primo, che nell’edizione milanese è un impasto di controsensi, è riportata nella sua ingenua lezione: eccone il confronto.

    L’Edizione milanese.


                        Nè vi metta paura, nè coscienza
                             D’aver peccato negli uomini vostri,
                             Chè morte a lor la loro sconoscenza
                             Eccitò in petto dentro ai cori nostri:
                             Ched e’ non si stimar di qual semenza
                             Che lor nascemmo, ma come da mostri,
                             Da cerri, o ver da grotte partorite
                             Eravamo da lor poco gradite.


    E i Codici.


                        Nè vi metta paura coscïenza
                             D’aver peccato negli uomini vostri,
                             Chè morte loro la lor sconoscenza
                             Licita impetrò nelli cori nostri:
                             Chè non stimavan che d’egual semenza
                             Che lor nascessim, ma come da mostri,
                             Da querce, ovver da grotte partorite
                             Eravam poco qui da lor gradite.


         E L. I. O. 31. V. 7. Che un non può che un, sia chi che sia. Dubito assai che il codice Camposampiero legga così, quelli da me veduti leggono: Che niun può più che un uom chi ch’e’ si sia.

         Veggasi l’Ottava 38. del libro stesso in cui vi sono importanti correzioni. E L. I. O. 40. V. 8. che invece di Leandro si leggeva all’entrar E all’Ottava 42. in cui si leggeva lugne invece di lunge, e acuda per aguzza, che muove al riso. E ottava 47. L’armata di Teseo vide calare i MONTI di un castello, invece di ponti. E O. 50. V. 6. legni invece d’ingegni. O. 55. Il povero Glauco cangiato in Giove, e tutta questa ottava è da confrontarsi. O. 60. v. 4. il verbo litare che vale sacrificare, usato da Dante e da altri antichi, e che trovasi ripetuto all’Ott. 89. del libro decimo della Teseide, fu trasformato in donare. O. 61. v. 61. E la forza che in voi tanto fioriva, Che molli donne vi faccian fuggire? E deve leggersi: È la forza di voi tanto cattiva Che molli donne vi faccian fuggire? E. O. 63. Fuggitevi di qui vituperate, Po’ Marte non a voi, donne s’avviene, E delle vostre armi vi spogliate, E lasciate vestille a chi conviene. È Teseo che sgrida i suoi. Sembrerà assai strano l’avere appropriato un adiettivo femminino ai soldati greci, ed ecco come deve leggersi: Fuggitevi di qui vituperati, Poi Marte più che a voi, donne, sovviene, E delli vostri arnesi dispogliati Li lasciate vestire a chi conviene. O. 77. v. 6. Pervenghiamo, idiotismo giammai usato dai buoni trecentisti, invece di perveniamo, o pervegnamo. O. 90. v, 3. 4. Emergenti così invece di Emergenti casi. O. 94. v. 6. Gravando invece di Predando. O. 96. v. 3. Cerco in luogo di Cerchio. Le Ottave 99. 100 vedine il confronto. O. 106. v. 2. Pensier spermentati in vano, invece di pensiero ritrovato vano. O. 115. v. 8. Chiedendo comuno (ed è bravo chi l’intende) invece di Chiedendo con mano, O. 116. v. 5. È la regina delle Amazoni che parla. Non sare’ stato ardito Teseo giammai passare al nostro porto; Ma perchè non ci son, (i mariti) non ci ha ascoltate, Come vedete, e ci tiene assediate. E deve leggersi: non sarie stato ardito Teseo mai d’appressarsi al nostro porto: Ma perchè non ci sono e’ ci ha assaltate. Come vedete, e ancora assedïate. L’O. 123. oltre ad essere infedelissima, legge Madonna (e notisi che il discorso è indirizzato a due madonne) invece di Omai donne. O. 127. v. 7. Appreser possessione, non mai usato, invece di preser possessione. O. 132. Vedasi al confronto come era stata malmenata; per vezzo il sesto verso ha un piede di buona misura. O. 138. Le Amazoni lietamente sposate ai cavalieri di Teseo, e dopo il tedio della loro lunga vedovanza, è cosa ridicola il leggere che Le donne non sapevan che si fare, Ristorando il bel tempo ch’han perduto Mentre nel regno uom non era suto. Non era difficile, credo, l’accorgersi che dovevano ben sapere che si fare, e di fatto il Boccaccio aveva scritto. E le donne sapeano or che si fare, Sè ristorando del tempo perduto etc. E questo basti per non tediar di soverchio. Chiunque per altro voglia esercitare la sua pazienza istituendo un più esteso confronto fra l’edizione milanese e la presente, lo prego a prender di mira principalmente le ottave qui sotto notate. Libro II. Ottava 1. 2. 5. 8. 11. 17. 20 21. 22. 26 28. 29. 30. 35. 46. 47. 49. 53. 57. 61. 65. 70. 73. 74. 75. 87. 97. 98. 99. Libro III. Ottava 5. 7. 10. 13. 17. 25. 31. 32. 33. 40. 50. 62. 66. 76. 84. Libro IV Ottava 1. 2. 8. 13. 14.17. 31. 35. 37. 41. 44. 45. 61. 63. 66. 68. 72. 80. 81. Libro V. Ottava 6. 13. 21. 22. 24. 25. 26. 46. 48. 51. 55. 61. 64. 67. 69. 71.75. 76. 79, 89. 97. 99. 103. Libro VI. Ottava 10. 11. 14. 20. 24. 25. 28. 29. 30. 32. 34. 40. 47. 54. 56. 57. 62. 69. 79. Libro VII. Ottava 1. 4. 12. 14. 15. 23. 24 30. 33. 34. 43. 45. 49. 57. 58. 65. 66. 72. 73. 74. 75. 80. 82. 87. 94. 98. 100. 106. 107. 109. 110. 116, 118. 124. 127. 129. 131. 135. 137. 141. 142. 143. Libro VIII. Ottava 1. 4. 5. 6. 8. 12. 13. 14. 17. 26. 27. 31. 34. 35. 42. 45. 47. 48. 52. 53. 57. 63.64. 65. 69. 70. 71. 73. 77. 78. 81. 84. 87. 95.96, 106. 114. 120. 127. Libro IX. Ottava 5. 6. 19. 24. 30. 35. (L’Ottava 44. manca nell’Edizione milanese) 51, che è la 50 nell’Ediz. di Milano, e così di seguito fino alla fine del nono libro. 58. 69. Libro X. Ottava 7. 15. 18. 39. 48. 55. 67. 98. 102. 105. Libro XI. Ottava, 4. 12. 13. 17. 35. 49. 54. 63. 68. 69. 90. Libro XII. Ottava 7. 14. 17. 36. 72. 79.