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Non esistendo nessun codice autografo della Teseide, bisognava ricorrere ai più antichi e corretti,

    molestia, non mai usato, che io sappia, da nessuno scrittore, mentre i MSS. hanno: Sopra di noi, avendoci moleste. L’Ottava 29 del libro primo, che nell’edizione milanese è un impasto di controsensi, è riportata nella sua ingenua lezione: eccone il confronto.

    L’Edizione milanese.


                        Nè vi metta paura, nè coscienza
                             D’aver peccato negli uomini vostri,
                             Chè morte a lor la loro sconoscenza
                             Eccitò in petto dentro ai cori nostri:
                             Ched e’ non si stimar di qual semenza
                             Che lor nascemmo, ma come da mostri,
                             Da cerri, o ver da grotte partorite
                             Eravamo da lor poco gradite.


    E i Codici.


                        Nè vi metta paura coscïenza
                             D’aver peccato negli uomini vostri,
                             Chè morte loro la lor sconoscenza
                             Licita impetrò nelli cori nostri:
                             Chè non stimavan che d’egual semenza
                             Che lor nascessim, ma come da mostri,
                             Da querce, ovver da grotte partorite
                             Eravam poco qui da lor gradite.


         E L. I. O. 31. V. 7. Che un non può che un, sia chi che sia. Dubito assai che il codice Camposampiero legga così, quelli da me veduti leggono: Che niun può più che un uom chi ch’e’ si sia.

         Veggasi l’Ottava 38. del libro stesso in cui vi sono importanti correzioni. E L. I. O. 40. V. 8. che invece di Leandro si leggeva all’entrar E all’Ottava 42. in cui si leggeva lugne invece di lunge, e acuda per aguzza, che muove al riso. E ottava 47. L’armata di Teseo vide calare i MONTI di un castello, invece di ponti. E O. 50. V. 6. legni invece d’ingegni. O. 55. Il povero Glauco cangiato in Giove, e tutta questa ottava è da confrontarsi. O. 60. v. 4. il verbo litare che vale sacrificare, usato da Dante e da altri antichi, e che trovasi ripetu-