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il capitano Ugo Ferrandi con 43 ascari e alzandovi la bandiera italiana.

Il 27 dicembre la spedizione lasciò Lugh e seguendo il Ganana e quindi il Daua si diresse verso la regione dei Boran e dei laghi superiori arrivando fino a Burgi ove era già morto il viaggiatore Eugenio Ruspoli.

Quivi la spedizione sostò alquanto, quindi il 1. maggio mosse tra mille peripezie in direzione dello Scioa scoprendo il bellissimo lago Pagadè, da Bottego battezzato poi col nome di Regina Margherita.

Tra i laghi Pagadè e Ciamò, già scoperto da Ruspoli, e nel Gamò, Bottego trovò delle plaghe ridenti e popolate, ricche d’acqua, coltivate a dura e a cotone, fertilissime e, tali, da rivaleggiare colle più belle contrade dell’Italia settentrionale.

Il 1. luglio 1896 la spedizione, proseguendo verso Ghera e Caffa, giunse all’Omo (detto poi Omo Bottego) costeggiando il quale andò poi ai laghi Rodolfo e Stefania, dove trovò una regione così ricca di elefanti che vi potè accumulare un’enorme quantità d’avorio.

Distaccatosi dalla spedizione il dottor Sacchi per accompagnare questo avorio alla costa. Bottego sui primi di novembre proseguì per la sponda occidentale del lago Rodolfo, dirigendosi a nord ovest e raggiungendo i corsi di un altro Giuba e dell’Upeno (dedicato a Saint Bon) affluenti del Sobat che sbocca nel Nilo presso Fascioda. (Così Bottego era precursore di Bonchamps, Marchand e Macdonald verso la capitale dei Scilluk.)

Ma risalite le sponde dell’Upeno e spintasi fino a Legà tra gli Uallegà a sud-ovest del Goggiam e dello Scioa, la spedizione, nella primavera del 1897, fu assalita proditoriamente dagli Amahrà accorsi in gran numero, sopraffatta e depredata.

Vi morì strenuamente il duce, e i due tenenti Vannutelli e Gitemi riparando verso Adis Abeba ed Harrar, potevano trarre in salvo gran parte dei materiali scientifici della spedizione. La stessa triste fine faceva intanto il dottor