La Giuditta II/Capitolo I
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CAPITOLO PRIMO
Mentre intento a calcar l’orme paterne
De’ glorïosi esempj a te fai sproni
3Per l’erto calle delle mete eterne,
E d’inclita virtude il crin coroni,
Cosmo, dell’alte Muse intendi il canto,
6E di lor care cetre ascolta i suoni.
Elle non di vil riso, o di vil pianto
Bugiarda istoria recheranti a mente,
9Ma di Giuditta il memorabil vanto.
Udrai nomar Gerusalem sovente,
Per cui salute i tuoi Loreni alteri
12Guerreggiando vibraro asta possente.
Or fatta è preda di rei mostri e fieri;
Ma dal profondo uscir di tanti affanni
15Per la tua destra è gran ragion, che speri.
Veggio ben io, che rivolgendo gli anni,
Come di quegli antichi in guerra avvenne,
18Per te verrà degli Ottoman Tiranni.
Già fiero in mezzo lor batte le penne
Il vostro nome, e duro duolo, e sdegno
21Gli turba il volto delle vostre antenne.
Nè vaglia a dir, ch’han sì possente il Regno:
Dio col solo valor d’una Giuditta
24Ruppe de’ grandi Assirj il fier disegno.
Or, bella Euterpe, contro il tempo invitta,
Vientene a volo giù per l’aria pura,
27E dimmi l’opra che nel cielo è scritta.
Poichè allo scampo delle patrie mura
Si rivolse Giudit, da lor partita
30Fece per l’ombra della notte oscura;
Va con l’ancella sua tutta romita,
Nè di timor la guancia discolora,
33Per certa speme di celeste aita:
E già con aurea man la bianca Aurora
Spargea nembi di rose in Orïente,
36Scorta dall’almo Sol, ch’indi appar fuora;
Quando desto drappel d’Assiria gente,
Che a ben spiar l’ampia campagna attende,
39Lunge dell’alta Donna il cammin sente:
Fissa lo sguardo Agitercano, e prende
Poscia a parlar verso i compagni armati;
42Cosa muove colà, che si risplende?
Mira Arfasatto, e tra’ gran manti aurati
Scerne Giuditta, che affrettava il piede,
45Fulgida e luminosa i crin gemmati;
Scernela, e pienamente egli nol crede:
Di nuovo affisa il ciglio, e in dubbio stassi;
48Parla al fin: Donna è, che colà si vede.
Indi co’ suoi meravigliando, i passi
A lei porta da presso; ivi dicea:
51Peregrina onde viensi, e dove vassi?
Ella posatamente: Io sono Ebrea,
Di Betulia fuggendo io mi allontano,
54Per tor mia vita alla fortuna rea:
Io so, che i miei contrasteranno in vano
A voi con armi, e che d’orribil sdegno
57Specchio saran per vostra nobil mano;
Però divota ad Oloferne vegno;
Ed appianando il varco a’ suoi desiri,
60Darogli in forza d’Israelle il regno.
A queste voci quei ministri Assiri
Ne’ suoi guardi tenean lo sguardo fiso,
63Stupidi, che sì dolci ella gli giri.
E rispondean: Ben consigliato avviso
Darsi al mio re, dal cui leggiadro petto
66Per alcun tempo Amor non è diviso.
Come tu giunga al suo cortese aspetto,
Odi il mio favellar, siccome vero,
69Sol di vederti lieta avrà diletto.
Poi giocondi movean, come Nocchiero
Ove espugna talor nave famosa,
72Mossa da’ porti dell’Egizio Impero.
Ella d’Arabi fior, merce odorosa,
E ricca il grembo degli Eoi tesori
75La Tracia riva lascerà pensosa;
Ma nell’Italia farà lieti i cori:
Il vincitor per la cerulea via
78Intanto pensa a’ suoi dovuti onori.
Tal con quel vivo Sol di leggiadria,
E di beltà non più veduta in terra,
81Tutto giojoso Agitercan sen gia;
Varcando l’armi, di che forte in guerra
Il campo splende, al padiglion trapassa,
84Ove il supremo Capitan si serra.
Cede la guardia, e gire dentro il lassa,
Che ha di lui ben contezza, ed egli entrato
87Subito il capo umilemente abbassa,
Poi così favellò: Sia fortunato
Sempre, o Signor, tuo brando e tua memoria,
90Ne d’obblío tema, nè del tempo alato.
Donna, cui di beltà cede ogni gloria,
Dianzi fuor di Betulia uscì soletta,
93E sopra il campo Ebreo t’offre vittoria;
Qui l’abbiam scorta, e fuor le tende aspetta,
Se tua grandezza udir non si disdegna,
96Ella piano farà, come il prometta.
Piega Oloferne, e colla fronte segna,
Ch’ella s’adduca, Agitercano usciva,
99Perchè la bella Ebrea seco ne vegna.
Ed ella mosse. A quella luce viva,
A quel fulgor delle serene ciglia,
102Che soave abbagliando altrui feriva,
A quella con albor guancia vermiglia,
A quelle chiome, a quelle labbra ardenti
105Ingrombrossi ogni cor di meraviglia.
