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del chiabrera 267

Sparso di chioma profumata il tergo,
Colmava un’ampia coppa, indi dicea:
Chi brama vincitor, chi trïonfante
220D’Assiria il Re, sparga le cure al vento,
E di questo licore empia le vene.
Così dicendo tutto il petto allaga
Dell’ôr, che appena con le man sostiene;
Gli atti festosi ogni guerrier seconda;
225E non so che di lieto e di soave
Abbonda in Oloferne oltra l’usato,
Pur gli occhi foschi, e pur la testa ha grave;
Il palco sembra gli si giri intorno,
Di mille cose dir viengli vaghezza,
230Ma la favella in sua balía non ave:
E già lasciando entro all’Ibero il giorno,
La notte oltra l’Olimpo era salita,
Ed ogni cavalier da sonno preso,
Ed in gran parte di sè stesso in bando
235Dalla tenda real facea partita,
Lasciando in letto il suo Signor disteso.
Alto silenzio era ne i campi armati;
Giuditta allora alla compagna disse:
Sta fuor le tende, e fissamente ascolta,
240E tutto volgi a ben spïare il core:
E poscia grida inverso il Ciel rivolta:
Guarda, Dio grande, che Israelle adora
Gerusalemme di suo stato in forse,
E contra il minacciar del rio Tiranno
245Questa mia frale destra oggi avvalora:
Qui slega il brando, che sul letto pende,
E giunge: O Dio del tuo soccorso è l’ora.
Poi con la manca al gran nemico afferra
La chioma, e con la destra alza il coltello,
250E l’empio collo addormentato fende.
Vien dalle tronche canne ampio ruscello;
Gelida pallidezza occupa il viso,
Che pur dianzi avvampò. L’altiera Ebrea
Piglia il teschio di sangue ancor stillante,
255E portalo a colei che l’attendea
Oltra le tende del crudel Tiranno,
E lasciando la turba iniqua e rea,
A consolarne i cittadin sen vanno.

XII

LA GIUDITTA

AL SERENISSIMO

COSMO DE’ MEDICI

GRAN DUCA DI TOSCANA.

CAPITOLO PRIMO

Mentre intento a calcar l’orme paterne
     De’ glorïosi esempj a te fai sproni
     3Per l’erto calle delle mete eterne,
E d’inclita virtude il crin coroni,
     Cosmo, dell’alte Muse intendi il canto,
     6E di lor care cetre ascolta i suoni.
Elle non di vil riso, o di vil pianto
     Bugiarda istoria recheranti a mente,
     9Ma di Giuditta il memorabil vanto.
Udrai nomar Gerusalem sovente,
     Per cui salute i tuoi Loreni alteri
     12Guerreggiando vibraro asta possente.
Or fatta è preda di rei mostri e fieri;
     Ma dal profondo uscir di tanti affanni
     15Per la tua destra è gran ragion, che speri.
Veggio ben io, che rivolgendo gli anni,
     Come di quegli antichi in guerra avvenne,
     18Per te verrà degli Ottoman Tiranni.
Già fiero in mezzo lor batte le penne
     Il vostro nome, e duro duolo, e sdegno
     21Gli turba il volto delle vostre antenne.
Nè vaglia a dir, ch’han sì possente il Regno:
     Dio col solo valor d’una Giuditta
     24Ruppe de’ grandi Assirj il fier disegno.
Or, bella Euterpe, contro il tempo invitta,
     Vientene a volo giù per l’aria pura,
     27E dimmi l’opra che nel cielo è scritta.
Poichè allo scampo delle patrie mura
     Si rivolse Giudit, da lor partita
     30Fece per l’ombra della notte oscura;
Va con l’ancella sua tutta romita,
     Nè di timor la guancia discolora,
     33Per certa speme di celeste aita:
E già con aurea man la bianca Aurora
     Spargea nembi di rose in Orïente,
     36Scorta dall’almo Sol, ch’indi appar fuora;
Quando desto drappel d’Assiria gente,
     Che a ben spiar l’ampia campagna attende,
     39Lunge dell’alta Donna il cammin sente:
Fissa lo sguardo Agitercano, e prende
     Poscia a parlar verso i compagni armati;
     42Cosa muove colà, che si risplende?
Mira Arfasatto, e tra’ gran manti aurati
     Scerne Giuditta, che affrettava il piede,
     45Fulgida e luminosa i crin gemmati;
Scernela, e pienamente egli nol crede:
     Di nuovo affisa il ciglio, e in dubbio stassi;
     48Parla al fin: Donna è, che colà si vede.
Indi co’ suoi meravigliando, i passi
     A lei porta da presso; ivi dicea:
     51Peregrina onde viensi, e dove vassi?
Ella posatamente: Io sono Ebrea,
     Di Betulia fuggendo io mi allontano,
     54Per tor mia vita alla fortuna rea:
Io so, che i miei contrasteranno in vano
     A voi con armi, e che d’orribil sdegno
     57Specchio saran per vostra nobil mano;
Però divota ad Oloferne vegno;
     Ed appianando il varco a’ suoi desiri,
     60Darogli in forza d’Israelle il regno.
A queste voci quei ministri Assiri
     Ne’ suoi guardi tenean lo sguardo fiso,
     63Stupidi, che sì dolci ella gli giri.
E rispondean: Ben consigliato avviso
     Darsi al mio re, dal cui leggiadro petto
     66Per alcun tempo Amor non è diviso.
Come tu giunga al suo cortese aspetto,
     Odi il mio favellar, siccome vero,
     69Sol di vederti lieta avrà diletto.
Poi giocondi movean, come Nocchiero
     Ove espugna talor nave famosa,
     72Mossa da’ porti dell’Egizio Impero.
Ella d’Arabi fior, merce odorosa,
     E ricca il grembo degli Eoi tesori
     75La Tracia riva lascerà pensosa;