La Costa d'Avorio/Conclusione

Conclusione

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33. La morte di Kalani


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CONCLUSIONE



Un quarto d’ora dopo, ricompensato il prigioniero che li aveva guidati alla casa di Kalani, Alfredo, Bruno, Antao, Urada, suo padre, Gamani ed i due dahomeni, abbandonavano la capitale, galoppando verso l’est, onde frapporre fra loro ed i soldati di Geletè il Sou.

Fuggivano a precipizio, senza arrestarsi, temendo di vedersi alle spalle le sanguinarie bande del despota, il quale non doveva tardare di certo a fare inseguire l’ambasciata, la cui fuga misteriosa doveva avergli fatto nascere dei sospetti, specialmente dopo la morte di Kalani.

Galopparono quasi tutto il giorno seguente, non facendo che delle brevissime soste per accordare un po’ di riposo ai cavalli e non si risolsero a pernottare se non quando si trovarono nei dintorni di Akpa.

I giorni seguenti continuarono quella fuga indiavolata attraverso i terreni paludosi del Dahomey centrale, attraversando successivamente il Sou e l’Akpa, i due principali affluenti dell’Ouzme, arrestandosi solo un giorno a Keton, una delle ultime borgate del regno di Geletè, poi si gettarono nei paesi degli Egbas.

Solamente allora si permisero il lusso di procedere con più calma e con frequenti fermate, non avendo ormai più da temere alcun inseguimento da parte dei dahomeni, formando gli Egbas una popolazione indipendente, una federazione di tante piccole repubbliche che godono una civiltà relativamente avanzata.

Mantenendosi presso le frontiere del Dahomey scesero lungo le rive della Zeava fino all’altezza di Pokra, poi ripiegando verso [p. 248 modifica]l’ovest rientrarono in Porto Novo, ventiquattro giorni dopo la loro partenza da Abomey. La loro fermata presso il loro amico Tofa fu breve, avendo Alfredo risoluto di dare un addio alla Costa d’Avorio per tornarsene in patria, essendo ormai possessore d’una ingente fortuna ed Antao di far ritorno al Portogallo per curare le numerose fazende che possedeva a Santa Caterina.

Il 24 luglio, dopo d’aver accordata la libertà ai due dahomeni che li avevano serviti con tanta affezione e di averli largamente ricompensati, Alfredo, Bruno, Antao, Gamani, Urada e suo padre s’imbarcarono su di un veliero che partiva da Kotonou diretto a Monrovia, la capitale della repubblica negra di Liberia.

Quattordici giorni dopo, Alfredo, suo fratello ed il fido Gamani prendevano posto sul piroscafo che fa il servizio mensile coll’Europa, mentre Antao s’imbarcava pel Portogallo conducendo seco Urada, per la quale provava già qualche cosa più d’una semplice affezione, ed il padre di lei.

Il bravo e coraggioso portoghese aveva però promesso di fare tutti gli anni una scappata in Italia per vuotare, in compagnia del valente cacciatore della Costa d’Avorio, una bottiglia di quell’eccellente vino dell’Etna che conosceva di fama.

Antao ha mantenuto fedelmente la promessa e ancora oggi, nella stagione invernale, si reca a Catania a trovare l’amico ed il giovane Bruno, ma non giunge però solo... Lo accompagna l’ex-amazzone del feroce Geletè, divenuta, da parecchi anni, la signora Urada Carvalho.