Come se, piogge tranquillando e venti,
L’ancella di Giunon sen va leggiera
108Cinta dell’arco immenso i crin lucenti,
Subito vêr l’eccelsa Messaggiera
Rozzo contadinello i guardi gira,
111Che di tanti color la vede altera:
Così quei Duci, ed Oloferne ammira
La vedovil bellezza peregrina,
114Tosto che a sè dinanzi ei la rimira.
Ma Giudit come andando ebbe vicina
L’alta sede, ove il barbaro dimora,
117Pon le ginocchia in sulla terra, e china
La testa, e scaltra il gran nemico adora.
Ei, che da terra ella si levi, impone,
120E così de’ suoi detti indi l’onora:
Sgombra ogni rio pensier, dritta cagione
Hai di farti sicura, archi e quadrella
123A te di paventar non dian ragione,
O saggia, o leggiadrissima donzella;
Io non procaccio in arme altrui cordoglio.
126Se a Nabucdonosor non si rubella;
E se i popoli tuoi soverchio orgoglio
Non rigonfiava, incontra lor cortese
129Io stato mi sarei qual esser soglio.
Ma dimmi quale ingiuria il cor t’accese,
Che a’ nostri campi volontaria vieni,
132Fatta nemica del natio paese?
Ei più non disse, e con gli sguardi pieni
Di fiamma, pur cogliea fiamme amorose
135Da’ guardi della donna almi e sereni,
Fissamente mirando. Ella le rose,
Che le ridono in bocca, alquanto aperse,
138E con ciglia dimesse a lui rispose:
Viva il gran re delle provincie Perse,
Degno, che miri a’ cenni suoi soggette
141Tutte le genti al suo gran scettro avverse;
E tu, cui saggio il gran signor commette
Ognor dell’armi sue l’alta possanza,
144Perchè sian negli error l’alme corrette;
Dispiega per lo ciel tua nominanza
Da lunge, e da vicin volo sì chiaro,
147Che di qualunque fama il volo avanza;
Tu per pietate, e per giustizia caro,
Negli aspri orror delle battaglie forte
150Non di tesor, ma di virtude avaro.
Ma contra il re della celeste corte
E del popolo mio sì duro il core,
153Che Dio per ira l’abbandona a morte.
Però dell’armi tue l’ha preso orrore;
Giungi, che fame omai vince le genti,
156E per la sete altrui non ha licore:
Suggesi sangue di svenati armenti,
E ne’ cibi per legge a Dio sacrati
159In dispregio di Dio, pongonsi i denti;
Quinci sconfitti in vostra man fian dati;
E nell’alto si vuol che al tuo sapere
162I decreti di Dio non sian celati;
Ond’ei qui mi sospinge alle tue schiere,
Qui, ch’ei m’annunzii il dì de’ tuoi trofei
165Al monarca del ciel farò preghiere;
Ed ei, che irato ama punir gli ebrei,
Il mi dirà. Per modo tal ragiona,
168Ed ogni sguardo era rivolto in lei.
Chi per la voce, che sì dolce suona,
Chi la sublima per gentil beltate,
171Chi di senno sovran le dà corona.
Come sen van sulla primiera estate
Per gioconda foresta a par col giorno
174Nobili damigelle innamorate:
Questa dall’aure, che volando intorno
Euro sospira è lusingata, quella
177Dal suol, che ride di fioretti adorno:
Un’altra all’onda, onde la piaggia è bella,
Dà vanto; sì ciascuna in quei sentieri
180Diversamente in suo lodar favella;
Tal facean con Giudit quei cavalieri.
Ma la lingua Oloferne a dir disciolse
183Già sentendo di fiamma i suoi pensieri:
Fu consiglio di Dio, che ti ritolse,
Siccome affermi, di Betulia a’ guai,
186E che le tue vestigia a noi rivolse,
Ove non solo alta mercede avrai
Dal mio signor, ma per gl’Imperj Eoi
189Con grido eterno glorïosa andrai:
Coprirà d’ombra i Persïani Eroi
L’ammirabil tuo merto, ed ogni altezza
192Si farà riverente a’ pregi tuoi;
Che son sommo valor, somma bellezza.
Qui dal dir cessa, ed al suo cor promette
195L’amorosa ineffabile dolcezza.
Poscia a Bagoa, che tra le turbe elette
A lui servir fu più fedele e caro,
198Della cara Giudea cura commette:
Sotto pena di morte a te sia chiaro,
Ei soggiunge, o Bagoa, che al suo volere
201Esser non déi di nulla cosa avaro;
Ogni sua contentezza è mio piacere
Ella inchina risponde: i tuoi favori
204Son per sì vile ancella oltre dovere;
Solo chieggio io, che tra’ notturni orrori
Mi si conceda uscir per la foresta,
207Sicchè il mio Dio liberamente adori.
Piega Oloferne a quel suo dir la testa,
E con l’occhio infocato, e col sembiante
210Mostra l’anima pronta alla richiesta,
E fa veder, ch’ei si rimane amante.
Ciò sentito Giudit fuori sen torna,
213Ed umile Bagoa le giva avante.
Tenda è nel campo, che di fregi adorna,
Splende di seta e di colori alteri,
216Quivi è scorta Giudit, quivi soggiorna,
Tempo attendendo agli alti suoi pensieri.