La Cicceide legittima/II/LVII

Sonetti

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II Duello.
Accidente amoroso di D. Ciccio, ridotto al
Morale per Musica.

lvii.
P
Oichè D. Ciccio intese

     Che con occulta trama
     Un Rivale scortese
     4Gli avea tolta la Dama, e poichè seppe
     Il dove, il come, e ’l quando,
     Dato in mano al brando,
     Disse, rivolto al Servidor Giuseppe,
     8Andiam, corpo di Bacco,
     A vendicar la violata fe.
     Armati su, vigliacco,
     Prendi la Spada, e ’l giacco, e vien con me.
          12Il Montecuccoli
          Lasci di Treveri
          Omai l’assedio,
          E venga quà:
          16Venga, e solleciti,
          E meco unitisi
          Abbatta, stermini
          Quest’empie Furie
          20D’infedeltà.
     Giunto intanto là dove in vil tugurio,
     Per opra di benefica mezzana,
     Il Rival si godea
     24La sua rapita Dea,
     La sua diletta Antonia,
     Colmo il cor d’acrimonia
     Intonando un olà, ch’il Ciel trafisse,
     28Diede un calcio alla porta, e così disse:

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          Aprite, Canaglia,
          Uscite Poltrone,
          Ch’offeso Campione
          32Vi sfido a battaglia.
          Olà, genti codarde a chi dich’io?
          Così si tratta un Cavalier par mio?
     Giuro A .... Giuro A ....
     36Ma chi sia di lor tre che primo estingua
     Col sangue suo la sete
     De la mia rabbia insana,
     La Meretrice, il Drudo, o la Ruffiana?
     40Antonia, ah contro te, che sola sei
     La principal cagione, onde io mi doglio
     Contro te sola io voglio
     L’ira in primo sfogar de’ colpi miei.
     44Ingrata e così presto
     T’uscir dalla memoria
     Quelle calzette gialle,
     Quel Veletto da spalle,
     48E (per tacer del resto)
     Quell’usato guarnel, che ti donai?
     Perfida, or pagherai
     Con estremo cordoglio
     52Delle tue colpe a questo ferro il fio.
Folle, ma che dich’io?
     Nò, con te non la voglio,
     Antonia, Idolo mio:
     56Venga, venga il ladrone,
     II Traditore, il fello;
     Esca meco a duello
     Colui che ti rapì.
     60L’empio che tanto ardì,
     Esca, e svenato cada
     vittima del mio sdegno in su la strada."

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Ma chi benchè coperto il tergo, e’l petto
     64Di maglia, o corsaletto
     Resisterebbe al saettar di quelle
     Ciglia crudeli, e belle
     De la mia dolce Antonia?
     68E chi non mancherebbe
     Al dovere, al decoro,
     A l’Amico, alla fe
     Per quella faccia d’oro,
     72Che fa col sol gilè?
          Se mirasse là dal Cielo
          Giove stesso un sì bel viso,
          Nauseando il P....
          76Di nuovo cangeria sembianza, e pelo,
          E tornerebbe un altra volta, e due
          Per così bella Vacca a farsi un Bue.
     Ogni error, che si faccia
     80Per una bella faccia,
     per un volto adorabile,
     Dice il nostro Guarin ch’egli è scusabile.
     Dunque amico innocente,
     84Di te più non mi dolgo,
     Ma tutti omai rivolgo
     Contro la rea mezzana i sensi miei.
     O cinque volte o sei
     88Maledetta Gabrina!
     Tu della mia ruina
     Scellerata spargesti
     Con mercenaria mano i semi ingiusti;
     92Empia, e tu sola fusti
     La spada onde trafitto
     Riconosce il mio cor la morte sua,
     Nè la colpa fu lor, Vecchia, fu tua.
     96Che s’alla paglia la fiamma s’appiglia

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          Non ha colpa la fiamma, nè la paglia;
          Ma colpa è di colui, che ’l foco piglia,
          E in mezzo ad essa incenditor lo scaglia.
     100Dunque lei sola il giusto ferro assaglia,
     E a vendicar s’affrette
     In lei che sola errò,
     L’assassinate mie scarse gazzette.
104Ma così poco giro
     Avran le mie vendette?
     Dunque ad un segno solo
     Indrizzeranno il volo
     108De l’ira mia le deboli saette?
     Oibò, vil core, oibò!
     Non si perdoni nò,
     Ma di sì reo delitto
     112Paghi ciascun di lor la pena intera,
     E nel comun conflitto,
     Purch’il reo non si salvi, il giusto pera.
Così dicea, pentito
     116Del promesso perdono,
     D. Ciccio inviperito,
     Quando con alto suono,
     Ch’assordò la contrada,
     120Sfoderata la spada,
     Olà (gridò di nuovo) a chi dich’io?
     Così si tratta un Cavalier par mio?
Al rinchiuso Rival, ch’udia frattanto
     124Con rincrescevol tedio
     Far sì lungo intermedio,
     E ripigliar le braverie da capo,
     Gonfiossi a segno il capo,
     128Che per disciorre il mal sofferto assedio,
     Fattosi finalmente animo, e core
     Vestissi, aprì la porta, e balzò fuore.

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Ma ciò, ch’allor seguisse
     132Di contrasti, e di risse
     Di paci, e giuramenti,
     Acciò che fra le genti
     Nel futuro mattino
     136Il notturno duel non si scoprisse,
     Il sentirete dal Signor Savino;
     Ei che come vicino
     Per lo silenzio della notte amica
     140Udì tutto il successo, egli vel dica.
Ciascuno apprenda intanto
     Da la storia, ch’io canto,
     Di questi due ridicoli Rivali,
     144Che quel Ciel, ch’è di sopra
     Vuol, che fra noi Mortali,
     Ciò che si fa la notte, il dì si scopra.