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CONCLUSIONE



Un quarto d’ora dopo, ricompensato il prigioniero che li aveva guidati alla casa di Kalani, Alfredo, Bruno, Antao, Urada, suo padre, Gamani ed i due dahomeni, abbandonavano la capitale, galoppando verso l’est, onde frapporre fra loro ed i soldati di Geletè il Sou.

Fuggivano a precipizio, senza arrestarsi, temendo di vedersi alle spalle le sanguinarie bande del despota, il quale non doveva tardare di certo a fare inseguire l’ambasciata, la cui fuga misteriosa doveva avergli fatto nascere dei sospetti, specialmente dopo la morte di Kalani.

Galopparono quasi tutto il giorno seguente, non facendo che delle brevissime soste per accordare un po’ di riposo ai cavalli e non si risolsero a pernottare se non quando si trovarono nei dintorni di Akpa.

I giorni seguenti continuarono quella fuga indiavolata attraverso i terreni paludosi del Dahomey centrale, attraversando successivamente il Sou e l’Akpa, i due principali affluenti dell’Ouzme, arrestandosi solo un giorno a Keton, una delle ultime borgate del regno di Geletè, poi si gettarono nei paesi degli Egbas.

Solamente allora si permisero il lusso di procedere con più calma e con frequenti fermate, non avendo ormai più da temere alcun inseguimento da parte dei dahomeni, formando gli Egbas una popolazione indipendente, una federazione di tante piccole repubbliche che godono una civiltà relativamente avanzata.

Mantenendosi presso le frontiere del Dahomey scesero lungo le rive della Zeava fino all’altezza di Pokra, poi ripiegando verso