La Colonia Eritrea/Appendice III. Note sul Benadir e sulle spedizioni di Bottego
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III.
NOTE SUL BENADIR E SULLE SPEDIZIONI DI BOTTEGO
La regione dei Somali è chiusa in un triangolo il quale ha per base una linea che dallo stretto di Bab el Mandeb presso Zeila, serpeggia intorno al meridiano di Harrar e si spinge fino a tagliar la costa presso Kismaio; e per vertice il capo Guardafui all’estremo del corno africano che chiude contro l’Arabia il golfo d’Aden.
Questa regione litoranea è solcata dai fiumi Giuba, Uebi e Uadi Nogal che hanno foce nell’Oceano indiano, ed è limitata verso l’interno dalle poco conosciute regioni dei Galla.
Ha una superficie approssimativa di 1 milione di kmq, suolo petroso e sterile nelle plaghe nord orientali e nell’Ogaden, coltivabile, irrigabile e fecondo nelle Valli del Uebi e del Giuba.
Le città principali sorgono nella costa e sono Zeila e Berbera a nord, nella Somalia posta sotto il protettorato inglese; Bender Allula al vertice presso il capo Guardafui nel paese dei Migiurtini governato da un Sultano indipendente alleato dell’Italia; Garat, Obbia e Darat più a sud; e quindi Uarseik Magadixo, Merka, Brava e Kismaio nel Benadir (paese dei porti, da Bender che significa porto).
La maggior parte della costa dei Somali prima che scoppiasse la rivolta mahdista e la rivoluzione in Egitto era in potere di questo vicereame tranne alcuni tratti settentrionali intorno al capo Guardafui ove già dominava l’Inghilterra. Sopraggiunti i predetti avvenimenti e venuto il consenso dalla conferenza di Berlino, l’Inghilterra si prese Berbera e Zeila delimitando poi il suo protettorato da Bender Ziadeh fino all’imboccatura del golfo di Tadgiura; e gli altri luoghi più a sud furono lasciati ai sultani locali.
L’Italia, entrata allora in lizza nel movimento coloniale diresse i suoi sguardi dalle foci dell’Uadi Nogal a quelle del Giuba e con una serie di pratiche fatte coi predetti Sultani, s’assise protettrice e dominatrice su gran parte della costa orientale della Somalia.
Cominciò il Sultano d’Obbia, ribelle a quello dei Migiurtini, a chiedere il protettorato dell’Italia, che gli fu concesso dal R. Incrociatore Dogali l’8 febbraio 1889.
Il 7 aprile successivo anche il sultano dei Migiurtini cedeva all’Italia la sovranità del litorale da ras Auad al capo Beduin.
Nell’Agosto di detto anno, in seguito ad accordi tra l’Inghilterra, l’Italia e il Sultano del Zanzibar, venivano cedute in affitto all’Italia, le cinque stazioni di Kismaio, Brava, Merka, Mogadixo e Uarseik, le prime con un circuito di 18 km. intorno, e l’ultima di 8; in seguito, coi protocolli 24 marzo e 15 aprile 1891 l’Italia estese la sua influenza anche sui territori limitrofi, e strinse anche un patto col sultano dei Migiurtini che lo obbliga a non cedere il suo territorio e a non accettare il protettorato di qualsiasi altra potenza.
Quindi consolidò la presa in affitto delle predette stazioni del Benadir, affidandole alla compagnia V. Filonardi e compagni, per farvi i primi esperimenti agricoli.
In seguito ai buoni risultati ottenuti, si costituì una nuova compagnia Milanese del Benadir che avrebbe dovuto subentrare a quella Filonardi e C; ma sopraggiunto il disastro d’Adua, che ebbe contraccolpo fin laggiù, questa tardò ad installarsi e frattanto la direzione delle stazioni del Benadir fu commessa ad Antonio Cecchi, il noto viaggiatore da Zeila alla frontiera del Kaffa, ed allora console a Zanzibar, allo scopo di preparare la cessione delle terre alla nuova compagnia.
Ma anche in questi paraggi la politica coloniale italiana doveva essere funestata dal sangue.
Le popolazioni somale non sono meno selvagge e rapaci dei loro vicini galla ed etiopi, e quando sperano di ottenere l’impunità sono pronte ad ogni delitto.
Già fin dal dicembre 1887, sbarcando una lancia del Volta sulla Costa di Uarseik vi rimanevano trucidati il sottotenente di vascello Zavaglia ed il macchinista Bertorello. Nell’estate del 1896 era assassinato lo stesso residente a Merka sig. Trevis, e prima avevano già lasciata la vita, in quella regione anche i viaggiatori italiani Porro, Sacconi e Talmone.
Ora si preparava un lutto maggiore.
Il 25 novembre 1896 il console Cecchi con 23 italiani e 70 ascari intraprese un’escursione da Mogadixo sul Sebeli per esplorare il terreno e recarsi a visitare il sultano di Cheledi.
Costretto a passare la notte in una boscaglia presso un villaggio detto Lafolè, dopo la mezzanotte fu assalito proditoriamente dagli indigeni che vennero respinti; ma all’alba dell’indomani questi ritornarono all’assalto in gran numero, e mentre il piccolo drappello disponevasi al ritorno, dopo accanita lotta lo disfecero quasi completamente a colpi di frecce avvelenate.
