La Canzone del Carroccio/X. L'Imperatore
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X.
L’IMPERATORE
Sì. Egli dorme in una Cattedrale,
entro l’eterno porfido dell’arca.
E’ non sa più di stormi e cavalcate,
e’ non sa più di timpani e di trombe,
5nel dolce tempo quando foglia e fiora,
ch’egli tendea nei prati i padiglioni.
Non più dai geti libera l’astore,
delle canzoni perse il motto e il suono.
Non suono più di corni o di leuti,
10ma pii bisbigli e il canto della messa.
Anche ha dimenticato gli anatemi,
e il bando a lui nel giorno dell’ulivo,
e i giorni d’ira, i giorni di sventura
coi ceri accesi e le campane a festa.
15Dorme nell’arca rossa l’Anticristo
nato alla vecchia monaca, e nudrito
da sette preti. Presso, il mare aspira
col lento succhio tutto il cielo azzurro:
al cielo dà Gennet-ol-ardh l’olezzo
20dei cedri e delle rose.
A lui giacente nell’oscura cripta
dissero pace i vescovi di Cristo.
Di lui parlò ’l rabbino al Dio d’Abramo,
a braccia spante volto all’Orïente.
25Per lui, girando attorno al minareto,
le cinque volte il muezzin cantò.
Or egli è là con gli avi suoi normanni,
coi mali e i buoni. Oh! avessero favella!
Direbbe forse alcuno dal sepolcro:
30— Qual sei disceso presso noi Ruggero?
Noi padre il vento e madre avemmo l’onda. —
Risponderebbe: — O figli di Vikinghi!
Anch’io fui vento, figlio anch’io di vento!
Nè Skaldo mai cantò sull’arpa un canto
35più grande e bello, nè più bello e grande
mondo mai vide Re del mare in corsa,
del sogno mio... — Ma più non ha favella
ora, e il coperchio è sceso omai per sempre
sull’arca fiammeggiante.
40Dorme, ma i sogni non potrà narrare,
s’egli pur sogna, e si ritrova a Roma
sulla quadriga di cavalli bianchi
per la Via Sacra andando al Campidoglio.
Placato è il Mondo. Seguono, al guinzaglio,
45Cesare Augusto leopardi e tigri,
vengono sopra il dosso d’elefanti
l’armi e i trofei delle città ribelli...
O lascia il Mondo veleggiando al Regno
santo di Dio[1]. Distendono le vesti
50e ramuscelli per le vie, ch’e’ viene.
Cantano Osanna! Osanna negli eccelsi!
Tutti hanno in mano i rami delle palme.
Cristo ritorna al suo sepolcro vuoto.
Cristo ritorna a dare la sua pace.
55Sta sulle porte di Gerusalemme.
Sta tra le nubi. Ha virtù molta e gloria.
Gli angeli a lui congregano le genti
dai quattro venti; ch’Egli a tutti franga
il pane, e mesca il vino.
60Ma col dormente è il sogno suo sepolto,
tra il Mondo e Dio, nell’isola del Sole.
Ed una voce è corsa per la terra,[2]
che quella è stata l’ultima possanza,
l’ultima vasta raffica di vento
65che dileguò lasciando ansante il mare.
Forse la voce viene dal profeta[3]
che ha barba grigia come vecchio musco,
dal vecchio bardo errante nella selva
di quercie brulle in cui verdeggia il vischio.
70E poi verrà chi povero, e ramingo,
errante anch’esso in un’antica selva,
nei luoghi dove spento fu, la prima
volta, l’imperio, sognerà quel sogno
che tace là sepolto dentro l’arca.
75La selva sta, sublime cattedrale,
su mille e mille aeree colonne.
E il peregrino v’ode il soffio eterno
dell’Infinito, che lo tocca in fronte
come soave vento...
Note
- ↑ [p. 87 modifica]Il Mondo è questa Europa occidentale. Il Regno di Dio è l’Oriente.
- ↑ [p. 87 modifica]La profezia è in Salimbene, pag. 349: «In ipso quoque finietur imperium, quia, etsi successores sibi fuerint, imperiali tamen vocabulo ex romano fastigio privabuntur».
- ↑ [p. 87 modifica]Da Merlino.