Ma nell’Italia farà lieti i cori:
Il vincitor per la cerulea via 78Intanto pensa a’ suoi dovuti onori.
Tal con quel vivo Sol di leggiadria,
E di beltà non più veduta in terra, 81Tutto giojoso Agitercan sen gia;
Varcando l’armi, di che forte in guerra
Il campo splende, al padiglion trapassa, 84Ove il supremo Capitan si serra.
Cede la guardia, e gire dentro il lassa,
Che ha di lui ben contezza, ed egli entrato 87Subito il capo umilemente abbassa,
Poi così favellò: Sia fortunato
Sempre, o Signor, tuo brando e tua memoria, 90Ne d’obblío tema, nè del tempo alato.
Donna, cui di beltà cede ogni gloria,
Dianzi fuor di Betulia uscì soletta, 93E sopra il campo Ebreo t’offre vittoria;
Qui l’abbiam scorta, e fuor le tende aspetta,
Se tua grandezza udir non si disdegna, 96Ella piano farà, come il prometta.
Piega Oloferne, e colla fronte segna,
Ch’ella s’adduca, Agitercano usciva, 99Perchè la bella Ebrea seco ne vegna.
Ed ella mosse. A quella luce viva,
A quel fulgor delle serene ciglia, 102Che soave abbagliando altrui feriva,
A quella con albor guancia vermiglia,
A quelle chiome, a quelle labbra ardenti 105Ingrombrossi ogni cor di meraviglia.
Come se, piogge tranquillando e venti,
L’ancella di Giunon sen va leggiera 108Cinta dell’arco immenso i crin lucenti,
Subito vêr l’eccelsa Messaggiera
Rozzo contadinello i guardi gira, 111Che di tanti color la vede altera:
Così quei Duci, ed Oloferne ammira
La vedovil bellezza peregrina, 114Tosto che a sè dinanzi ei la rimira.
Ma Giudit come andando ebbe vicina
L’alta sede, ove il barbaro dimora, 117Pon le ginocchia in sulla terra, e china
La testa, e scaltra il gran nemico adora.
Ei, che da terra ella si levi, impone, 120E così de’ suoi detti indi l’onora:
Sgombra ogni rio pensier, dritta cagione
Hai di farti sicura, archi e quadrella 123A te di paventar non dian ragione,
O saggia, o leggiadrissima donzella;
Io non procaccio in arme altrui cordoglio. 126Se a Nabucdonosor non si rubella;
E se i popoli tuoi soverchio orgoglio
Non rigonfiava, incontra lor cortese 129Io stato mi sarei qual esser soglio.
Ma dimmi quale ingiuria il cor t’accese,
Che a’ nostri campi volontaria vieni, 132Fatta nemica del natio paese?
Ei più non disse, e con gli sguardi pieni
Di fiamma, pur cogliea fiamme amorose 135Da’ guardi della donna almi e sereni,
Fissamente mirando. Ella le rose,
Che le ridono in bocca, alquanto aperse, 138E con ciglia dimesse a lui rispose:
Viva il gran re delle provincie Perse,
Degno, che miri a’ cenni suoi soggette 141Tutte le genti al suo gran scettro avverse;
E tu, cui saggio il gran signor commette
Ognor dell’armi sue l’alta possanza, 144Perchè sian negli error l’alme corrette;
Dispiega per lo ciel tua nominanza
Da lunge, e da vicin volo sì chiaro, 147Che di qualunque fama il volo avanza;
Tu per pietate, e per giustizia caro,
Negli aspri orror delle battaglie forte 150Non di tesor, ma di virtude avaro.
Ma contra il re della celeste corte
E del popolo mio sì duro il core, 153Che Dio per ira l’abbandona a morte.
Però dell’armi tue l’ha preso orrore;
Giungi, che fame omai vince le genti, 156E per la sete altrui non ha licore:
Suggesi sangue di svenati armenti,
E ne’ cibi per legge a Dio sacrati 159In dispregio di Dio, pongonsi i denti;
Quinci sconfitti in vostra man fian dati;
E nell’alto si vuol che al tuo sapere 162I decreti di Dio non sian celati;
Ond’ei qui mi sospinge alle tue schiere,
Qui, ch’ei m’annunzii il dì de’ tuoi trofei 165Al monarca del ciel farò preghiere;
Ed ei, che irato ama punir gli ebrei,
Il mi dirà. Per modo tal ragiona, 168Ed ogni sguardo era rivolto in lei.
Chi per la voce, che sì dolce suona,
Chi la sublima per gentil beltate, 171Chi di senno sovran le dà corona.
Come sen van sulla primiera estate
Per gioconda foresta a par col giorno 174Nobili damigelle innamorate:
Questa dall’aure, che volando intorno
Euro sospira è lusingata, quella 177Dal suol, che ride di fioretti adorno:
Un’altra all’onda, onde la piaggia è bella,
Dà vanto; sì ciascuna in quei sentieri 180Diversamente in suo lodar favella;
Tal facean con Giudit quei cavalieri.
Ma la lingua Oloferne a dir disciolse 183Già sentendo di fiamma i suoi pensieri:
Fu consiglio di Dio, che ti ritolse,
Siccome affermi, di Betulia a’ guai, 186E che le tue vestigia a noi rivolse,
Ove non solo alta mercede avrai
Dal mio signor, ma per gl’Imperj Eoi 189Con grido eterno glorïosa andrai:
Coprirà d’ombra i Persïani Eroi
L’ammirabil tuo merto, ed ogni altezza 192Si farà riverente a’ pregi tuoi;
Che son sommo valor, somma bellezza.
Qui dal dir cessa, ed al suo cor promette 195L’amorosa ineffabile dolcezza.
Poscia a Bagoa, che tra le turbe elette
A lui servir fu più fedele e caro, 198Della cara Giudea cura commette:
Sotto pena di morte a te sia chiaro,
Ei soggiunge, o Bagoa, che al suo volere 201Esser non déi di nulla cosa avaro;
Ogni sua contentezza è mio piacere
Ella inchina risponde: i tuoi favori 204Son per sì vile ancella oltre dovere;
Solo chieggio io, che tra’ notturni orrori
Mi si conceda uscir per la foresta, 207Sicchè il mio Dio liberamente adori.