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del chiabrera | 269 |
Piega Oloferne a quel suo dir la testa,
E con l’occhio infocato, e col sembiante
210Mostra l’anima pronta alla richiesta,
E fa veder, ch’ei si rimane amante.
Ciò sentito Giudit fuori sen torna,
213Ed umile Bagoa le giva avante.
Tenda è nel campo, che di fregi adorna,
Splende di seta e di colori alteri,
216Quivi è scorta Giudit, quivi soggiorna,
Tempo attendendo agli alti suoi pensieri.
CAPITOLO SECONDO
Ma d’ogn’altro pensier sgombrando il petto
Vinto Oloferne, tra novello ardore
3Sempre ha l’anima volta al suo diletto.
Ora speme il solleva, ora timore
L’abbatte sì, che ’n varie guise oppresso,
6Di dolcissimo fiel nudrisce il core.
Il sonno agli occhi suoi non vien mai presso,
Ma per la notte in ogni parte ei mira
9Della bella Giuditta il volto impresso:
Tutti i suoi detti rimembrando ammira
Come soavi, come saggi appieno,
12E quinci palpitando ei ne sospira.
Or quando afflitto del desir vien meno,
Chiama Bagoa, e gli vuol far palese
15La chiusa fiamma, che gli avvampa in seno:
Ben apre il varco alle guerriere imprese
Questa gentil che di Betulia viene
18Ma sua beltate ha le mie voglie accese;
Tanto da quelle ciglia alme e serene
S’avventa ardor, che degl’incendi loro
21Già tutto ho pieno il cor, piene le vene,
Però di tanto mal qualche ristoro
Vuolsi cercar; contra ragion m’aito,
24O mio fedel, se incenerisco e moro.
Certo non già; dunque real convito
Per te s’adorni, indi con lei procura
27Che non rifiuti del venir l’invito;
Fa seco i prieghi dolci oltra misura,
E che della mia fè nulla paventi,
30Ma d’ogni suo desir falla sicura.
Si disse il Perso tra le fiamme ardenti,
Bagoa la testa umilemente piega,
33Indi risponde cosí fatti accenti:
Come t’aggrada, la mia vita impiega;
Ma senta il mio signor di quella amata
36Ciò che questo suo servo a lui dispiega:
Viene soletta vagamente ornata,
E promette guidar gente nemica
39Dentro la patria a sua difesa armata
Ed ella serberà l’alma pudica?
Stranissimo a pensar, perchè io lo creda,
42Non sia lingua mortal, che oggi mel dica.
Arde, Signor, di ti si dare in preda;
Io porrò nondimen l’ingegno e l’arte,
45Perchè l’effetto allo sperar succeda.
Sì dicendo ei s’atterra, indi diparte,
E va là, dove di Betulia il Sole
48Dando lode al suo Dio, l’ore comparte,
Col capo chin, come per lor si suole,
E colle mani al petto egli l’adora,
51Poi dimesso formò queste parole:
Donna, di cui simil non vide ancora
L’occhio non pur, ma nè l’uman pensiero,
54Là ove il dì cade, ed onde appar l’aurora;
Beati i genitor, che al mondo diero
Sol di tal meraviglia; e questa etate,
57Che rischiara suoi giorni al lume altero,
E noi, che in guerra e colle destre armate
Fra perigli di morte e di tormenti
60Degni siam rimirar tanta beltate.
Tu, se mercè per le rinchiuse genti
Muovevi a ripregar, tuoi cari detti
63Certo lasciar non si doveano a’ venti.
Or che vittorie, or che trofei prometti,
Qual sarà prova ad onorar tuo merto,
66Che oggi per te fuor di ragion si aspetti?
Veggio ad ogni tua speme il varco aperto;
Il Signor: che obbligasti è sì cortese,
69Che a gran valor gran guiderdon fia certo.
Intanto egli festeggia a far palese
La gran letizia, che rinchiude in core,
72E che per l’alma tua venuta ei prese;
Conviti appresta, e delle squadre il fiore
Fia seco a mensa; e qui mi manda, e prega,
75Che coll’aspetto tuo gli cresca onore.
Se il gran lume del cielo unqua non niega
Suoi raggi al mondo, e dall’Occaso all’Orto
78Ricercando i mortali, ei li dispiega.
E tu degli occhi tuoi danne conforto;
Da fonte egual di grazïosi rai
81Eguale grazia non si chiede a torto:
E poi che lieti, e che beati fai,
O donna, i nostri cor, contra ragione
84Con esso noi qual prigioniera stai:
Sempre chiusa dimori; un padiglione
È tuo solo soggiorno, ah non conviensi;
87D’alquanto rallegrarsi oggi è stagione.
Fa, che il giorno presente almen dispensi
Al convito real, perchè tu vegna,
90Son del grande Oloferne i prieghi intensi:
Ei regge l’armi dell’Assiria, e regna
A pieno arbitrio su cotante schiere,
93E pur servirti, ed ubbidir non sdegna.
Sì parla, e trarla tenta al suo volere:
Giuditta il guardo abbassa, e come stella,
96Che risorga dal mar fassi a vedere,
E con soave voce indi favella:
Soverchi, Amico, se ne van tuoi detti,
99Che del grande Oloferne io sono ancella,
E son per farmi incontra a’ suoi diletti.
Bagoa l’inchina; e muove lieto intorno,
102Chiamando i duci alla gran festa eletti.
Ma l’alta ebrea, che il desïato giorno
Scorge da presso, ogni sapere adopra
105far suo viso oltra l’usato adorno.
Il biondo crine ella innanella, e sopra
Vi stese oscuro vel, che in varj giri
108Dall’aura mosso per ischerzo il copra:
Sul bel collo alternò perle, e zaffiri,
Cerchiò con oro delle belle braccia
111La neve, ad infiammar gli altrui desiri,
Indi sovra aurea gonna un manto allaccia,
Sotto i cui fregi via maggior lampeggia
114L’alma beltà, che le riluce in faccia:
Qual de’ bei gigli infra il candor rosseggia,
E con bel croco in Orïente ascende
117L’alba lasciando di Titon la reggia: