La Famiglia De-Tappetti/II - Le gioie di De-Tappetti

II — Le gioie di De-Tappetti

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II.


Le gioie di De-Tappetti.


La casa, tutt’insieme, si compone di due camere e una cucina. È bene conoscere l’ambiente, poichè, un filosofo antico — fors’anche un greco — non si sa mai! — ha detto:

— La casa è l’individuo.

Veramente io direi: la casa è il padrone di casa.

E il padrone di casa che spesso, in Roma, è una padrona, è poi uno spettro mensile e trimestrale, che nuoce alle funzioni dell’organismo umano, poichè non accorda il respiro.

Per andare da Policarpo De-Tappetti, si entra in un andito stretto e buio, che co[p. 14 modifica]mincia coi cestini d’una fruttarola, donna magra, untuosa (la quale passa i tre quarti della vita a grattarsi la testa), e finisce con un laghetto, una specie di compluvio naturale, alimentato con singolare costanza dalle donne del vicinato.

In fondo all’andito c’è una porta butterata dal vaiuolo, incrostata di ruggine, di ragnatele, d’immondezze; qualche cosa di schifoso. È la porta, per cui le donne vanno a fare la pulizia — pare impossibile — dei panni, in una specie di grotta, dai muri stillanti acqua e sudiciume.

Saliti quattro capi di scale, c’è un ripiano, dai mattoni sconnessi, regolarmente disseminati di gusci d’ova, di buccie di patate, e altri elementi commestibili, come sarebbe a dire cartaccie, stracciolini, chiodarelli e una quantità enorme di noccioli di ciriegia, abilmente disposti, in modo da far cascare la gente, a rischio di rompersi, Dio scampi, l’osso del collo. [p. 15 modifica]

La prima camera di De-Tappetti è mobiliata con un magnifico sofà di reps giallo, comprato dal perito Stella con 7 lire e 45 centesimi; un cassettone coi tiretti scortecciati e mancante di un piede; un orologio a pendolo, e che segna sempre le ore 5 e due centimetri, con l’unica lancetta che gli è rimasta; uno specchio, dalla cornice nera, e col cristallo rotto agli angoli e attaccato mediante margini di francobolli; quattro sedie di paglia perfettamente scompagne; una elegante poltroncina di reps azzurro, comprata dal perito Stella a 5 lire e 90 centesimi; una tavola rotonda intarsiata di macchie e di minuzzoli di pane, un mobile misterioso, coperto da due vecchi scialli della signora De-Tappetti, e che, poi, non è altro che un lettuccio di ferro incaricato di fingere, durante il giorno, un sofà, e accogliere, la notte, le stanche e non rimunerate membra della serva.

È dunque una sala, una camera da ri[p. 16 modifica]cevere, stanza da letto, sala da pranzo, il cui servizio cumulativo richiede una quantità di ingegnosi artifizi.

Nella seconda camera, una toletta di legno dipinta a marmi preziosi, due lettucci di ferro i cui pezzi sono mantenuti, per mezzo di vecchie corde d’imballaggio, quasi in relazione tra loro, e una culla a gabbioncino per Agenore che pure ha quasi sette anni, un attaccapanni i cui piuoli si staccano al peso di un soprabito, e una quantità di quadri (poichè De-Tappetti ama le arti) le cui vecchie muffite litografie rappresentano le cinque parti d’Europa, una delle quali è la Primavera.

La cucina non è che uno sgabuzzino in cui i predecessori di Policarpo hanno lasciato molte memorie di famiglia in una quantità di sorci, i quali vivono non si sa proprio di che.

È festa, è la festa di San Pietro.

— Oggi ci dobbiamo divertire un po[p. 17 modifica]chetto! — esclama Policarpo giocondo, e affibbiandosi gli straccali — vi condurrò tutti e due ai prati di Castello, passando per porta Angelica.

— Papà! io voglio passare per il ponte di Ripetta.

— No, figlio mio; invece spenderemo i soldi del pedaggio in tante ciambelle di Lucca.

— Voglio passare per il ponte e voglio le ciambelle di Lucca.

— Mi meraviglio, e mi vergogno per voi, discolaccio!... Corpo di bacco, non trovo più la mia cravatta nera. Eppure l’ho messa qui. Dico sempre: lasciate le cose dove le metto io! Nossignore! come parlare al muro.

— Fai adagio! — dice la moglie — con un po’ di pazienza....

— Pazienza un corno! non mi si dà retta, mai. Ce la voglio inchiodare, la cravatta! [p. 18 modifica]

Si cerca, si fruga, la famosa cravatta è dentro una scarpa di Agenore.

— Ecco, ecco come si sciupa la mia guardaroba. Una cravatta che porto da dodici anni, e che è ancora nuova fiammante. Credete forse che vada a rubare la notte? che faccia il falso monetario? La ci vuol tutta per non morir di fame al servizio dello Stato, e intanto mi si mette la cravatta nelle scarpe. Con 95 lire il mese: un ragazzo che mangerebbe un patrimonio, una moglie che vuole assolutamente un cappello ogni due anni! una serva che divora un chilo di pane ogni giorno, e 45 lire di pigione! Manco male i nuovi organici mi porteranno un aumento. Benedetto sia questo Ministero! io l’ho sempre detto: fior di brava gente, benchè abbia dato la croce al mio caposezione. Non s’accosta mai all’ufficio, lui. Policarpo faccia questo, Policarpo faccia quest’altro, giù, giù, tutto addosso a questo somaro! [p. 19 modifica]

— A proposito: c’è stato il salumaio?

— Vada al diavolo! aspetti i nuovi organici.... li aspetto bene io, mentre mi premono piú che a lui. Il giorno in cui andranno in vigore, vi condurrò tutti nell’omnibus da Piazza Venezia a Porta del Popolo.

Indi con voce solenne: [p. 20 modifica]

— E se non mi farete inquietare, torneremo sull’omnibus, da Porta del Popolo a Piazza Venezia. E poi, una bella domenica, vi farò vaccinare.

La serva rientrando.

Il postino col Don Chisciotte.

Policarpo levando al cielo gli occhi....

— Dio mi ha mandato anche questo canchero di giornale! — dando un’occhiata al foglio — è un’infamia!

— Che è successo?

— I nuovi organici....

— Ebbene?

— Tutto per aria. Ah! l’ho sempre detto: questo Ministero è un poco di buono.

— Papà? andiamo ai prati di Castello?

— È inutile, figlio mio, anche qui siamo completamente al verde.