Rimasero morti il console Cecchi, i capitani di fregata Mogiardini e Maffei, gli ufficiali di marina Sanfelice, De Cristofaro, Baraldi, Guzolini, Smuraglia, Gasparini e Baroni; ed altri quattro italiani, con molti ascari, il cui resto fu disperso.
Accorsa subito in loro soccorso una compagnia di sbarco dalla costa, fu anch’essa assalita e costretta a ritornare.
Sugli assassini di Lafolè il governo italiano fece eseguire una terribile vendetta, ma purtroppo essa non servì a togliere l’impressione dolorosa che il nuovo eccidio degli italiani produsse nella nostra patria, e il danno arrecato anche agli interessi generali del Benadir, il cui sviluppo dopo Adua e dopo questa novella scossa, rimase alquanto paralizzato1.
Ma la serie degli avvenimenti dolorosi che vennero a turbare la politica coloniale italiana non era finita.
La Società Geografica italiana d’accordo col Governo, fin dalla primavera del 1895 avevano allestito una spedizione coll’intendimento di inviarla nelle regioni dell’alto Giuba.
L’esplorazione di questo fiume aveva già formato la gloria dell’intrepido capitano Vittorio Bottego che nel 1892-93, partendo da Berbera nel golfo d’Aden e traversando l’Ogaden ed altre regioni mai battute da piede europeo aveva, potuto scoprire i rami superiori, Helmal, Canale Doria e Daua Parma che lo formano, e quindi ne aveva seguito e studiato il corso fino a Lugh, ed a Bardera, il tutto poi descrivendo in un’opera magistrale: Il Giuba esplorato. Perciò egli fu posto a capo anche della nuova spedizione, di cui facevano parte il dottor Maurizio Sacchi ed i tenenti Vanutelli e Citerni con 250 ascari armati.
Essa si concentrò a Brava nel Benadir e quindi, il 12 ottobre 1895, mosse per Lugh sul Giuba dove per incarico del Governo fondò poi una stazione commerciale, lasciandovi il capitano Ugo Ferrandi con 43 ascari e alzandovi la bandiera italiana.
Il 27 dicembre la spedizione lasciò Lugh e seguendo il Ganana e quindi il Daua si diresse verso la regione dei Boran e dei laghi superiori arrivando fino a Burgi ove era già morto il viaggiatore Eugenio Ruspoli.
Quivi la spedizione sostò alquanto, quindi il 1. maggio mosse tra mille peripezie in direzione dello Scioa scoprendo il bellissimo lago Pagadè, da Bottego battezzato poi col nome di Regina Margherita.
Tra i laghi Pagadè e Ciamò, già scoperto da Ruspoli, e nel Gamò, Bottego trovò delle plaghe ridenti e popolate, ricche d’acqua, coltivate a dura e a cotone, fertilissime e, tali, da rivaleggiare colle più belle contrade dell’Italia settentrionale.
Il 1. luglio 1896 la spedizione, proseguendo verso Ghera e Caffa, giunse all’Omo (detto poi Omo Bottego) costeggiando il quale andò poi ai laghi Rodolfo e Stefania, dove trovò una regione così ricca di elefanti che vi potè accumulare un’enorme quantità d’avorio.
Distaccatosi dalla spedizione il dottor Sacchi per accompagnare questo avorio alla costa, Bottego sui primi di novembre proseguì per la sponda occidentale del lago Rodolfo, dirigendosi a nord ovest e raggiungendo i corsi di un altro Giuba e dell’Upeno (dedicato a Saint Bon) affluenti del Sobat che sbocca nel Nilo presso Fascioda. (Così Bottego era precursore di Bonchamps, Marchand e Macdonald verso la capitale dei Scilluk.)
Ma risalite le sponde dell’Upeno e spintasi fino a Legà tra gli Uallegà a sud-ovest del Goggiam e dello Scioa, la spedizione, nella primavera del 1897, fu assalita proditoriamente dagli Amahrà accorsi in gran numero, sopraffatta e depredata.
Vi morì strenuamente il duce, e i due tenenti Vannutelli e Gitemi riparando verso Adis Abeba ed Harrar, potevano trarre in salvo gran parte dei materiali scientifici della spedizione. La stessa triste fine faceva intanto il dottor Sacchi nell’accompagnare la carovana distaccatasi al lago Rodolfo.
Questa impresa grandiosa del capitano Bottego ha lasciato tali traccie nella storia delle scoperte geografiche da far rivaleggiare il suo nome con quelle dei più grandi esploratori moderni.
Sopra circa 6000 km. di percorso, più di 3000 non erano mai stati toccati da piede europeo; e la scoperta della defluenza dell’Omo, e del Sagan, del grande lago Pagadè e l’esplorazione dell’alto corso del Sobat, ultimo affluente di destra del Nilo, unitamente a quella già compiuta importantissima del Giuba, gli intrecciano una corona di gloria che non si sfronderà mai.
Note
- ↑ Ora un progetto di riordinamento già presentato al Parlamento, si spera che gli infonderà novello e duraturo vigore. In questi ultimi giorni sta pure installandosi nel Benadir la nuova compagnia milanese.